di Fabio Sanvitale direzione@calasandra.it
12 marzo 2013
Mentre a Marsala è in corso il processo per il sequestro di Denise Pipitone, facciamo il punto sulle prove che hanno portato sul banco degli imputati Jessica Pulizzi e Anna Corona. Reggono o no? Vediamolo insieme. I fatti: Denise sparisce, letteralmente davanti casa della nonna, a Mazara del Vallo, a mezzogiorno del 1 settembre del 2004. Siamo in via La Bruna, all’angolo con via Castagnola. Denise ha quattro anni, è alta quasi un metro, ha un piccolo graffio sotto l’occhio sinistro. Giocava: un attimo prima c’era, quello dopo sparita nel nulla. La nonna, che in quel momento sta cucinando, non si accorge di niente. Il tempo di rincorrere il cuginetto, poi le ricerche della madre, Piera Maggio, poi questi lunghi otto anni e il processo.
Una delle cose apparentemente incredibili è il teatro dove tutto questo si compie: una strada di Mazara che, in realtà, è un reticolo di vie e case basse, dove abitano tanti parenti dei Maggio. Ma era l’ora di pranzo, tutti stavano cucinando, c’erano meno occhi che dalle finestre e dalle porte aperte guardavano le strade. E poi c’era Denise,una bambina che non si sarebbe mai allontanata da sola, perché era troppo piccola per essere autonoma negli spostamenti. Una bambina di quattro anni a cui non piaceva camminare: che aveva paura delle macchine e dei venditori ambulanti che strillano per vendere, come si usa a Mazara. Logico capire subito che qualcuno se la fosse portata via. Certo. Ma chi?
Piera Maggio fa subito un nome ai carabinieri, un nome che riassume i suoi sospetti, quello di Anna Corona. Denise infatti l’ha avuta da Pietro Pulizzi: ex marito della Corona. E ora la donna odia la Maggio, per averle rovinato la famiglia, composta anche dalle figlie Jessica (17 anni all’epoca dei fatti) e Alice. Per questo i Carabinieri, poche ore dalla scomparsa, visitano tre case, tra cui quella della Corona.
Giusto per dare il clima della vicenda, è stato proprio l’ex fidanzato di Jessica, Fabrizio Foggia, a dichiarare ai giudici che c’erano frequenti litigi tra la Corona e l’ex marito: “Jessica si lamentava del padre perché si allontanava e non le riservava attenzioni. Mi sono venute in mente tutte le volte che Jessica diceva che doveva fargliela pagare a Piera Maggio perché ‘quella disgraziata’ aveva rovinato la sua famiglia. Una volta mi ha detto che voleva bruciarle la macchina e mi ha chiesto più volte di darle una mano a compiere qualcosa contro la Maggio, facendola passare come una prova d’amore”.
Ma tutto questo la Pulizzi lo ha negato al processo: “prima del primo settembre del 2004 non ho mai saputo che Denise fosse figlia di mio padre. Avevo avuto dei sospetti, ma lui aveva sempre negato e aveva anche giurato su di me e mia sorella Alice che non era vero niente“. Dice, insomma, che ha saputo che Denise era la figlia illegittima di suo padre e di Piera Maggio solo dieci giorni dopo la scomparsa, in commissariato.
Le ricerche, in quelle prime settimane del 2004, furono fatte in tutta Italia. I falsi allarmi non mancarono. Così, il 29 settembre 2004, a Rimini, una segnalazione fece scattare un blitz dei carabinieri in un campo nomadi. Ma l’episodio più importante resta quello di Piazza Ohm (nella foto, qui a fianco), a Milano, il 18 ottobre, un mese e mezzo dopo la scomparsa di Denise: una guardia giurata, Felice G., filma con un cellulare una bambina in compagnia di alcuni zingari. Sono le 12.30 quando l’uomo, in servizio di vigilanza davanti ad una banca, vede un uomo, due donne e tre bambini. Tra loro, una bambina che somiglia incredibilmente a Denise Pipitone: ha la testa coperta dal cappuccio di un giubbotto, nonostante la giornata calda. La guardia chiama la Volante, ma al loro arrivo ormai gli zingari sono spariti. Resta il filmato, resta il viso di una bambina che Piera Maggio riconosce per la figlia, che una perizia dei Ris indicherà altamente probabile che fosse Denise. E la voce della zingara che la chiama “Danàs”; e la vocina che risponde in perfetto italiano :”dove mi porti?”.
Poi altre segnalazioni, altre ricerche, anni di attesa, le indagini archiviate e poi riaperte; fino al processo, fino a oggi. Processo che vede imputati Jessica Pulizzi (25 anni) per concorso in sequestro di minorenne e Gaspare Ghaleb (27), tunisino, suo ex fidanzato, per false dichiarazioni al pm. Un altro processo vedrà coinvolta Anna Corona, forse.
Ma le udienze di Marsala sono piene di colpi di scena. Si scopre in udienza, ad esempio, che il giorno delle tre perquisizioni i carabinieri non videro affatto la casa di Anna Corona. Lo dice il maresciallo Francesco Di Girolamo: senza saperlo, visitò invece un appartamento a piano terra, quello della signora Pisciotta, quando la Corona invece abitava al secondo. Possibile? Sì, perché quel giorno ad accompagnare i carabinieri fu proprio Anna Corona: e che motivo aveva di portarli nel posto sbagliato, se non stava nascondendo qualcosa?
Si scopre anche che l’alibi di Jessica per quella mattina è una balla. Lei ha sempre detto: che tra le 8.30 e le 9 di quel giorno era andata in un’officina meccanica per far riparare il suo scooter. Ma in udienza si sono presentati i titolari della concessionaria Aprilia di Mazara e l’hanno smentita, registri alla mano. Il giorno della riparazione, insomma, esiste, ma è un altro. E poi ci sono i carabinieri, che si sono messi lì con il consulente informatico della Procura, Gioacchino Genchi; hanno scavato e controllato tabulati su tabulati. Ricostruendo tutti i movimenti della sorellastra, nelle ore in cui Denise scompariva. Dicono che si trovava da tutt’altra parte della città, anzi: nell’area in cui la bambina è sparita. Poi, il segnale del telefonino si sposta fuori città. E ritorna a Mazara un’ora dopo.
Altro colpo di scena: si scopre che il numero di Anna Corona aveva avuto, in quei giorni, la bellezza di 1175 contatti con il cellulare di una sua amica, Stefania Letterato. Genchi chiede che questo secondo cellulare venga anch’esso intercettato. E subito si interrompono i contatti tra i due numeri, come se le donne sapessero che erano sotto controllo. La Corona smette di chiamare l’amica, la Letterato smette proprio di usare il cellulare… “Questo fatto ha compromesso fortemente le possibilità di ritrovare Denise”, dice oggi Genchi. Si pensa ovviamente a una vera e propria fuga di notizie. Tanto più quando si scopre che la Letterato all’epoca aveva una relazione col commissario di Polizia di Mazara del Vallo che conduceva l’inchiesta su Denise: e ora sono sposati. Come si poteva pensare di ritrovare Denise, in queste condizioni?
Poi c’è il capitolo Anna Corona, la madre di Jessica. La donna ha mentito sui suoi movimenti nelle ore successive alla scomparsa. Agli inquirenti disse che era al lavoro nell’albergo dove faceva l’inserviente, ma secondo gli accertamenti del consulente Genchi il suo cellulare era a Palermo, non a Mazara del Vallo. Precisamente nella zona di Villagrazia di Carini. Si fa allora una perizia grafica sul foglio delle presenze dell’hotel Ruggero II: salta fuori che la firma l’ha messa per lei la sua collega Francesca Adamo.
Salta fuori anche che la madre della Corona, cioè la nonna di Jessica, dice di esser stata avvisata, da sua figlia Anna, alle 12.15, di andare a casa sua perché era successa “una cosa grave”. Se si trattava di Denise, come facevano già a saperlo? Nonostante questo, però, la Procura di Marsala ha chiesto l’archiviazione per Anna Corona.
Ma il punto dell’inchiesta che sta generando battaglia tra le parti è quello delle intercettazioni su Jessica. La storia è questa. Da subito si sospetta di lei e della madre e infatti, come avete visto, le seguono, le imbottiscono di microfoni.
24 novembre 2004, tre mesi dopo il sequestro della bambina. C’è una cimice nascosta nello “Scarabeo” di Jessica Pulizzi: prima si sentono due voci di donna, mentre si muovono per Mazara. Non si capisce cosa dicono, ma dovrebbero essere lei e la sorella Alice. Poi parcheggiano: siamo in via Pirandello, dove lei abita. Spengono, qui si sente meglio. Si aggiunge una terza voce femminile: parlano dei regali di Natale. Passano 42 secondi e si sentono due voci maschili in lontananza. Il primo uomo dice: “va pigghià a Denise. Ma Peppe, chi ti rissi? D’unni l’ha purtare?” (“Vai a prendere Denise, ma Peppe cosa ti ha detto? Dove la devo portare?”). Poi Un altro uomo, un po’ più distante dall’altro, risponde: “fora” (“fuori”). Depone l’ispettore di polizia Vincenzo Todaro: racconta che, dopo aver sentito questo, controllarono diverse persone che avevano delle figlie di nome Denise. Ne furono ascoltate ben tredici dagli investigatori, ma nessuna di loro era passata in via Pirandello, quel giorno. Allora a che Denise si riferivano quelle voci? E chi erano i due uomini? E se la bambina di piazza Ohm è Denise ed era già con gli zingari, che volevano fare Jessica e quegli uomini a Mazara?
Ma c’è anche un’altra intercettazione. Quella avvenuta al commissariato di polizia di Mazara l’11 settembre del 2004, pochi giorni dopo la scomparsa della bambina: si sente Jessica che parla prima con l’ex fidanzato Gaspare Ghaleb. Al ragazzo Jessica dice: “Nun ci lu ricu dunni la misi” (“non glielo dico dove l’ho messa”), alla madre invece sussurra “ma ‘a picciridda asciddrico” (“ma la bambina è scivolata”). Poi c’è un’altra frase: “quannu era con Alice pigghiai e a casa ci la purtai” (“quando ero con Alice ho preso e gliela ho portata a casa”).Poi stop, si accorge del microfono.
Jessica e la madre si sono sempre avvalse della facoltà di non rispondere. Non hanno aperto bocca, almeno fino a questo processo. Anni e anni di silenzio. “È abominevole continuare a non voler collaborare, nel caso di una bambina scomparsa. È come se non si volesse dare aiuto ad una piccola che per strada chiede soccorso” ha dichiarato Piera Maggio. “Siamo certi che, se a rapire Denise non sono stati di certo i nomadi, a loro, però, è stata poi consegnata e ora ne gestiscono la custodia” aggiunge il suo avvocato, Giacomo Frazzitta. Piera Maggio non ha mai smesso di crederci, nonostante tutto: “Denise è viva. Mia figlia è a questo mondo, solo che non sappiamo dove. Quello che chiedo è che chi sa dica la verità. Non ho mai nascosto il mio pensiero su chi ha rapito mia figlia“, conclude.
Anna Corona rischia di uscire dall’inchiesta, Jessica Pulizzi rischia quindici anni di galera. Ci saranno altri colpi di scena al processo di Marsala? Ma il sequestro di una bambina, la sua vendita a degli zingari è qualcosa che non si confessa, che non si confessa mai: perché sarebbe una colpa troppo grande da portare davanti al mondo.
Come faremo a sapere dov’è Denise, adesso?
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