di Paolo Cochi
Un caso giudiziario infinito, sul quale son stati versati fiumi di inchiostro tra libri ed articoli di giornali. Un’indagine durata moltissimi anni, ancora non giunta all’epilogo. La sentenza di non luogo a procedere risale al 20 aprile 2010. In essa il Gup Dr. Micheli sentenzia che «Narducci si suicidò: nessun doppio cadavere» . Nessun omicidio, quindi. Mille pagine di motivazioni con cui sono stati prosciolte una ventina di persone – tra cui alcuni familiari del medico perugino – dall’accusa di associazione a delinquere. A questa sentenza il P.m. Mignini ha presentato ricorso.
Ma la vicenda sembra non conoscere la parola fine, in quanto é in arrivo un libro dal titolo “48 Small”: in 500 pagine di Alvaro Fiorucci tutte le ‘verità’ sul caso. Nuovi verbali e intercettazioni sulla morte del giovane gastroenterologo. Il titolo si riferisce alla taglia d’abiti del giovane gastroenterologo, che non era la stessa indossata dal cadavere trovato nelle acque del Trasimeno. L’autore, il giornalista Alvaro Fiorucci, caporedattore della Rai dell’Umbria, si è occupato dei delitti e dei “gialli” degli ultimi degli ultimi 35 anni.
“48 Small” uscirà in contemporanea con il Festival del Libro in programma nel prossimo autunno a Perugia. Abbiamo intervistato il giornalista umbro per avere qualche anticipazione e le sue impressioni personali inerenti la vicenda.
1) Un caso che non finisce mai, dalla metà degli anni 80 a tutt’oggi. Come mai il nome di Francesco Narducci entra nella vicenda del mostro?
Ci sono più fonti – ritenute veritiere dall’accusa e dalla parte civile (la moglie di Francesco Narducci, Francesca Spagnoli) e non attendibili o prive di fondamento dalla famiglia – che riferiscono come il nome di Francesco Narducci sia stato in una lista di sospetti prima della morte del medico perugino. In particolare, almeno dalla perquisizione dell’ospedale di Ponte a Niccheri, dove il gastroenterologo avrebbe svolto consulenze. Anche il giorno della sua scomparsa la Squadra Mobile di Perugia ha svolto servizi in relazione ai delitti fiorentini. In parte a Foligno dove il padre dirigeva il reparto di Ginecologia e dove Francesco Narducci era molto conosciuto. È comunque un dato inconfutabile che nel 1987 l’interesse su Francesco Narducci e le circostanze della sua morte furono al centro delle investigazioni della Procura della Repubblica di Firenze. Evidentemente collegamenti forti al punto da provocare accertamenti specifici da parte dei segugi del Mostro dovevano per forza essere emersi. Agli inquirenti sicuramente era arrivata qualcosa di molto più sostanzioso di una semplice diceria o di una persistente favola metropolitana. È inoltre di innegabile suggestione il fatto che il Mostro non ha più colpito dopo l’8 ottobre 1985.
2) Perche’ le indagini Perugine sono partite così tardi negli anni?
Le prime indagini, quelle del 1985, furono subito archiviate perché la magistratura prese per buoni i rapporti della polizia e dei carabinieri: tutto lasciava supporre – riferirono le autorità -che era avvenuta una disgrazia. Caduta dal motoscafo o suicidio, non c’erano elementi per ipotizzare l’intervento di altre persone e quindi per sospettare un omicidio. Una convinzione apparentemente così evidente che si ritenne di non procedere neppure all’autopsia. Le indagini sono poi state riaperte soltanto nei primi anni duemila per puro caso, per accertamenti su telefonate anonime con protagonisti che nulla avevano a che fare con gli omicidi delle coppiette trattandosi di un banale caso di stalking per un corteggiamento respinto. Comunque, visto che nelle telefonate si parlava di Pacciani e di Narducci, si decise di approfondire. Gli inquirenti – stupiti – si trovarono di fronte a un numero impressionante di persone che ritenevano di sapere del Mostro e delle frequentazioni toscane di Francesco Narducci. Per alcune testimonianze si trovarono riscontri per altre no. Ma a questo punto il fascicolo era incardinato e, come si dice, la macchina della giustizia aveva preso una certa direzione, quella della verifica fino in fondo di tutto: voci, sentito dire, testimonianze anche di seconda e terza mano. Una strada che non è stata percorsa fino in fondo: a novembre, ad esempio, è attesa la pronuncia della Cassazione su una recente sentenza del giudice delle indagini preliminari. Se il ricorso della procura avverso questa sentenza dovesse essere accolto, si dovrà aspettare almeno altri dieci anni prima di una determinazione definitiva almeno dal punto di vista giudiziario.
3) Risulta che il medico fu “attenzionato” già dalla metà degli anni 80 dalla Procura Fiorentina, e il caso fu archiviato perché il medico era all’estero per studio, quindi una sua ipotetica partecipazione cadde.
Non la pensa così oggi la Procura della Repubblica di Perugia che sostiene – in base ad alcune lettere e alle lacune documentali trovate dalla polizia americana -a che il medico avrebbe avuto il tempo per rientrare in Italia e partecipare al duplice omicidio che avvenne in quella settimana. È altresì vero, in quanto riportato nelle motivazioni della sentenza del 2010, che il giovane medico , in concomitanza del delitto degli Scopeti nel settembre 1985 dal giorno 8 al giorno 11, si trovava a Rochester (Minnesota) come riscontrato dai timbri del suo passaporto e dalle ricevute dei pagamenti effettuate con la sua carta di credito, oltre che alla testimonianza del suo collega di stanza. Sono due delle tante ricostruzioni che giungono a conclusioni diametralmente opposte. Comunque, i viaggi di studio negli Stati Uniti furono considerati circostanze importanti per escludere il giovane gastroenterologo, perché si riteneva che a uccidere le coppiette fosse un serial killer solitario e che per questo tutte le volte a uccidere doveva essere per tipologia criminale sempre la stessa persona. Sappiamo che potrebbe anche essere andata in maniera diversa viste, ad esempio, le condanne definitive di Vanni e Lotti.
4) Questa vicenda del Trasimeno é caratterizzata da molte vox-populi, di cui non si riesce mai a capire l’origine. Perché?
Perché evidentemente qualcuno ha messo in giro la voce che all’inizio prese a circolare negli ambienti medici ed ospedalieri frequentati dal gastroenterologo. Fonti ipotizzano di soggetti che avevano interesse a far del male ad una famiglia stimata e potente, altre riferiscono di notizie riservate uscite dagli ambienti investigativi fiorentini, altre ancora di colloqui all’interno delle Logge massoniche umbre e toscane. L’origine, che è precedente alla morte di Francesco Narducci, non è certa.
5) Cosa pensa della recente sentenza di assoluzione del Gup Micheli e delle motivazioni della stessa?
È una stroncatura senza riserve delle ipotesi accusatorie (ossia che l’omicidio sia un grande depistaggio), è una bocciatura netta e severa del lavoro coordinato dal pubblico ministero Giuliano Mignini, è la pietra tombale su ogni ipotesi di collegamento diretto tra Perugia e Firenze. Però, tra una raffica e l’altra di giudizi negativi, anche il gip Micheli lascia aperta la porta all’ipotesi di un suicidio dovuto alla paura di conseguenze del coinvolgimento che si nega. Ma a novembre, come dicevo, la Corte di Cassazione potrebbe riaprire i giochi processuali.
6) Perché non ritiene plausibile l’ipotesi del malore o del suicidio?
Io non dico che malore o suicidio non siano plausibili. Non competono a me, cronista, affermazioni di questo tipo. Mi risultano però più suggestive e convincenti le ipotesi che legittimamente possono essere avanzate a fronte della mancata autopsia, dei certificati di morte corretti con il bianchetto, della data di morte sbagliata sul feretro, delle misure desunte dalle fotografie e dall’autopsia successiva alla riesumazione che possono portare agevolmente ad ipotizzare due cadaveri diversi, quello ripescato il 13 ottobre 1985 a sant’Arcangelo di Magione e quello oggetto di necroscopia a Pavia. E il fatto che il giovane medico facesse uso di meperidina, un oppiaceo antidolorifico, può essere indice di una personalità complessa e non per forza depressa e incamminata verso il suicidio.
Da cosa risulta che il giovane medico avesse frequentazioni fiorentine?
Viene data per certa una sua consulenza con la Menarini industria farmaceutica molto nota, andava al mare all’Elba, il suocero aveva uno stabilimento dolciario in Val di Pesa ………A parte questi dati di contorno, ci sono le testimonianze delle prostitute della zona di san Casciano, che vanno prese con le molle però ci sono, nonché i riconoscimenti da parte di alcuni testimoni che pure risultano agli atti, un controllo al casello autostradale di Valdichiana che fa sorgere più di un sospetto ….insomma, Firenze in quanto Firenze non è così lontana.
8) Il suo libro in uscita conterrà dei nuovi punti di rivelazione sulla vicenda? E quali?
Nessuna rivelazione in quanto tale, ma una rilettura degli atti con l’integrazione di documenti, trascrizioni di interrogatori e di intercettazioni ambientali e telefoniche che non sono tra le carte ufficiali dell’inchiesta. Quindi fatti con più particolari, ipotesi con appoggi più solidi, carte con notizie mai rese pubbliche. Non è una controinchiesta la mia: è la ricostruzione di un quadro le cui linee fondamentali sono tracciate da una decina di inchieste che tutte insieme, contemporaneamente e unitariamente non sono mai state rivisitate. È un lavoro che aiuta a farsi un’idea con cognizione di causa. Uno strumento di penetrazione della complessità oggettiva della vicenda.
9) Ci può dare un’impressione finale sulla vicenda del”mostro di Firenze”? Le sentenze rispecchiano la verità oggettiva e storica del caso?
Non sempre c’è corrispondenza tra verità dei fatti e verità giudiziaria. Noi come cittadini dobbiamo accettare per vera la verità giudiziaria. Ma questo non ci deve impedire di avere le nostre idee che siano collimanti o meno con la verità giudiziaria. Questa vale come per tutti i grandi misteri italiani sia per il Mostro di Firenze che per la tragica fine del dottore di Perugia.