Molto spesso le persone che si rivolgono agli inquirenti o alle varie trasmissioni televisive sostenendo di aver incontrato una persona scomparsa lo fanno in buona fede. Molto spesso, queste testimonianze si rivelano fondamentali per risolvere il caso in questione. Ma non va sempre così.
È di ieri sera la notizia che l’avvistamento di Matthias Schepp con le figlie Alessia e Livia in un centro commerciale di Cantù non è da ritenersi attendibile: “Schepp – ha detto il procuratore di Foggia Vincenzo Russo durante la trasmissione tv Quarto Grado – in quel periodo (metà gennaio, n.d.r.) era in Svizzera e non poteva essere a Como”. Non è la prima volta che nei casi di scomparsa o di omicidio vengono fatte segnalazioni che poi si rivelano del tutto infondate, basti pensare al recente caso di Yara Gambirasio, la giovane ginnasta di Brembate di cui ancora non si sa nulla, o a Denise Pipitone, ai fratellini di Gravina, a Sarah Scazzi: la lista è davvero molto lunga. Ma oltre al comprensibile errore umano, oltre al desiderio di aiutare una persona in difficoltà che può spingere un individuo scrupoloso a fare una segnalazione, bisogna mettersi in guardia dai cosiddetti mitomani, che possono rischiare di rallentare o addirittura di sviare le indagini.
Il Professor Massimo Di Giannantonio, psichiatra dell’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti, ha rilasciato un’interessantissima intervista all’agenzia Adkronos Salute in cui spiega nei dettagli questo fenomeno: “Innanzitutto il mitomane è una persona con scarsa autostima, un’infanzia difficile e frustrante alle spalle, nel corso del quale non si è sentita apprezzata, amata, capita. Persone che hanno fallito i loro progetti esistenziali, solite addossare ad altri le colpe dei loro fallimenti. Eterni bambini, con gravi ferite psicopatiche. Dei Peter Pan cattivi, incuranti del dolore che provocano per conquistare un briciolo di notorietà.Alla base di questi personaggi – continua lo psichiatra Di Giannantonio -c’e’ una strutturazione mentale che gli addetti ai lavori definiscono ‘falso sé’. Trattandosi di persone altamente frustate, che non hanno riconoscimenti ne’ tantomeno si sentono valorizzate, sfruttano ogni occasione utile per avere un po’ di fama, un concetto strettamente legato alla stima e all’accettazione sociale. Inventano autoconvincendosi di aver detto il vero, rischiando qualsiasi cosa pur di sentirsi finalmente considerati e al centro dell’attenzione”.
Ma c’è anche un’altra categoria di persone che rischia di cadere nella tentazione di fare una segnalazione del tutto infondata: “Si tratta – spiega Di Giannantonio – di quelle persone che temono di trovarsi in situazioni analoghe e immaginano l’insopportabile dolore che ne deriverebbe. Pensiamo a una madre che teme di perdere i suoi figli e si identifica in Irina Lucidi, la mamma delle due gemelline. In questo caso, si mente sperando di poter lenire un dolore temuto. Anche in questo caso – conclude lo psichiatra – si tratta di persone malate”.
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