Più si pensa alla sua storia e più si resta stupefatti. Ma che gli mancava a Ted per essere uno come tutti? Charme, intelligenza, studi universitari, capacità di parola, seduzione. Attivista politico nei Repubblicani. Solo che tutto questo, lui lo ha messo al servizio del male. E infatti c’era anche un Ted Bundy sconosciuto: quello che si isolava dagli altri, che faceva il bullo da adolescente, quello che a 18 anni scoprì che sua sorella era in realtà sua madre, che mischiava sesso e violenza.
E’ una foto rara, questa, che ci piace e riassume bene la faccenda: stiamo lì a stupirci che i cattivi abbiano la faccia come la nostra e invece è così. Due evasioni, 36 omicidi circa (di cui due nel tragico pomeriggio del Lago Shammamish e la strage finale della Chi Omega, preludio della sua cattura) tra il 1974 ed il 1978, avvocato difensore di sé stesso al processo. Tanto amato dalle donne quanto odiato, al punto che nelle fredde ore di quel gennaio 1989 precedenti la sua esecuzione sulla sedia elettrica, la folla all’esterno del carcere indossava magliette con scritto “Brucia Bundy brucia”. Al punto che ancor oggi il suo Maggiolino, quello su cui portava via le vittime, è esposto al National Museum of Crime & Punishment di Washington.
Ma neanche lui, nella sua intelligenza, riuscì ad avere la straordinaria lucidità di altri serial killer come Dennis Nilsen, che invece furono bene in grado di capire qual’era il demone che avevano dentro, anche se non sapevano o volevano fermarlo. Nell’ultima intervista, poche ore prima di morire, Bundy perse l’ultima occasione di essere sincero e dette alla pornografia la colpa di tutto. Un pò poco. Chi lo conobbe bene, come Ann Rule, scrisse un gran libro su di lui, (“Un estraneo al mio fianco”) su questo ragazzo della porta accanto che aveva il Male dentro. In fondo, ancor oggi non sappiamo bene cosa spinga un uomo a diventare un serial killer. A prendere questa strada senza ritorno. Che peccato, Ted, che peccato.
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