di Fabio Sanvitale
9 giugno 2014
Nove anni fa, una bambina di quasi due anni viene uccisa dentro casa, a Roasio, nel vercellese. Si chiama Matilda Romani. Non ci sono dubbi: o è stata la madre, Elena Romani, o il suo compagno, Antonio Cangialosi. Arrestano lei: ma le prove sono sballate, non ci sono, la assolvono in tre processi. I giudici lo dicono con chiarezza: l’inchiesta è stata tutta sbagliata, dovevate indagare lui. Riaprono l’indagine. Ma lo scorso 3 giugno il Gip di Vercelli ha deciso che lui, Antonio Cangialosi, è estraneo ai fatti. E allora, chi ha ucciso Matilda?
“Evidentemente si è suicidata” è il commento degli avvocati di Elena Romani, Roberto Scheda e Tiberio Massironi, che si preparano a ricorrere in Cassazione. “Cangialosi non potrà mai sottrarsi alla giustizia divina”, è il commento della Romani. La vicenda è chiaramente assurda. Non è possibile che nessuno dei due sia colpevole. Ci ricorda il caso Bebawi, 1964. Lui e lei, egiziani, decidono di assassinare l’ex amante della donna: ognuno ha i suoi motivi per farlo. Arrivano a Roma, compiono il delitto, li arrestano, e qui hanno l’idea geniale di accusarsi l’un l’altro. Risultato: processo paralizzato, assoluzione ad entrambi per insufficienza di prove. Anche qui Romani e Cangialosi si accusano l’un l’altro.
Ma vediamo i fatti (tutta la storia ve l’avevamo raccontata QUI): Cangialosi è da solo con la bambina, quando si accorge che sta male. Elena Romani, infatti, è fuori a stendere i panni: Matilda ha appena vomitato. L’uomo, un bodyguard, urla, lei accorre, arrivano i soccorsi. L’autopsia rivela l’incredibile: la bambina è stata uccisa da un violento calcio alla schiena. Già, ma dato da chi? Dalla madre, prima di uscire a stendere, o dall’uomo, mentre la Romani era fuori? La madre non ha movente, Cangialosi sì: Matilda non lo accettava, piangeva quando lo vedeva e fuggiva platealmente da lui, rendendo di fatto impossibile la convivenza tra lui e la donna. I carabinieri dicono che la madre ha delle scarpe con tacco compatibile con la lesione, ma le scarpe erano altrove quel giorno.
I giudici mettono microspie nell’auto di lei e ascoltano quella che sembra una confessione fatta a voce alta, mentre guida da sola. Sbagliato: una nuova perizia dimostra che la trascrizione dell’intercettazione è stata fatta male. Non è una confessione, ma il discorso, smozzicato di lacrime e singhiozzi, di una donna disperata, che chiede perdono alla figlia per averla lasciata con Cangialosi. I giudici assolveranno Elena Romani in ogni grado di giudizio, indicando con chiarezza che si doveva indagare lui, che in uno scatto di rabbia, in quel pomeriggio del 2005, potrebbe aver colpito Matilda che cercava di fuggirlo per l’ennesima volta, gattonando via dal divano di casa. Perché non c’è dubbio: o lui o lei. Ma lei non è, sicuro. Speriamo davvero che la Cassazione tenga aperta questa storia. Matilda, da 9 anni, è in una tomba ed aspetta la giustizia degli uomini.
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