Ora che Giuseppe Andrea Mastini, alias Johnny lo Zingaro, è tornato nel suo posto di competenza – cioè in galera – chiariamo se c’entri o meno col delitto Pasolini, nel quale viene tirato in ballo ogni santa volta. E no, ad oggi prove non ci sono. Il che non esclude che possa esser vero se salteranno fuori altri elementi. Vediamo perché.
Perché e quando Johnny entra nella vicenda. Quando evade da Casal del Marmo, nel febbraio del 1976, un mese dopo esserci entrato. Il processo Pasolini è in corso da poco. Nella notte tra il 31 dicembre 1975 e capodanno ‘76, a 15 anni, aveva ucciso un operaio Atac, Vittorio Bigi, durante un tentativo di rapina; e la cosa aveva fatto scalpore. Mastini è ritrovato subito, ma i giornalisti intanto curiosano nel suo quartiere e scoprono che lui e Pelosi frequentavano gli stessi bar, circoli monarchici solo di nome, dove i ragazzini di malavita andavano a fumare, giocare d’azzardo, bere, perdere tempo. Tanto che dal carcere Pelosi dirà a uno dei fratelli Borsellino di dire a Johnny di scrivergli. I due si conoscevano; e si inizia a sospettare.
Johnny era talmente violento da poter uccidere Pasolini. Questa è una delle poche cose vere. L’omicidio dello scrittore avviene alle prime ore del 2 novembre 1975, due mesi dopo Mastini ucciderà Bigi per poche lire. Nei mesi precedenti aveva compiuto tre sanguinose rapine a tassisti. Sempre picchiandoli molto più del necessario.
Lo zio di Johnny, Aldo, lo accusa. Vero. Nel 2000 il detenuto Damiano Fiori dice che Aldo gli ha detto che il nipote gli aveva confessato, in carcere, l’omicidio. Ma è la sua parola contro quella di Mastini e quindi l’inchiesta si ferma, perché Johnny nega.
L’anello di Pelosi trovato accanto al cadavere gliel’aveva regalato Johnny. Falso, una delle balle più resistenti di questa storia. Pelosi dice che gliel’ha venduto Aldo Chiovolone, suo vicino di casa e steward Alitalia, che è quasi certo di riconoscerlo. Che sia stato Mastini è una supposizione giornalistica.
Johnny ha strani legami coi carabinieri. Quando viene arrestato dalla polizia nelle campagne di Sacrofano – siamo a marzo 1987- dopo una caccia all’uomo imponente, il corteo di auto che lo sta riportando in Questura viene fermato dai carabinieri che pretendono, con decisione, l’arrestato. Ma in quegli anni queste cose, a Roma, succedevano. La polizia sventava un’evasione il lunedì e martedì i carabinieri convocavano la stampa per dire che avevano scoperto anche loro un tunnel. Ma poi, che ci frega se Mastini faceva l’informatore nel 1987? A noi interessa della notte di Pasolini: 1975. Informatore a 15 anni?
I fratelli Borsellino dissero che avevano ucciso Pasolini insieme a Johnny. Falso. I fratelli Franco e Giuseppe Borsellino confessarono di aver compiuto il delitto -al carabiniere infiltrato Renzo Sansone– insieme a due ragazzi, uno dei quali era “un biondino di Villa Gordiani”. Mai nominato Johnny. Volerlo vedere nel biondino è una forzatura, perché Mastini abitava in un carrozzone a piazza Crivelli e aveva i capelli neri.
Altri pentiti accusano Johnny. Nel 1995 due pentiti (Pasquale Mercurio e Walter Carapacchi) dicono che Mastini ha confidato loro di essere l’assassino. L’inchiesta è archiviata perché la Questura di Roma dice, sbagliando, che Mastini e Pelosi non si conoscevano prima del delitto che i pentiti non erano stati nello stesso carcere della loro fonte. Anche qui, se volete essere complottisti dovete supporre che almeno una decina di persone siano state ridotte al silenzio in Questura per falsificare il rapporto della Mobile; e che nulla sia trapelato finora. Oppure potete credere all’errore, che purtroppo succede. In ogni caso, è la parola degli uni contro quella dell’altro.
Johnny portava un plantare come quello ritrovato nell’auto di Pasolini. Questo legame è una di quelle cose che vengono ormai date per scontate, ma per quanto è vero che Mastini zoppicasse leggermente, questo non vuol dire che portasse un plantare né ciò è mai stato provato. Inoltre, sul plantare non c’è il dna di Mastini, così come sugli altri reperti dell’omicidio.
Le analisi del dna su Johnny sono dubbie. Aridaje. Di dubbio non c’è niente. Un mozzicone di sigaretta suo, prelevato nel carcere di Alessandria dov’era detenuto. Che c’è di sospetto? Hanno scelto di non fargli il tampone orale per non metterlo sull’avviso e di prelevargli col trucco un campione. Sono cose che si fanno, perché dobbiamo sempre sospettare il grande complotto?
Le strane affermazioni di Graziella Chiarcossi riportano a Johnny. Ma anche no. La Chiarcossi è la cugina di Pasolini, che la notte dell’omicidio aprì la porta di casa ai Carabinieri che le dissero di aver ritrovato l’auto rubata di Pier Paolo sulla Tiburtina (e non a Ostia). Solo che ne parla solo nel 2015 e l’errore si spiega senza complotti. Una prima spiegazione è che i militari fecero confusione col luogo dove Pelosi disse di aver rubato l’auto (davanti al cinema Argo, sulla Tiburtina). D’altronde l’informazione arrivò loro dalla Compagnia di Ostia che telefonò a quella dell’Eur, che li chiamò in auto. Nel triplice passaggio di notizie –come ben sa chi conosce queste cose – la Tiburtina divenne il luogo del ritrovamento. Ma è ancora più probabile che, 40 anni dopo, la Chiarcossi ricordi male: nella stessa intervista – i complottisti questo non lo dicono mai- dice infatti che seppe della morte chiamando da una cabina Ninetto Davoli, quando invece, a quell’ora del mattino, Ninetto stava ancora dormendo e non seppe dirle nulla. Quattro decenni dopo, la memoria fa scherzi a chiunque.
di Fabio Sanvitale