Lo snodo di questa storia assurda è e resta l’ interrogatorio dell’amichetta di Fortuna Loffredo, “Giulia” (nome di fantasia) poche ore dopo il delitto: Caputo e la Fabozzi non avevano fatto in tempo a scrivere un copione da dire, a prepararsi la parte e istruire la bambina, che ha finito per dire la verità, senza rendersi conto che stava affossando la madre e il suo convivente. A mentire poi ci ha provato, ma per fortuna non è stata molto brava e l’hanno sgamata. Piano piano, grazie al meraviglioso lavoro della comunità di recupero, Giulia e le sue due sorelline hanno cominciato a parlare. R. a dicembre 2015, poi Giulia che conferma a marzo scorso. I tempi erano maturi per le manette.
Che dire dell’Isolato 3? Ci sono 31 appartamenti e poco più di 100 abitanti. Molti sono imparentati tra loro, gli otto piani sono pieni di cognomi che si rincorrono, si accatastano, si incrociano. Oggi di quei 100 e passa 3 sono accusati di pedofilia (Salvatore Mucci, il primo ad accorrere e caricare in auto Chicca correndo verso l’ospedale, viene successivamente arrestato, a dicembre 2014, con la moglie Maria Dello Iacono –ad aprile 2015- per violenza sessuale su loro figlia, che oggi ha 15 anni), uno di omicidio, due bambini sono morti (prima di Chicca era precipitato Antonio Giglio, fratello delle sorelline, il 27 aprile 2013), qualcuno è ai domiciliari, mentre madri si prostituiscono in casa dove vivono con la famiglia e qualcuno beve. Si diventa adulti presto, a Caivano. Giulia a 8 anni faceva le pulizia, gli adulti ti trattano come un grande in miniatura. Si impara presto cosa vuol dire vivere, cosa vuol dire morire.
Nel palazzo c’è Marianna Fabozzi, la mamma di Giulia, da ieri in carcere per aver violato gli arresti domiciliari: una che ha seriamente bisogno di essere assistita lei per prima, che il ruolo di genitore non l’ha mai capito, che ha consegnato le figlie a Caputo come tre pezzetti di carne da macello, che ha delegato l’educazione di Giulia ai nonni. Di questo la accusano le sorelline: di aver visto, saputo. E di aver detto: “poi tanto ti passa”. Questo, ad oggi: vedremo come finirà questa storia, se tutto verrà confermato. I sospetti di tutto il palazzo, laggiù a Parco Verde, sono comunque da sempre stati verso di loro. Si sussurrava, tra gli androni scrostati e le siringhe dei tossici, che fosse stato Caputo a gettare di sotto Chicca. E ancor oggi la sorella di Caputo continua a ripetere che quando Antonio è caduto lei stava in casa con loro e chi teneva in braccio il bambino fino a un attimo prima era proprio Marianna, la madre.
Nel palazzo c’è anche un’altra donna, Rachele. Vi ricordate che Chicca viene ritrovata sul selciato con una scarpetta sola? Qualche nostro geniale collega all’epoca parlò dell’ ”ombra del serial killer”, come se fosse un feticcio, quella scarpetta. La spiegazione era -come sempre- più semplice e ora sappiamo qual è. Vi ricordate che Chicca voleva scendere a cambiarsi le scarpe? Poiché la scarpetta mancante non si poteva sfilare da sola (aveva la chiusura a zip), voleva dire che Chicca se l’era tolta da sola. E adesso sappiamo anche dove: verosimilmente sul pianerottolo dell’ottavo, dove la trova una donna, Rachele. In questa storia Rachele è importante, è una specie di tappo di bottiglia: dice che si sedeva sempre davanti alla finestra delle scale sul pianerottolo, perché lasciando anche la porta di casa aperta circolava molta aria. Dice che è sempre stata seduta lì anche quella mattina, dalle 11 fino a quando non ha sentito le grida. Quindi la bambina non poteva essere passata o caduta da lì. Un bel casino. Ma la donna viene smentita da un uomo che abita allo stesso piano: sempre alla finestra? Quando mai! Non ci si è mai messa! E poi ci sono le microspie, che catturano una conversazione di Rachele: la donna dice che la scarpetella della bambina, quella che manca, l’ha buttata lei. Per non avere guai con le guardie. Metteteci anche questo, nell’isolato 3: un’altra madre che non sa cosa significa essere madre. E’ morta una bambina? E chi se ne frega? Basta che non è nipote a me. Perché questo è il posto: tutti hanno la statua della madonna in casa, celeste e soave, ma è solo apparenza, tradizione, è la madonna che serve a me, tu fottiti pure.
Angelo Pisani è l’avvocato della mamma di Chicca, Mimma Guardato. Mi dice: “i residenti non avevano interesse a collaborare, visto che si spacciava droga e quindi, trovando le microspie messe dalla polizia, le disattivavano. Ci possiamo aspettare altre rivelazioni e altre responsabilità da accertare. La mamma di Chicca? L’ha presa malissimo, è sconvolta dal sapere che la persona da cui mandava la figlia non la protesse”.
Proprio Mimma Guardato, è notizia di oggi, è stata indagata insieme ad altri sette suoi familiari in relazione alla molotov lanciata sull’abitazione della Fabozzi poco dopo la notizia dell’arresto di Caputo per la morte di Chicca.
La cosa più difficile di questa storia non sarà mai descriverla, ma capirla. Capirla, che non vuol dire vomitare insulti, chiedere la pena di morte, condannare. Questo è banale. Capire cosa è successo: perché questa è la storia di Fortuna Loffredo detta Chicca, che volò giù per 25 metri. Non come un angelo, ma come una vittima.
di Fabio Sanvitale