Roma, 9 maggio 1997
La mattina di venerdì 9 maggio 1997, intorno alle 11.40, Marta Russo, studentessa al terzo anno di Giurisprudenza, sta passeggiando con l’amica Jolanda Ricci all’interno dell’Università La Sapienza di Roma, in un vialetto tra le facoltà di Scienze Statistiche, Giurisprudenza e Scienze Politiche. Improvvisamente si sente un tonfo sordo e Marta si accascia, colpita alla testa da un proiettile vagante. Subito soccorsa, viene trasportata al Policlinico Umberto I, dove si cerca in tutti i modi di rianimarla. La sua agonia dura alcuni giorni e finisce nella notte tra il 13 e il 14 maggio. Marta Russo muore a soli 22 anni.
Ma cosa è successo, da dove è partito lo sparo che ha colpito Marta Russo e chi e perché ha sparato? Il colpo potrebbe essere partito dalla finestra di uno dei bagni di Statistica, dove si trovano particelle compatibili con la polvere da sparo, ma ben presto le indagini si concentrano sul dipartimento di Filosofia del Diritto della Facoltà di Giurisprudenza, in particolare sull’aula 6, situata al primo piano. Sul davanzale della finestra viene trovata una particella binaria composta da bario e antimonio, compatibile, anche se non in maniera univoca, con la polvere da sparo.
Maria Chiara Lipari, assistente del direttore dell’Istituto di Filosofia del Diritto Bruno Romano, dichiara di aver visto nell’aula 6, la mattina poco dopo il delitto, una donna e due uomini, uno dei quali armato. Nonostante i tentativi di far tacere la Lipari, in seguito ai quali verrà anche arrestato e poi prosciolto il Professor Bruno Romano con l’accusa di favoreggiamento, queste persone vengono individuate: l’uomo armato è l’assistente del dipartimento Giovanni Scattone, gli altri due sono Francesco Liparota, usciere dell’Istituto, e Gabriella Alletto, segretaria. Viene coinvolto anche Salvatore Ferraro, collega di Scattone: Ferraro, secondo le dichiarazioni della Alletto, era anch’esso in quella stanza e avrebbe nascosto nella sua borsa la pistola utilizzata da Scattone, probabilmente una calibro 22 a canna lunga mai più ritrovata. Ferraro e Scattone, inoltre, sono stati sentiti fare discorsi sul “delitto perfetto” e, visto che non conoscevano Marta Russo, potrebbe essere questo il movente dell’omicidio. Ma questa ipotesi non convince, così come, ad oggi, ancora molti aspetti di questa vicenda lasciano aperti dei dubbi. Si batte anche la pista dell’omicidio politico o mafioso, dello scambio di persona o del colpo partito per sbaglio. Molte persone vengono coinvolte e poi prosciolte, solo Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro restano ufficialmente i colpevoli dell’inspiegabile omicidio di una giovane e bella studentessa che, in una calda giornata di maggio, passeggiava per i viali della sua Università.
GIOVANNI SCATTONE E SALVATORE FERRARO: IL PROFILO DEGLI IMPUTATI