Cos’è la Blue Whale: non è un gioco o un software, ma un percorso che, si dice, si sta diffondendo dal 2015 sul social network russo Vkontakte (è il loro Facebook, nato nel 2006 e con 350 milioni di utenti: in Russia Zuckerberg non c’è), che spingerebbe gli adolescenti al suicidio, attraverso una serie di passaggi successivi. I ragazzi vengono attratti da post virali che contengono immagini forti, raccapriccianti, oppure postano un messaggio con l’hashtag #f57: e qui entrano in contatto con gli amministratori di questi gruppi, burattinai adulti. Sono gruppi chiusi con nomi tipo “Le balene nuotano su”, “Spazio balena”, “Balena Bianca”, “Balena Journal”, “Mare di balene”, “Ocean Whale”, “Svegliami alle 4:20”, “#balena”, “#f57”, “#f58”. e così via. Secondo Galina Mursaliyeva, la giornalista che ha lanciato l’inchiesta, questi gruppi non sono meno di 1.000 e si accede attraverso una selezione. I partecipanti vengono chiamati kiti (balene, in russo) e hanno un numero di identificazione. Cominciano a disegnare balene (le cosiddette “blue whale”, che, si sa, si abbandonano sulle spiagge) e farfalle (che, si sa, vivono un giorno solo). L’amministratore ha il compito di ammettere e guidare i ragazzi, prova dopo, prova al suicidio. “Ma chi sono?” si chiede la giornalista: “Fanatici spirituali, maniaci, satanisti, fascisti?”. Nei gruppi si postano foto di ragazzi che si tagliano le mani (è il cutting). I ragazzini devono sottoporsi a 50 prove di difficoltà crescente, una al giorno. Tipo svegliarsi alle 4.20 ogni mattina, guardare tonnellate di film horror, incidersi appunto le braccia disegnando la balena e alla fine buttarsi dal palazzo più alto della città. Il tutto senza mostrare nessun vero cambiamento nel comportamento.
Quando è nata la Blue Whale? Tutto nasce il 16 maggio 2016 quando la giornalista Galina Mursaliyeva (nella foto) pubblica sul sito russo Novaya Gazeta un’inchiesta sulla faccenda: “I gruppi della morte”. Ne parla con la madre di una 12enne che si è uccisa e che, dopo la tragedia, è intrata nei social della figlia per capire. L’articolo fa subito 1 milione di visualizzazioni in 24 ore; esplode il caso in Russia. In Italia ne parla per prima Rosalba Castelletti su “Repubblica” del 18 febbraio 2017, ma il botto è col servizio delle “Iene” del 14 maggio scorso, che mostra filmati di questi suicidi e parla di alcuni casi italiani, ad esempio a Pisa.
Perché proprio in Russia? Perché da loro è molto alto tasso di suicidi tra gli adolescenti. Secondo l’OMS è di 19-20 casi ogni 100.000 persone – più di tre volte superiore alla media mondiale. Le stesse autorità russe (il Rospotrebnadzor, vale a dire l’Agenzia Federale per i Diritti dei Consumatori) dicono che nel 2013 la Russia era al primo posto in Europa per suicidi in questa fascia di età con 461 e che “negli ultimi anni il numero di suicidi dei bambini e tentativi di suicidio è aumentato del 35-37%”. Il Parlamento Russo dice che nel 2016 si sono uccisi 720 adolescenti.
Quante vittime ha fatto la Blue Whale? La Mursalieva dice che il “Centro per la salvezza dei bambini dai crimini online”, fondato da Serghei Pestov, ha contato dal novembre 2015 al maggio 2016 ben 130 suicidi in Russia, di cui 80 erano stati su VK e sarebbero riconducibili a gruppi Blue Whale. Le cifre provengono dal Centro, che riunisce i genitori degli adolescenti suicidatisi. Le vittime erano tutti ragazzini che andavano bene a scuola. Poi, 50 giorni di abisso e la morte.
Le prove. Dice Mursaliyeva: “Come si può parlare di leggende o fake news quando in diverse città distanti tra loro, abbiamo decine, centinaia di genitori a cui è morto un figlio nella stessa situazione, con gli stessi modi e ripetendo le stesse frasi? Per esempio, molti genitori ricordano che prima di suicidarsi il figlio faceva domande o parlava di una certa Rina” (sarebbe la 16enne Rina Palenkova, che il 23 novembre 2015 in Siberia si è suicidata facendosi decapitare sui binari della ferrovia, dopo aver postato il suo addio proprio su VK. Rina è un modello da imitare per gli adolescenti suicidi russi ma non c’entra nulla con Blue Whale).
Dice la Mursaliyeva che tutti questi ragazzi avevano sulle mani gli stessi tagli o il disegno della balena, che nessuno ha lasciato un biglietto d’addio, che tutti si sono tolti il giaccone prima di saltare nel vuoto. Ha dichiarato all’Agi: “E’ una fase della vita di passaggio e in cui è molto facile portare una persona a un determinato stato d’animo, soprattutto quando si tratta di metodi come questi che usano la violenza psicologica in modo sistematico: danno un compito, delle regole, poi ti spingono a leggere libri, vedere film e sentire musica terrible. Ti convincono che nessuna persona normale può essere felice, che nessuno ti ama e che tu sei un “prescelto”. (…) Gli psicologi dicono che, sotto questa pressione da setta, anche una persona istruita può arrivate al suicidio”.
In questi gruppi, dice la giornalista, si trovano versi di canzoni come: “… siamo andati nello spazio aperto, in questo mondo non c’è più niente da prendere”. Domande del tipo: “A quanta noiosa vita quotidiana sei ancora pronta a sopravvivere?”. Foto di rotaie (ancora Rina che torna). E poi frasi come “Questo mondo non è per noi“, foto di bambini sui tetti con la scritta “Noi siamo figli delle generazioni morte” …
Nota la giornalista che questi ragazzi, poco prima di uccidersi, ricevono una telefonata da un amico ed escono con lui: poi, si lanciano nel vuoto. Come fosse un segnale, una chiamata. Parla con la madre di Ely, che si è uccisa. Dopo la sua morte è entrata in VK ed ha visto cosa scriveva: frasi che indicavano che stava pensando di uccidersi. Si ricorda che la figlia diceva: “Mamma, quando ho una figlia, voglio chiamarla Rina, però, un bel nome vero?”.
Colpevoli e indagini. Le indagini in Russia vanno avanti da mesi e per ora hanno portato, nel novembre scorso, all’arresto di Filipp Budeykin (nella foto, grab da rapsinews.com) , 21 anni, conosciuto sul web come Filipp Lis (“volpe”), amministratore del gruppo “#f57”. L’arresto è stato possibile grazie alla testimonianza di una ragazza che si è tirata indietro.L’indagine non è conclusa, nessun processo è in corso.
Anton Breido, che dirige le indagini a San Pietroburgo: “Budeykin ha iniziato nel 2013 e da allora ha affinato sempre di più le tecniche. Lui e i suoi ‘aiutanti’ attiravano i ragazzi su VKontakte attraverso video spaventosi. Il suo scopo era quello di attirare un gran numero di bambini e adolescenti per poi selezionare quelli più manipolabili” . Ma le motivazioni di Budovkyn non sono chiare. All’inizio ha parlato di un meccanismo messo su per accrescere il numero di membri della propria pagina e attirare pubblicità usando una storia popolare, quella di Rina. Poi ha detto che voleva “pulire il mondo dei rifiuti organici”. “Li ho spinti al suicidio per purificare la nostra società”, poi ha cercato di dire che soffre di un disturbo di personalità bipolare, ma è stato periziato e non ha nulla. Alla fine, si è dichiarato colpevole. Perché un solo arresto? Beh, già è difficile in assoluto provare l’istigazione al suicidio senza web (in Italia sono processi rarissimi), figuratevi su internet, dove basta cancellare la chat per far sparire le tracce.
E in Italia? Durante la puntata del 24 maggio di “Chi l’ha visto?” è stato detto che la Polizia Postale ha lanciato l’allarme, che i ragazzi sono in pericolo e che il fenomeno è arrivato sicuramente in Italia. Viene fuori la storia della 13enne di Pescara, «vista sofferente accasciarsi al suolo. Era in uno stato di depressione profonda e ha confidato alle amiche di aver partecipato alla Blue Whale. Aveva diversi tagli». La dirigente della Postale Abruzzo conferma. Scoppia l’allarme su vari quotidiani e siti.
di Fabio Sanvitale (1 di 2)