E’ nei silenzi di una bambina la verità sulla morte di Fortuna Loffredo, 6 anni. Un filo sottile, invisibile, di parole non dette, uno scrigno di segreti difficile da scardinare. Doriana ha 8 anni e forse sa. Forse sa come sono andate le cose quella mattina del 24 giugno 2014 a Caivano, anche se tutta la famiglia le ha ripetuto diecimila volte di non dire cos’è successo a Fortuna, Chicca per tutti. Chicca stava all’isolato 3 di Parco Verde, a Caivano, una decina di km da Napoli. Lei e la madre (il padre, Pietro, è in galera, 11 anni) s’erano trasferite da poco lì, a casa dei nonni, al sesto, quando quella mattina del 24 giugno dell’anno scorso l’hanno gettata giù dal palazzo. Da quale finestra, dal tetto: non si sa. Difficile saperlo, ci sono più possibilità. L’assassino poteva scegliere. L’autopsia disse che recava segni di violenza carnale, risalente ad almeno un mese prima. L’Italia sgranò gli occhi. Erano le 11.30: Chicca disse alla mamma che saliva dall’amica Doriana, al settimo. Marianna, la madre di Doriana, disse ai carabinieri che la figlia le stava dando una mano a lavare i pavimenti e che non aveva voglia, comunque, di giocare con Chicca. Mezzogiorno si avvicinava, le lancette correvano. Chicca se ne andò. Qualche minuto dopo, lo schianto.
L’assassino è uno del palazzo? E’ venuto da fuori? Chiaro che si parta dal palazzo. Beh, lì ci stanno 32 famiglie. Tra loro ci sono alcolizzati, persone con disturbi mentali, pregiudicati per pedofilia, madri che si prostituiscono in casa per dieci euro e tossicodipendenti. Famiglie sfasciate, figli di padri diversi. Intorno all’isolato 3, come attorno a tutti gli altri, nuotano in circolo gli squali che spacciano di tutto. Che insegnano il mito della camorra.
32 famiglie in un affare di cemento sbrecciato, col ferro che si fa ruggine, le lampade spaccate e nessuno che arriva (sono case popolari) ad aggiustare niente. Parco Verde: 6.000 persone, di cui quasi 1.200 bambini. Benvenuti all’inferno, un posto buono per le promesse dei politici e per buttare una bambina dalla finestra. Anzi, due: un anno e passa prima, il 28 aprile 2013, era venuto giù Antonio Giglio, 3 anni. Una disgrazia, disse la madre. Giocava, la serranda di una finestra non era del tutto abbassata ed era caduto. Antonio è figlio di Marianna.
Due bambini caduti dallo stesso palazzo fanno pensare. Coincidenze? Tutto può essere. Per i giudici, però, un collegamento c’è. Anche perché un altro dato unisce la morte di Antonio con quella di Chicca: entrambi, quando sono stati trovati, mancavano di una scarpina. Di sicuro c’è che la bambina non può averla persa: portava un modello che si chiudeva dietro con la zip, uno di quelli, insomma, che non si sfilano da soli.
L’indagine è subito difficile. A prima vista dici: è un palazzo, è un rione, è giorno, qualcuno avrà visto. Macché. Passano i mesi. A novembre 2014 Mimma, la madre di Chicca, viene indagata nell’ambito di una grossa inchiesta per spaccio di soldi falsi. Marianna viene indagata per la morte di Antonio: si parla di omicidio colposo. Poi il 27 dicembre 2014, in un’altra inchiesta, l’uomo che aveva soccorso per primo Chicca sul marciapiede viene arrestato, per violenza sulla figlia di 12 anni. Il 3 aprile successivo tocca a sua moglie, stesso motivo. A settembre scorso Doriana e sua sorella vengono portate dai giudici in comunità. Doriana parla dialetto stretto e ha difficoltà di apprendimento, dicono. I magistrati parlano di “pressioni psicologiche esercitate nei mesi passati da parte della nonna e della mamma sulla minore al fine di non farle rivelare quanto di sua conoscenza in ordine alla morte dell’amica”. L’amica è Chicca. A novembre 2015 Marianna e il suo convivente Raimondo vengono arrestati: lui per violenza carnale sulla sorellina (che ha 3 anni) di Doriana e Antonio e lei per aver chiuso gli occhi. Doriana sta cominciando a togliere qualche mattone al muro del silenzio? In comunità, intanto, arrivano telefonate mute. Di sera, qualcuno “bussa” al citofono e non parla. Un altro modo per fare pressione su di lei, per ricordarle la consegna del silenzio?
Parco Verde è della metà degli anni Ottanta. Solito progetto faraonico: alberi, piscine, scuole, servizi. L’hai visti tu? Io no. Oggi la cosa più verde è il campo da calcio sintetico donato al rione dai calciatori Ferrara e Cannavaro. Un rettangolo di modernità con accanto una capra che bruca. Più in là, piazze di spaccio e tappeti di siringhe per terra. Attenti a dove mettete i piedi. Si può portare qui una bambina? Chi conosce bene il posto tiene i conti: tra il 1986 e il 2015 nel rione sono morti 32 ragazzi. Per overdose, per conflitto a fuoco, durante una rapina. Abitavano tutti qua. Poi devi aggiungere Chicca e Antonio.
L’indignazione su Facebook non serve, grazie. Servirebbero i politici, se a Napoli ce ne sono ancora, s’intende. Serve la pazienza degli operatori sociali e dei giudici. E le parole di una bambina.
di Fabio Sanvitale