di Simone Rinaldi direzione@calasandra.it
7 agosto 2013
Un nuovo inquietante elemento si aggiunge alla già intricata vicenda dell’omicidio della 13enne di Brembate di Sopra, Yara Gambirasio. Lo scorso 3 agosto una scritta su un quaderno nella cappella dell’ospedale Salvini di Rho (MI) riaccende infatti i riflettori sull’ormai nota scomparsa della ragazzina bergamasca: “Informate subito la polizia di Bergamo perché qui è passato l’assassino di Yara. Che Dio mi perdoni”.
La lettura di queste parole, lasciate sul quaderno in cui abitualmente i fedeli scrivono i propri pensieri, ha turbato il cappellano della struttura ospedaliera. L’uomo ha così immediatamente avvertito una volante del commissariato di Rho-Fiera, la quale è intervenuta sul posto ed ha consegnato il quaderno nelle mani della scientifica per gli accertamenti di rito. Anche le telecamere di video-sorveglianza sono ora al vaglio degli inquirenti, così come un fazzoletto ritrovato per terra, poco distante dal registro delle firme.
Questo strano episodio si intreccia ora con l’oscura vicenda del figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno morto nel 1999. Dopo aver appreso la notizia di sabato scorso, una donna della provincia di Milano ha trovato il coraggio di denunciare suo figlio adottivo. Da mesi infatti, dopo aver visto la foto di Guerinoni, la donna si tormentava perché riteneva che il ragazzo somigliasse incredibilmente all’uomo. Tuttavia il campione di DNA del ragazzo, prontamente prelevato dagli investigatori, ha dato esito negativo.
In merito alla scritta sul quaderno del Salvini di Rho gli investigatori hanno dichiarato che nulla può essere escluso, anche se la scritta potrebbe essere opera di un mitomane.
Nulla di strano, d’altronde, quando si ha a che fare con un caso che da subito è stato capace di attirare su di sé gli occhi delle telecamere e, con essi, quelli dell’opinione pubblica. Resta però che l’assassino di Yara, scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra, uccisa lo stesso giorno e ritrovata esattamente tre mesi dopo in un campo poco distante a Chignolo d’Isola, dopo anni di indagini, spesso fallaci, non ha ancora un nome.
Ricordiamolo: due, sostanzialmente, le piste seguite. Una ha portato all’arresto – prima per omicidio e poi per favoreggiamento – e successivamente alla scarcerazione di Mohamed Fikri, l’operaio marocchino, tuttora indagato, che il giorno in cui Yara venne uccisa era a lavoro nel cantiere di Mapello, luogo in cui portò il fiuto dei cani molecolari durante le ricerche. Stando alle ultime traduzioni delle intercettazioni, l’uomo durante una conversazione non avrebbe mai usato, come inizialmente supposto, il termine “uccidere”.
L’altra pista, invece, ha spinto a prelevare – ma a confrontarne al momento solamente la metà – circa 14.000 campioni di DNA tra gli abitanti della zona in cui è avvenuto il delitto. L’operazione è stata effettuata dopo il ritrovamento di tracce di sangue sui vestiti di Yara, sangue che, secondo gli inquirenti, appartiene ad un figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. Tuttora, però, questo ragazzo non è stato trovato.
Il cerchio dunque non si chiude. E la famiglia di Yara è destinata ad attendere ancora.
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