E’ possibile uccidere e poi dimenticarsi di averlo fatto? E’ possibile descrivere l’assassino in un modo e poi cambiare idea, disegnandolo nel modo opposto? E’ possibile descrivere perfettamente la scena di un crimine senza esserci mai stati, senza averlo commesso? E fingere di essere un’altra persona così bene da ingannare tutti e dimenticarsi chi si è realmente, è possibile? La risposta a tutte queste domande è sì.
Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani sono gli autori, già noti al pubblico degli appassionati di truecrime, di “Amnesie. Dalla strage di Erba al delitto di Cogne” (Sovera, 2018), un libro basato sugli atti processuali e che ripercorre il loro viaggio dentro questi due casi fondamentali della nostra cronaca nera recente. Ed è il loro settimo libro insieme. Dopo aver gettato luce su numerosi cold case italiani -tra cui l’omicidio di Pier Paolo Pasolini- in questo libro Sanvitale (giornalista investigativo) e Palmegiani (esperto della scena del crimine) visitano i luoghi del delitto di Cogne e della strage di Erba, studiano gli atti, parlano con gli esperti, indagano nei misteri della mente e della testimonianza, spiegano i luoghi comuni dell’accusa e della difesa. Le domande che restano sospese a mezz’aria, ora che le sentenze sono definitive, sono infatti ancora quelle.
Annamaria Franzoni ha dimenticato quello che ha fatto? E siamo sicuri che Olindo e Rosa siano i veri colpevoli? O forse erano loro, ma le prove portate in giudizio erano a ben vedere inconsistenti? Indagando di nuovo su questi omicidi, gli autori investigano anche e soprattutto i meccanismi della memoria, le invisibili distorsioni dei ricordi, i mille modi in cui falsiamo la realtà a nostro uso e consumo, anche nella vita di tutti i giorni. La novità è questa. Attraverso gli studi compiuti dalla Psicologia della Testimonianza, questo libro che si legge d’un fiato e che usa un linguaggio facile, esplora non solo la mente di un’assassina e di un testimone, ma anche la mente di tutti noi. Entra il più possibile nei pensieri dei protagonisti di quei delitti, per raccontare quanto quello che vediamo spesso non è la realtà, ma una serie di autoinganni che sono come un gioco di specchi. Crediamo di vedere e non abbiamo visto. Raccontiamo la nostra versione della realtà, della piccola porzione che abbiamo potuto vedere, ma con tanta sicurezza da riempire anche i vuoti di ciò che non vedemmo. Capire un omicidio è molto più difficile e richiede molto più equilibrio di un giudizio al volo su Facebook.
Anche per questo, cercare la verità di un delitto è un’arte difficilissima e affascinante. Come ci ricorda questo libro.
di Redazione CN