Il 5 maggio 1998, a due anni dall’omicidio di Nada Cella, il padre Bruno Cella, di fronte alle indagini ancora impotenti nella ricerca dell’assassino della figlia, dichiarò che la famiglia non si sarebbe mai rassegnata: “Vogliamo che sia scoperta la verità sulla morte di Nada. Non chiediamo vendetta ma solo giustizia. Dopo due anni, continua a regnare il buio assoluto. Abbiamo, però, l’impressione che noi familiari siamo rimasti le uniche persone interessate a scoprire l’assassino”.
I genitori di Nada Cella, ripensando al giorno dell’omicidio e alle indagini nei mesi successivi, hanno affermato: “Abbiamo rammarico per il lavoro compiuto dagli inquirenti perché, a nostro giudizio, non sono stati vagliati con l’adeguata cura tutti i particolari che potevano aprire uno spiraglio nella vicenda. Secondo noi, la verità va ancora cercata all’interno del palazzo dove si è consumato l’episodio. Chiavari è una città piccola e sicuramente qualcuno non ha detto tutto quello che sapeva alla Polizia”.
Una pervicace ricerca di giustizia, un forte desiderio di chiarezza, un invito a parlare e a raccontare quello che si è visto o sentito in quel tragico 6 maggio 1996. Così i genitori di Nada Cella non hanno mai smesso di rincorrere la verità sull’orrendo delitto della figlia. Si erano anche appellati al Papa e al Presidente Scalfaro.
Per papà Bruno, però, la ricerca si è spezzata tragicamente il 30 luglio 1999: all’età di 61 anni, Bruno Cella rimane vittima di un incidente d’auto nei pressi del cimitero di Rezzoaglio, il cimitero dove riposa la figlia Nada. L’auto esce di strada in una curva e finisce in una scarpata rotolando per dieci metri. Bruno Cella viene sbalzato fuori e muore all’istante.
“Caro Bruno, ora sai quanto cercavi con desiderio, passione e tenacia”, disse il parroco di Rezzoaglio durante l’omelia pronunciata il giorno del funerale di Bruno Cella.
NADA CELLA, LA SEGRETARIA DI CHIAVARI