Quando è uscita, un mesetto fa, la notizia che l’analisi del dna individuava nel barbiere polacco Aaron Kosminski il volto di Jack lo Squartatore, ero stato scettico. Beh, avevo ragione. Lo stesso biologo molecolare che aveva dato questa sentenza, Jari Louhelainen, dell’Università di Liverpool, ha dichiarato che s’era sbagliato. No, Koskminski non c’entra niente, signore e signori. Sarà stato un matto che ha finito i suoi giorni in manicomio, ma non era Jack.
E’ andata così: il dna di Kosminski era stato trovato su una sciarpa appartenuta ad una delle vittime, Kate Eddowes, sciarpa sulla quale c’era anche il dna di lei. Ne dubitavo, e lo avevo detto subito. Per due motivi tra i tanti, principalmente: che il buon Aaron non aveva la più minima cognizione anatomica per praticare le escissioni sulle vittime e che parlava male l’inglese, mentre almeno una delle lettere che la polizia ricevette nel 1888 (anno dei delitti) era stata scritta dall’assassino, in un inglese corretto. Il parere della grafologa Sara Cordella, che andava in questo senso, mi confortava. Inoltre, il dna di entrambi sullo stesso indumento dimostrava che erano entrati in contatto, ma non che Aaron fosse Jack. Ora, il colpo di scena!
E’ successo che gli espertissimi appassionati di Jack the Ripper che si radunano intorno a www.casebook.org hanno scoperto che il biologo ha sbagliato. E’ stato Sir Alec Jeffreys, notissimo genetista (nella foto), che ha trovato l’errore. Gli hanno fatto eco Mannis van Oven, professore alla Rotterdam’s Erasmus University, Walther Parson dell’ Institute of Legal Medicine di Innsbruck e Hansi Weissensteiner, anche lui docente a Innsbruck.
E Louhelainen è dovuto tornato sui suoi passi. Ha dovuto ammettere un “errore di nomenclatura” nell’utilizzo del database GMI, usato per calcolare le possibilità che i due dna combaciassero. In pratica, dai suoi test veniva fuori che una delle tracce sulla sciarpa conteneva una particolare mutazione chiamata 314.1C, molto rara, contenuto nel Dna dei discendenti della Eddowes. In realtà, la squadra di esperti ha dimostrato che la mutazione è la 315.1C, presente in quasi tutti gli europei. Il che vuol dire che la traccia non è univocamente riconducibile alla Eddowes, ma praticamente a chiunque. Cade così l’elemento di partenza: che la sciarpa fosse quella indossata da una delle vittime la notte in cui fu uccisa.
La cosa divertente è che sembra l’errore sia dipeso da un decimale scritto male con la virgola…Ad ogni buon conto, questa soluzione del giallo aveva destato dubbi anche in Gran Bretagna. Nell’ambiente dei “ripperologi” sapevamo da anni dell’esistenza della sciarpa (nella foto), che era stata anche esposta in alcune mostre su Jack. La famiglia che la possedeva diceva che un loro antenato poliziotto, Amos Simpson, l’aveva presa dalla scena del crimine (Mitre Square, Londra) per regalarla, ancora sporca del sangue della Eddowes, alla propria moglie. Che ovviamente l’aveva rifiutata, ma senza buttare il cimelio. Una storia indimostrabile e troppo inverosimile: ma che il dna aveva invece dimostrato vera. Fino a ieri.
E adesso? Adesso si torna al punto di prima. La prima analisi scientifica su Jack, compiuta con mezzi moderni, si è chiusa con un fiasco totale. Lo avevo già detto e lo ripeto: meglio così. Il senso del mistero, senza il quale la vita non ha senso, risiede proprio in questo. Nel suo restare intatto. Chi scrive studia Jack lo Squartatore da una vita. E sapete che c’è? Meglio non saperne il nome. Jack significa mistero allo stato puro; e il mistero non deve essere svelato. Nemmeno da una provetta.
di Fabio Sanvitale