Ci sono colleghi dei quali non siamo particolarmente orgogliosi. Uno di questi è Vlado Tanevski. Quando a Kicevo (che sta vicino Skopje), in Macedonia, tra il 2005 ed il 2007, cominciarono a morire donne, Vlado scrisse dei gran pezzi. Il suo occhio per la scena del crimine era infallibile. Tre donne, tra i 56 ed i 65 anni, erano state violentate, assassinate e impachettate nella plastica prima di essere abbandonate nella spazzatura; i suoi articoli fecero schizzare le vendite di “Nova Makedonija”, perchè un serial killer da quelle parti non s’era mai visto e per la precisione con cui descriveva gli omicidi. Forse un pò troppa, pensò la polizia. Vlado parlava di dettagli che potevano essere noti solo all’assassino, tipo che ognuna era stata strangolata con il filo del telefono. Stai a vedere che… E, sì, Vlado, 56 anni (e cronista da 20) in effetti sapeva troppe cose. Perchè quelle donne le aveva uccise lui. La polizia trovò le prove per incastrarlo su due omicidi dei tre: e le trovò proprio nei suoi articoli e nel test del dna. Poi lo sospettò di un altro delitto, del 2003. E lo arrestò, il 22 giugno 2008. E’ qui che si scoprì che Vlado, un uomo calmo e gentile, nascondeva un doppio fondo della sua vita. In famiglia era molto aggressivo, ad esempio. E le tre vittime accertate erano sue vicine di casa; e soprattutto assomigliavano molto a sua madre, con cui aveva un rapporto assai teso; e, come lei, erano donne delle pulizie. I parenti delle vittime scoprirono chi era quel giornalista che era andato ad intervistarli: l’assassino!
E si scoprì anche che, in fondo, dando tutti quei particolari, Vlado aveva una gran voglia di essere arrestato, prima o poi.
Il 23 giugno 2008, il giorno dopo l’entrata in carcere, Vlado mise la testa in un sacchetto di plastica (la plastica, ancora) e per essere certo di arrivare fino in fondo, la immerse nella tazza del bagno, piena d’acqua. E’ morto così, Vlado Tanevski, il giornalista che sapeva troppo.