di Fabio Sanvitale direzione@calasandra.it
7 maggio 2013
Erano le 15.30 di un sabato di maggio di trent’anni fa, a Roma. Il citofono che suona, Mirella Gregori che risponde e dice alla mamma che è un suo amico, che va un attimo a Porta Pia. Da allora, Mirella è sparita. Da allora, trent’anni di silenzio. Aveva quindici anni, era la normalissima figlia di un barista e la sua storia ha più di un punto in comune con quella di Emanuela Orlandi. Uno ha un nome e cognome. Si chiama Raul Bonarelli e non ha nessuna intenzione di dire quello che sa. Un altro sta in un identikit.
La sorella di Mirella, Antonietta, crede che ci siano ancora persone che sanno, ma non parlano: «Sono esattamente 30 anni che Mirella è scomparsa, ma nel mio cuore è come se fosse ieri. La mia battaglia per conoscere la verità va avanti e non smetterò mai di cercarla, anche se in tutti questi anni mia sorella è rimasta un po’ nell’ombra. Mi domando perché chi sa veramente qualcosa non si decida finalmente a dire la verità o quantomeno ad aiutarci ad arrivare alla soluzione di questo enigma. Perché? ».
Il mistero della scomparsa di Mirella Gregori ne contiene subito un altro: infatti, quel 7 maggio del 1983, uscendo, la ragazza dice che va ad incontrare un amico. Ma è una bugia. Il ragazzo risulterà da tutt’altra parte. Scende così com’è, senza borsetta, senza documenti. Ha raccontato una di quelle piccole bugie che si dicono da ragazzini: e che finirà per confondere le acque. L’unica traccia testimoniale seria arriverà da un’amica di Mirella, che la conosceva benissimo e che dirà di averla incontrata quel giorno: le ha detto che andava con degli amici a suonare la chitarra a Villa Torlonia. Forse anche qui Mirella sta nascondendo un piccolo segreto, però: nella Villa non si troverà nessuna traccia.
Si scopre invece che, proprio il giorno prima che la ragazza svanisse nel nulla, c’era stata l’inaugurazione del bar dei Gregori. Tra la folla c’erano due uomini che tentarono, con un’insistenza sospetta, di fotografare Mirella; tanto che la mamma, Vittoria, li cacciò fuori. Viene fatto un identikit dei due (lo vedete qui a fianco): erano – e sono – molto simili ai due uomini che, a bordo di una piccola utilitaria, saranno visti seguire la Orlandi nel giugno successivo, in via dei Corridori, mentre è con le amiche. Fino al punto di toccarle un braccio e dire “sì, è questa”. La presenza dei due uomini è, in ogni caso, l’indizio chiaro che quello di Mirella Gregori fu un rapimento preparato da tempo. C’era qualcuno che voleva portare via proprio lei.
Poi, più nulla fino al 12 settembre 1983, 4 mesi dopo, quando un uomo telefona al bar e racconta come era vestita Mirella il 7 maggio; sa la marca dei vestiti. Cose che solo chi avesse tenuto prigioniera la ragazza poteva sapere. Passano ancora due anni, il Papa è in visita ai fedeli del Nomentano. E’ il 15 dicembre 1985. Di colpo, mamma Vittoria vede un viso che le ricorda qualcosa. E’ quello di un uomo che sta facendo la scorta al Pontefice. Quell’uomo l’ha visto parlare con Mirella, qualche giorno prima del 7 maggio; data la differenza d’età, l’aveva trovato strano, l’aveva colpita. Si scopre che è Raul Bonarelli, abita vicino casa loro. L’uomo rientrerà anche nel caso Orlandi, anzi verrà interrogato proprio su questo: ma in Vaticano gli ordineranno di non dire nulla e lui nulla dirà. Poi riceverà – un caso? – l’ ambitissima cittadinanza vaticana e così, per sentirlo, ai giudici italiani diverrà necessaria una difficile rogatoria internazionale. Passano altri anni e solo nel 1993 i giudici chiedono alla signora Vittoria di confermare che l’uomo che ha visto è Bonarelli. Ma quel giorno, ormai, la mamma è una donna stanca e malata. Forse è confusa, forse si spaventa, insomma non sa più bene neanche lei se è quello o no.
Poi, decenni di silenzio. Nel frattempo. Bonarelli fa carriera: diventa vice-direttore della «Direzione dei servizi di sicurezza e protezione civile» del Vaticano, cioè dei servizi segreti della Santa Sede.
Aprile 2013, sull’orizzonte del caso Orlandi appare un nuovo teste (oggi indagato), Marco Fassoni Accetti. Ne abbiamo parlato su questo sito. E’ un caso che dopo la sua comparsa sia arrivata al bar dei Gregori, a Termini, una busta? Dentro, una ciocca di capelli, alcuni negativi fotografici, un fiore colorato di merletto e un foglio con su scritto :«Non cantino le due belle more…». E che vorrà dire? Certo, potrebbe anche essere l’opera del solito mitomane. La stessa Antonietta è scettica. Starà alla Polizia Scientifica dire se i capelli sono di Mirella oppure no.
Tra le tante cose dette da Fassoni Accetti, però, ce n’è anche una sulla Gregori, che è subito risultata essere una balla. Ha dichiarato ai giudici, infatti, che nel 1994 a Roma, in un sottopassaggio di corso Italia, Vittoria avrebbe incontrato la figlia, tornata per poche ore dall’estero. « Escludo che mia madre abbia visto mia sorella oltre dieci anni dopo la scomparsa – afferma con decisione Antonietta – senza dirci niente. Mai e poi mai, nei mesi successivi, quando si ammalò o addirittura sul letto di morte, avrebbe nascosto a me e mio padre un avvenimento del genere». Dov’è finita Mirella Gregori?