Dieci anni. Dieci anni per tornare al punto di partenza e sentirsi dire che l’assassino di Matilda lo stiamo ancora cercando. Aveva quasi due anni, Matilda, e di lei resta un sorriso in una fotografia. Era il luglio del 2005, era Roasio, quando in un sonnolento pomeriggio d’estate qualcuno le ha tirato un bestiale calcio nella schiena, quando un colpo di rabbia è saettato verso di lei e l’ha uccisa. Erano in tre in quella villetta: la madre, Elena Romani (assolta in via definitiva), il compagno Antonio Cangialosi (nella foto in alto) e la bambina. La Romani non è stata (la scarpa rosa con cui avrebbe colpito? Non lascia la stessa impronta. Le parole di autoaccusa intercettate in auto? Intercettate male, in realtà si stava disperando), Cangialosi nemmeno: questo ha detto la giustizia finora. Matilda evidentemente s’è suicidata, no?
Elena Romani (nella foto in basso), dopo otto anni di processi, è fuori da questa storia, per la semplice ragione che non aveva i mezzi né l’occasione per uccidere la figlia: tantomeno il movente. Tre assoluzioni hanno scritto chiaramente che Matilda era viva quando lei la lasciò per qualche minuto con Cangialosi, un ex guardia del corpo che la bambina detestava in modo visibile. Se non è stata lei, ovvio indagare lui, allora. Le indagini – a senso unico contro la Romani, fin dall’inizio – riprendono allora nella nuova direzione dell’ex compagno, ma arriva la doccia fredda: il Gup di Vercelli Paolo Bargero, a giugno 2014, dice che non ci sono elementi sufficienti per rinviarlo a processo. La Procura non ricorre in Cassazione. Lo fanno solo Massironi e Scheda, i legali della Romani. E’ l’ultima spiaggia. Poi, la notizia: nei giorni scorsi la Cassazione ha annullato la decisione del Gup di Vercelli.
CN ne ha parlato con l’avvocato Tiberio Massironi. Perché l’annullamento, avvocato? “Se è stato accolto il nostro ricorso, evidentemente si tratta di questo: che il Gup abbia esorbitato il suo compito, scrivendo una sentenza come se fosse una sentenza dibattimentale: il grave errore è stato quello, aver voluto valutare se c’erano elementi per proseguire con un processo oppure no”. Di fatto, ora un altro giudice dovrà esaminare da capo gli elementi contro Cangialosi e decidere se va processato o no. Se ha colpito lui la bambina, con «sconsiderata brutalità». Omicidio preterintenzionale: questa era la tesi della Procura. Cangialosi voleva farle male, ma non ucciderla.
“Si è puntato subito la Romani, è stato un errore da parte della Procura. Hanno centrato l’attenzione su lei, anche sulla base della prova scientifica (la scarpa rosa che non c’entrava nulla), vedevano solo lei. La differenza tra i due è che Cangialosi è stato prosciolto dal Gup con un’ora di camera di consiglio, la Romani invece si è fatta otto anni di processi”. E quindi? “Vede, il peccato originale di questo processo è che non hanno mandato a processo entrambe, hanno creduto solo nella colpevolezza di lei e basta. Da qui è venuto ilresto”.
E adesso? “Le prospettive ora sono quelle che si vada finalmente a giudizio. Noi riteniamo che il colpevole sia il signor Cangialosi. E la Cassazione ha riaperto questa possibilità”. La Romani come l’ha presa? “E’ stata una soddisfazione, si vedeva ormai preclusa la possibilità di avere giustizia. Ci sperava: era l’ultima spiaggia, d’altronde. Se andava male era finita”. Massironi si ferma un attimo. “Non conosco altri casi al mondo in cui in una casa ci sono tre persone, una muore e non è stata nessuna delle altre due. E’ un caso davvero unico”. Troppo unico. La giustizia italiana saprà mettere rimedio? Matilda aspetta ancora.
di Fabio Sanvitale