Da stamattina c’è una novità sulla vicenda infinita del Mostro di Firenze: il ritrovamento e l’esame di un nuovo proiettile relativo all’omicidio del francesi, Nadine Mauriot e Michel Kraveichvili, avvenuto ufficialmente nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1985 ma, praticamente, 48 ore prima. Datazione a parte, si è sempre saputo che un proiettile, (per la precisione l’ogiva, cioè la parte terminale, la punta arrotondata) finito in uno dei cuscini della tenda che la coppia aveva piazzato nella tragica piazzola di Scopeti, c’era ma, probabilmente perchè ritenuto superfluo, non era stato mai recuperato. Nell’ultimo troncone di inchiesta, quella relativa all’ex legionario Vigilanti, questo reperto è stato analizzato, sia sotto il profilo balistico che sotto quello genetico. Secondo noi di CN, però, non è con questa notizia che arriverà chissà quale novità sul Mostro di Firenze. Per cui siamo ben lontani dal fare i paginoni che certi quotidiani hanno fatto, pompando una notizia che di nuovo e di eccezionale ha ben poco. Vediamo perchè.
“La Nazione” di stamattina ha titolato con “Clamoroso“. Ma clamoroso cosa? Il “Corriere della Sera” scrive: “dall’esame possono arrivare importanti risposte sul dna“. Dunque? C’è un ogiva mai scoperta. Certo, ma lo sapevano tutti da anni e anni. Questo reperto potrebbe provare l’eventuale esistenza di una seconda pistola a Scopeti, che per la Procura potrebbe essere la pistola che Vigilanti ha denunciato di avere perso anni fa? Per avvalorare questa suggestione “La Nazione” ricorda che furono ritrovati, in una siepe della piazzola, un fazzolettino di carta macchiato di sangue e un paio di guanti di lattice. Sì, ma furono trovati diversi giorni dopo, non quell’8 settembre. Fa una bella differenza. E chi è un po’ pratico di scene del crimine sa bene come una delle principali occupazioni della polizia scientifica, quando arriva, sia quella di rimuovere, per prima cosa, i guanti di lattice e gli elettrodi lasciati eventualmente in giro dai soccorritori del 118, prima di scambiarli per i guanti dell’assassino. Vai a sapere di chi erano! Lasciamo naturalmente al perito balistico Paride Minervini la risposta, che sembra essere già stata consegnata in Procura, ma per ora niente ha dimostrato che ci fossero due pistole. Che poi, scusate, come farà a fare il confronto tra i colpi esplosi a Scopeti e l’arma di Vigilanti, se la pistola del legionario è stata rubata anni fa, appunto?
Ma è sul dna eventuale che c’è il problema più grosso. No, il genetista Ugo Ricci (anche lui sembra aver già consegnato la sua relazione) non troverà quasi certamente nulla di biologico su quell’ogiva e sapete perché? Perchè, sì, è vero. L’assassino nel caricare l’arma avrà senz’altro lasciato il suo dna sul proiettile, ma è anche vero, come ben sanno i genetisti, che quando un proiettile viene sparato dall’arma, il calore che si genera nella camera di scoppio della pistola distrugge quasi sempre le eventuali tracce biologiche. Quindi addio impronte digitali e addio dna. Lo abbiamo chiesto a Marina Baldi, una delle migliori genetiste italiane: “Certo che con la temperatura il dna si è degradato, la probabilità di trovare qualcosa è bassa, è difficilissimo”. Spesso la polizia scientifica ha cercato impronte sui proiettili, mai si è ottenuto qualcosa.
Il fatto che l’ogiva sia intatta, che non abbia attraversato i corpi del francesi e si sia conservata finora in quel cuscino non vuol dire nulla. No, quell’ogiva , a meno di miracoli, non darà il nome del serial killer.
di Fabio Sanvitale