Ha chiesto l’eutanasia, Frank Van Den Bleeken. L’ha chiesta non perchè ha un male incurabile, ma perchè è uno stupratore e assassino in preda a turbe che non sa e non riesce a controllare. Meglio morire, ha detto. Ed un tribunale belga gli ha risposto: sì, meglio per te e per noi. Ora lo Stato ucciderà Van Der Bleeken, che oggi ha 52 anni, col suo consenso.
L’uomo, malato di mente, è già in carcere da un pezzo, da una ventina d’anni. La storia – una brutta storia – comincia ai primi anni Novanta, quando violenta e uccide una diciannovenne nel porto di Anversa. E’ la prima, non sarà l’ultima. Ne violenta molte altre, dopo, in quella strana città che è Anversa, un pò Belgio e un pò Olanda, che prima dell’intervento di famosi architetti aveva accanto al porto il più classico dei quartieri a luci rosse. Dove stava il nostro uomo.
Arrestato, al processo i suoi avvocati ricordarono l’infanzia-horror di Van Der Bleeken. Passata in un istituto in cui fu vittima di abusi di ogni tipo. E dove lui imparò a comunicare col linguaggio della violenza, l’unico che gli avevano insegnato. Ma proprio per questo quello che stupisce, oggettivamente, di Van Der Bleeken, è la sua lucidità. Se scrivo “malato di mente” già pensate ad un individuo incontrollato, mal vestito, sporco, che dice cose incomprensibili, che sta in un mondo tutto suo. Niente di tutto questo. Lui è lucidissimo, sa cosa ha fatto e si rende conto di essere una minaccia per la società. Sa di non avere scuse e non ne cerca. Convivere ogni giorno con le sue fantasie sessuali non gli è più possibile. Ha deciso, già quattro anni fa, che c’era una sola strada: morire. Si è guardato dentro, ha visto il mostro, ha provato ad uccidersi e l’hanno sempre fermato in tempo. Allora ha chiesto al Belgio di farlo lui. Il Belgio ha detto: sì.
Parliamo di uno Stato dove, dal 2002, l’eutanasia è possibile, anche per i minorenni: sono centinaia e centinaia i belgi che la scelgono ogni anno. Nel 2012 sono stati circa 1.800: una cultura molto diversa dalla nostra, con un approccio pragmatico e protestante. Sarete d’accordo che questo è, tuttavia, un caso di eutanasia al limite del limite. Perchè parliamo di sofferenza psichica, non fisica. Fisicamente il paziente è vivo e sta bene. Ma non riesce più a convivere con sé stesso, dopo aver capito che non cambierà mai, che non c’è possibilità di trovare la pace. La cella non gli basta, la punizione non gli basta. I suoi fantasmi continuano a inseguirlo nel sonno, nei corridoi, quando va alla doccia e quando rifà il letto.
Tuttavia non è stato così facile per Van Der Bleeken ottenere di essere ucciso. C’è stata la classica battaglia legale. La Commissione Federale che si è occupata del suo caso ha voluto sentire il parere degli psichiatri. Esiste un modo per curarlo? ha chiesto. No, non c’è, hanno risposto. Può morire, hanno stabilito. Entro 48 ore uscirà dal penitenziario di Bruges (nella foto), lo porteranno in un ospedale, saluterà i parenti e tutto sarà finito.
E’ un caso eccezionale, che fa epoca. Van Der Bleeken non è il primo assassino o stupratore che vuole essere ucciso. Molti serial killer americani accettarono senza storie la condanna a morte, finalmente consci di quello che avevano fatto, dell’immensa oscurità del male che avevano vissuto e fatto vivere. Ma trovare uno che quella condanna non l’ha avuta e vuole morire lo stesso, perchè gli è troppo doloroso vivere con sé stesso, beh, non l’avevamo ancora sentita. «Io non sarò mai libero. La mia esistenza non ha senso, sono un pericolo per la società: fossi fuori da queste mura, lo farei di nuovo». Tra 48 ore il detenuto Van Der Bleeken sarà libero davvero.
di Fabio Sanvitale