di Valentina Magrin
30 aprile 2014
Nella giornata di ieri sono state depositate le tanto attese motivazioni della sentenza di Appello-bis per l’omicidio di Meredith Kercher. Lo scorso 30 gennaio Amanda Knox e Raffaele Sollecito erano stati condannati rispettivamente a 28 anni e mezzo e 25 anni di reclusione per aver ucciso la sera del 1 novembre 2007, nella villetta di via della Pergola a Perugia, la studentessa inglese. In carcere, ricordiamolo, con la stessa accusa c’è Rudy Guede, condannato nel 2010 con rito abbreviato a 16 anni di carcere (QUI le motivazioni della sua condanna). Vediamo dunque nel dettaglio il ruolo di Amanda e Raffaele, nonché il movente e la dinamica dei fatti secondo i giudici della Corte d’Appello di Firenze.
IL MOVENTE – A differenza di quanto affermato dalla Cassazione, che annullando l’assoluzione dei due ragazzi aveva parlato di un gioco erotico di gruppo sfuggito di mano, la nuova sentenza parla di una lite degenerata in un tentativo di violenza sesssuale e terminata con la morte di Meredith che “doveva essere messa in condizione di non denunciare”. Ma da cosa sarebbe scaturita questa lite? Già in precedenza tra Amanda e Meredith, che dividevano con altre ragazze la casa di via della Pergola, “non vi era un buon rapporto”: Meredith “conduceva una vita molto regolare”, al contrario di Amanda il cui comportamento era decisamente più sopra le righe, come dimostrava ad esempio il suo non farsi problemi “nel far accedere all’abitazione ragazzi di cui non aveva una conoscenza approfondita”. Le due ragazze, inoltre, avevano avuto alcuni screzi circa la scarsa collaborazione di Amanda nelle pulizie domestiche.
Ma veniamo alla sera dell’omicidio: Meredith era stanca ed era rientrata a casa presto. Ad un certo punto erano arrivati Amanda Knox e Raffaele Sollecito in compagnia dell’ivoriano Rudy Guede. I tre probabilmente si erano messi a fumare qualche spinello e poi Rudy, “con un comportamento poco urbano”, si era recato in bagno “in maniera quantomeno disinvolta”, lasciando la porta aperta. Meredith, nel frattempo, si era accorta che dalla sua camera erano spariti i 300 euro con i quali avrebbe dovuto pagare l’affitto, ed evidentemente aveva subito sospettato di Amanda. Il presunto furto e la presenza poco ortodossa di Rudy potrebbero aver costituito un “valido motivo” per Meredith per affrontare la coinquilina e chiederle spiegazioni in modo “molto pressante”. In conseguenza a ciò, “sia per le condizioni psicofisiche degli imputati, sia per il livello di esasperazione cui era giunta la convivenza fra le ragazze, si ebbe una progressione di aggressività” nel corso della quale “gli eventi precipitarono”. Amanda e Raffaele agirono spinti da “una volontà di prevaricazione e umiliazione”, mentre Guede, “rispondendo a un proprio istinto sessuale”, cercò di abusare della studentessa inglese. I giudici sottolineano che “non è credibile che fra i quattro ragazzi fosse iniziata un’attività sessuale di gruppo che poi improvvisamente Meredith Kercher non volle più portare a conseguenze ulteriori. Questa prospettazione non risulta compatibile neppure con la personalità della ragazza inglese”.
Meredith, dunque, venne “costretta all’interno della propria camera, ove avvennero le fasi finali dell’aggressione e dell’accoltellamento”.
LE ARMI UTILIZZATE E LA DINAMICA DELL’OMICIDIO: Per aggredire Meredith furono usati due coltelli: uno piccolo, impugnato da Sollecito che “spallaggiava la sua ragazza” e che avrebbe inferto la ferita più piccola sul collo di Meredith, giustificando la presenza del Dna di Raffaele sul gancetto del reggiseno, e uno più grande, con una lama di 31 centimetri, impugnato dalla Knox, “che produsse la ferita estesa sulla parte sinistra del collo da cui fuoriuscì la gran parte della sostanza ematica che provocò la morte di Meredith Kercher”. Sarebbe questo il famoso coltello da cucina sequestrato in casa di Raffaele Sollecito.
parere dei giudici a proposito del gancetto del reggiseno e dell’arma del delitto, nonché delle varie tracce trovate sulla scena del delitto, è chiaro e contraddice quanto affermato dai periti della prima Corte d’Appello (quella, per intenderci, che aveva assolto i due imputati): “parlare di contaminazione di reperti, con carattere generale e astrattamente possibilista”, non ha “significato alcuno nella sede del processo penale” ed è “obiettivamente fuorviante”.
Secondo i giudici, infine, è certa la “volontà omicida degli aggressori”, che non avrebbero potuto risparmiare la vittima dal momento che “si era andati troppo oltre. Meredith doveva essere messa in condizione di non denunciare l’aggressione subita”.
Amanda Knox e Raffaele Sollecito hanno appreso le motivazioni della sentenza da persone libere. La parola passa ora alla loro difesa, che con ogni probabilità ha già messo le basi per presentare ricorso.
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