La storia del Mostro di Firenze potrebbe essere riscritta. Tutto nasce da un documentario, “Scopeti-l’ultimo delitto del Mostro“, girato da Paolo Cochi e presentato qualche giorno fa a Firenze. Un reportage che riprende in mano il duplice omicidio di settembre 1985, quello che chiuse la serie del peggior serial killer italiano di sempre; e che dimostra che non può essere avvenuto nella notte di domenica 8 settembre, ma che va anticipato di 24 se non 48 ore prima. Un reportage realizzato in collaborazione con il “nostro” Fabio Sanvitale.
E’ una novità gigantesca, che Cochi basa su elementi scientifici, di tre tipi. Uno, le analisi entomologiche, cioè delle larve di mosca trovate, all’epoca, sui cadaveri. Due, l’analisi delle testimonianze di chi vide vivi i francesi nei giorni di sabato e domenica. Tre, le analisi dei cadaveri e quindi la ricostruzione dell’epoca di morte. Le foto delle larve e dei corpi di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, Cochi le ha fatte vedere ad un gruppo di entomologi e medici legali di rilievo (da Lambiase a Vanin a Campobasso, Introna), mentre è proprio il professor Marello, che all’epoca era nell’equipe del professor Maurri, il medico legale che fece tutte le autopsie dei delitti, a rivelare che in quei giorni di settembre non c’era affatto unione nel gruppo di esperti. Quando erano morti i ragazzi? I dubbi di oggi, scopriamo, erano già i dubbi di allora.
La rigidità dei corpi non tornava con le poche ore che, si diceva, erano trascorse dal delitto: Maurri fu tratto in inganno dal corpo della Mauriot, che era rimasto nella tenda, in quei giorni caldissimi, dopo il depezzamento. D’altronde anche i migliori sbagliano, si sa. E nel 1985 l’entomologia era una scienza di nicchia, sconosciuta. Fecero la foto delle larve e via. Oggi, riviste bene, quelle foto fanno dire agli esperti ciò che anni fa disse il professor Introna, padre dell’entomologia italiana: che il delitto è di 24-48 ore prima. Un’altra storia.
La stessa cosa che dice la rigidità cadaverica, la stessa cosa che indirettamente dice, nel documentario, Simone Montaldo di Ophir Criminology, esperto di psicologia della testimonianza: dimostrando come si sbagliarono (e sulla base di quali suggestioni reciproche) i testi Bonciani e Borsi, che videro viva la Mauriot, nel loro bar, la domenica mattina. Peccato che i due francesi abbiano conservato gli scontrini del loro viaggio verso la morte solo fino a venerdì, appunto. E non oltre. E che a Bonciani e Borsi sia stata mostrata la foto sbagliata della Mauriot, quella della carta di identità, dove ha i capelli completamente diversa da come li aveva sul freddo metallo argentato del tavolo autoptico.
A che serve tutto questo, dite? Serve che i testi che attribuiscono il delitto alla notte dell’8 sono Lotti e Pucci, che Dio li benedica. Il documentario non si spinge fin qui, ma la conseguenza pratica di ciò che afferma è che Lotti e Pucci mentirono pienamente sulla data del delitto, di cui peraltro Lotti si confessava complice. E già le loro tante confessioni traballavano penosamente prima, figuriamoci adesso. Con l’altra conseguenza che, a questo punto, traballano ancora di più le accuse a Pacciani, che si reggevano appunto sul duo Lottipucci. D’altronde, non sarebbe la prima nè l’ultima volta, nella storia del crimine, che qualcuno si autoaccusa di omicidi non commessi. Di tutta questa storia si riparlerà nel terzo convegno nazionale sul Mostro di Firenze, che Ophir prepara a Roma per il 18 ottobre prossimo.
Lotti e Pucci sono stati condannati con sentenza definitiva e sono pure morti. Non sapevano che delle piccole, innocue larve di mosca, trent’anni dopo quella notte, li avrebbero sbugiardati e avrebbero confessato che la storia del Mostro di Firenze è davvero da riscrivere.
di Redazione