La prima volta che in Italia abbiamo sentito parlare di BPA (Bloodstain Pattern Analysis) è stato nel 2002, in riferimento al caso di Cogne. La camera da letto di Annamaria Franzoni, dove era stato ucciso il piccolo Samuele Lorenzi, era piena di schizzi di sangue e, proprio grazie allo studio della loro forma e delle loro traiettorie – la BPA appunto – è stato possibile stabilire la posizione dell’assassino e identificarlo con la madre del bambino.
Da allora, la BPA è diventata una componente determinante dell’attività investigativa, dal momento che offre la possibilità di ricostruire con precisione la dinamica omicidiaria e, spesso, di individuare l’arma del delitto.
Un’altra alleata fondamentale per inchiodare un assassino è la prova del DNA, come ci dimostra, tra i tanti, il caso Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio. Ma la prova del DNA, per essere valida, ha bisogno di una serie di procedure ben precise e protocollate, che riguardano la fase del sopralluogo, del repertamento e della custodia delle tracce biologiche.
Di questo e di molto altro si parlerà nel corso proposto da Legalgenetics per il 12 e 13 gennaio 2019, dal titolo “Le tracce biologiche sulla scena del crimine – procedure di studio e repertazione”, con docenti d’eccezione quali la genetista Marina Baldi, il criminalista Nicola Caprioli e il tossicologo forense Luigi Sabbatella. Legalgenetics è un’associazione che si occupa di alta formazione in ambito scientifico-forense, oltre ad offrire essa stessa servizi di consulenza. Per avere maggiori informazioni e scaricare il modulo di partecipazione potete consultare il loro SITO INTERNET, oppure scrivere una mail a formazione@legalgenetics.it
di Valentina Magrin