E così, ora sappiamo che Denis Bergamini, 27 anni, di professione calciatore del Cosenza, sabato 18 novembre 1989 è stato assassinato e non si è ucciso dopo aver discusso in auto con l’ex fidanzata, con cui s’era lasciato da diversi mesi. In realtà non è una scoperta, ma una conferma: nella precedente inchiesta, quella archiviata dall’ex Procuratore Capo della Repubblica di Castrovillari Franco Di Giacomantonio, non ci fu riesumazione, ma la perizia del medico legale della Sapienza di Roma, Giorgio Bolino, che nel 2012 scrisse che causa di morte più probabile era il soffocamento, ad esempio compiuto con una busta di plastica (un delitto quasi perfetto, che lascia poche tracce sul corpo). Una morte che può arrivare in pochi respiri. Perizia, questa, che si sposava con l’altra, quella istologica di Roberto Testi dell’Università di Torino, secondo la quale Bergamini era “più che verosimilmente” già morto prima di essere investito; e quella dei Ris di Messina, che dimostravano altre nette incongruenze nella versione del suicidio. Non bastò per evitare che la morte di Bergamini rimanesse un suicidio. Nella seconda puntata di questa inchiesta vi spiegheremo perché e cosa non torna ancor oggi.
Non torneremo invece sui tanti elementi che da sempre parlano, urlano che non fu suicidio: lo stato -esente da tracce di prolungato trascinamento- dei vestiti, la pulizia delle sue Tod’s, l’assenza di segni sull’orologio Seiko di Bergamini, le lesioni sul cadavere (davvero minime rispetto a quelle eventuali di un autocarro che ti passa sopra), la mancanza di segni d’impatto sul camion, l’assenza di un motivo vero e proprio per morire. Dopo tante indagini sbagliate (soprattutto le prime), dopo le perizie del 2012 e quelle del 2017 (oggi, in più, in questa nuova riapertura dell’inchiesta, è stata fatta una Tac, che allora non fu possibile), l’inchiesta attuale punta il dito sull’ex fidanzata del calciatore, Isabella Internò, e sull’autista del camion con 138 quintali di mandarini, Raffaele Pisano, sotto il quale si sarebbe buttato (pardon, sarebbe stato buttato) Bergamini. Per loro stessa ammissione, presenti quella sera.
Se le cose stanno così, ecco 7 domande rimaste aperte. Con l’avviso che torneremo sulla faccenda per esaminare anche tutti gli elementi contrari a ognuna di queste tesi. Perché il caso Bergamini non è affatto una storia semplice, in cui dici “omicidio” e tutti i pezzi tornano a posto da soli.
- Cosa temeva Denis? In quei mesi aveva una nuova fidanzata, Roberta, emiliana come lui, che teneva segreta. Le diceva di non voler rendere ancora pubblica la loro storia perchè al meridione è diverso, perché qualcuno c’era rimasto male quando aveva lasciato Isabella, dopo 5 anni. Chi è questo qualcuno?
- Mentre la squadra mangiava in un locale, giorni prima, tre uomini si erano avvicinati a Bergamini, chiedendogli di uscire con loro. C’è qualche collegamento con la sua morte?
- Chi ha telefonato a Bergamini alle 15.30 di quel 18 novembre, in ritiro? Una telefonata che lo lasciò turbato.
- Alle 16-16.30 il Cosenza Calcio entrò al Cinema Garden, come sempre faceva prima di una partita in casa. Denis fece una chiamata breve (dal telefono a gettoni vicino la cassa) e poi entra in sala; il film stava per iniziare. Restò stranamente seduto sulle scale della gradinata, come se aspettasse il momento per svignarsela. Il film era cominciato da poco, quando si alzò ed uscì. Un gesto grave, che se scoperto poteva costargli l’esclusione dalla partita del giorno dopo col Messina. E invece sparisce con la sua Maserati Biturbo bianca. Secondo la Internò, quella telefonata era a lei. Ma non si sentivano da 3 mesi: e dopo questo tempo, lui la convoca con una chiamata di due minuti?
- Verso le 17 ecco la Maserati che viene fermata a un posto di blocco dei Carabinieri. La controlla il brigadiere Francesco Barbuscio, lo stesso che poi arriverà sul luogo dell’incidente. L’auto riparte e si ferma 4 km dopo, in una piazzola sulla statale 106. Cosa succede nell’ora e mezzo successiva, solo Dio e Isabella Internò lo sanno. Perché lei ha raccontato quella balla inverosimile, e cioè che Denis in auto le disse che voleva lasciare l’Italia per le Hawaii o le Azzorre, cosa che non stava né in cielo né in terra? Che voleva raggiungere Taranto in autostop e che se non si fossero fermate le prime cinque auto, allora sarebbe tornato sui propri passi?
- Alle 19.10-19.20 la fine, sotto una pioggia leggera. Perché Isabella ha mentito raccontando (alle 20:30 di quella sera, a verbale) che “… ad un tratto è sceso dall’auto senza indossare il giubbotto, nonostante la pioggia, ha accennato a chiedere il passaggio ad un paio di auto… ad un tratto, con il sopraggiungere di un camion che procedeva verso Taranto, repentinamente e volutamente si è buttato sotto le ruote anteriori…”. Perché, se oggi sappiamo che quando fu investito era già sdraiato sull’asfalto? Invece lei dichiarò che “Denis si buttò sotto le ruote tuffandosi nella stessa posa che si usa quando si fanno i tuffi in piscina: le braccia protese in avanti, la testa leggermente reclinata in avanti e il corpo teso orizzontalmente”.
- E dunque, chi c’era con loro sulla statale, all’altezza di Roseto Capo Spulico, direzione Taranto? Isabella Internò non aveva l’età e l’esperienza, per organizzare un delitto con annesso depistaggio. Ma qualcuno l’ha fatto, oggi lo sappiamo. Se così è stato, chi c’era con loro?
di Fabio Sanvitale
(fine parte 1)