La notizia è di quelle che fanno saltare sulla sedia: scoperta l’identità di Jack lo Squartatore. Tutti i media la riportano con le stesse parole (e gli stessi errori sulle date). Ma siamo sicuri? Davvero era il barbiere polacco Aaron Kosminski? Vediamo, visto che a nessuno sono venuti dubbi. Per iniziare, Aaron Mordke Kosminski non è un volto nuovo nella galleria dei sospettati per i cinque delitti dell’autunno del terrore del 1888. Di lui si parla da un pezzo e qualche motivo c’è: alcuni degli investigatori dell’epoca erano convinti che lui fosse Jack. Kosminski, ebreo, compì 23 anni nei mesi degli omicidi e nel 1891 iniziò quell’ entra-ed-esci dai manicomi che durerà fino alla sua morte, nel 1919.
Quello che accusa Kosminski in queste ore sono gli esami del dna compiuti sullo scialle che una delle vittime, la prostituta Catherine Eddowes, indossava la notte in cui fu uccisa in Mitre Square, Londra (la vedete nella foto in basso). Chiamarlo scialle è dire poco: parliamo di due pezzi di tessuto, cuciti insieme, lunghi la bellezza di 190×63 cm e 60×48 (totale: due metri e mezzo e non sette, come riportato da tutti i giornali,) acquistati all’asta nel 2007 da un imprenditore che organizza i “Jack The Ripper Tour”, Russell Edwards (e questo già fa venire dei sospetti sulle ragioni dell’operazione). Edwards dice che voleva assolutamente sapere la verità su Jack e che la sua è stata una ricerca storica. I “ripperologi” (e cioè gli studiosi di Jack The Ripper, di cui chi scrive fa parte) hanno forti dubbi.
La storia è questa ed è incredibile: lo scialle (azzurro, beige ed a fiori), macchiato di sangue, fu richiesto ai suoi superiori da uno dei poliziotti presenti sulla scena del crimine, Simpson. Incredibilmente, voleva regalarlo alla moglie! E certo: era uno scialle d’un certo valore. Ma glielo fecero tenere. Lui ovviamente arrivò a casa e la moglie, sarta, gli rispose che lei lo scialle di una morta, pieno di sangue, non lo voleva. Il marito finì per conservarlo (fortunatamente, la moglie si rifiutò anche di lavarlo) e tramandarlo ai figli, finchè non è arrivato all’asta. Ora, dagli esami fatti all’Università di Liverpool dal ricercatore Jari Louhelainen, che ha dovuto usare una tecnica speciale da lui creata per estrarre dna da un tessuto di 126 anni fa, si scopre che quel sangue è quello della Eddowes (quindi, scialle autentico) e che sopra c’è anche dello sperma. Di chi? Edwards, convinto che il colpevole, tra tutti i possibili, fosse il barbiere, ha fatto confrontare il dna estratto dallo sperma con quello dei discendenti del polacco. Ed è lo stesso dna. Caso chiuso, allora?
Vediamo i pro e contro della tesi Kosminski. I pro:
• Il nostro uomo viveva a Whitechapel, nell’area dei delitti, un po’ col fratello e un po’ con la sorella. Conosceva dunque bene strade e vicoli del quartiere.
• Un Isaac Kosminski (forse il fratello) abitava al 76 di Goulston Street: e fu proprio nell’atrio del 106 di quella strada che, dopo la morte della Eddowes, un frammento insanguinato del suo grembiule fu ritrovato.
• Per i poliziotti del 1888 provava “un profondo odio nei confronti delle donne e forti tendenze omicide”.
• Se fosse il colpevole, nel 1888 gli ebrei non avrebbero mai consegnato alla giustizia dei “gentili” (cioè dei non-ebrei) uno di loro. E, accusando uno di loro, la polizia temeva di scatenare una rivolta per le strade, dove c’era tensione.
• Quindi la polizia, che sospettava del barbiere, lo controllava giorno e notte. Questo e la sua successiva costrizione in manicomio spiegherebbero perché Jack non ha più colpito, dopo l’ultimo delitto di novembre 1888.
• Lo scialle era indossato dalla Eddowes al momento della morte ed è macchiato dello sperma di Kosminski.
• Nel 1988, John Douglas e Roy Hazelwood, due dei più bravi profiler dell’Fbi, indicarono proprio Kosminski come il candidato numero uno a essere Jack lo Squartatore, nel programma TV “The secret identity of Jack the Ripper”.
Ora i contro:
• Faceva il barbiere, quindi sapeva usare il rasoio. Ma Jack si divertiva a portarsi via pezzi delle interiora delle vittime e questo è un lavoro che implica una manualità col coltello e una minima conoscenza dell’interno del corpo umano (non occorre essere un medico, comunque). Kosminski non aveva queste conoscenze di base e questa manualità.
• L’inglese era la sua terza lingua, dopo polacco e yiddish. Se è pacifico che, tra tutte le lettere di mitomani arrivate alla Polizia, almeno una fosse del vero assassino, beh, Kosminski non aveva l’istruzione necessaria a scriverla.
• I testimoni che hanno visto Jack riferiscono avesse tra i 30 ed i 40 anni, non una ventina.
• Non ci sono prove di comportamenti violenti di Kosminski prima dell’internamento.
Abbiamo chiesto alla genetista Marina Baldi se la ricerca di Edwards (nella foto a fianco) e l’esame del dna mettono davvero la parola fine alla caccia a Jack lo Squartatore. “Hanno fatto la comparazione con i discendenti – ci risponde- non dovrebbero esserci problemi. Per me è attendibile”. Ma le condizioni di cattiva conservazione del reperto possono dare un falso risultato? “Se il reperto è degradato o mal conservato, ma fornisce un risultato preciso come in questo caso, è attendibile comunque. Non è un discorso complesso, si è fatta la prova con una persona precisa, il risultato poteva essere solo sì o no”. Chiaro: quante possibilità c’erano che tra tutte le persone del mondo uscisse proprio il barbiere?
“Certo – aggiunge la Baldi – in un eventuale processo il metodo personale usato da Louhelainen non avrebbe valore di prova, perché non è validato dalla comunità scientifica…ma è un altro discorso”. Però, tutti i nostri dubbi non sono stati dissipati. Sapete perché? Perché il fatto che il barbiere abbia lasciato traccia di sé su quello scialle non vuol dire che abbia ucciso la Eddowes, né che sia Jack. “C’è una cosa che la genetica non può dire mai: ed è quando è stata lasciata la traccia” conclude la Baldi. Chi ci dice che Kosminski non è andato con la prostituta la notte prima, o due notti prima? Quelle tracce provano un contatto tra i due, non che Kosminski sia Jack.
Il mistero dell’autunno del terrore del 1888 continua…
Fabio Sanvitale
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