I serial killer: oggetto di curiosità, odio, morbosità. Tutto e il contrario di tutto. In mezzo a questo ci sono molti falsi miti che li riguardano. Qui a CN li abbiamo raccolti e ve li presentiamo. Purtroppo il cinema ha avuto un ruolo fondamentale nel confondere le idee all’opinione pubblica: ma i professionisti dell’ambiente sanno bene che le cose stanno diversamente. Pronti? Cominciamo.
1. Non è vero che sono tutti bianchi: rispecchiano la stessa distribuzione razziale della nazione in cui si trovano, cioè la proporzione tra bianchi, neri, ispanici, africani, asiatici. Ci sono stati serial killer di colore (Wayne Williams), ispanici (Ricardo Ramirez), italoamericani (Kenneth Bianchi e Angelo Buono), africani (Ezzedine Sebai) e così via.
2. Non è vero che uccidono solo per una connessione tra sesso, piacere e morte: quasi sempre ci sono motivazioni plurime, che possono cambiare anche di omicidio in omicidio (rabbia, psicosi, guadagno economico, gusto del brivido…).
3. Non è vero che sono tutti disadattati: è una spiegazione comoda. Per qualcuno con un quoziente di intelligenza sotto la media (Henry Lucas e Ottis Toole, Arthur Shawcross), ce ne sono altri con un’intelligenza superiore (John Gacy, Gary Heidnick).
4. Non è vero che non sono inseriti socialmente: Robert Lee Yates era un pilota pluridecorato e Dennis Rader un membro della chiesa Luterana, che aveva ricoperto incarichi pubblici. E’ raro trovarne uno privo di una specializzazione professionale e competenze specifiche. Lo stesso vale per Gacy (aveva gestito un Kentucky Fried Chicken) o Ted Bundy (volontario di una linea anti-suicidi e attivista politico).
5. Non è così netta la distinzione tra “organizzati” e “disorganizzati”: è quella classica impostata dall’Fbi, ma nella pratica ogni killer può avere caratteristiche di entrambe i gruppi o evolvere dall’ uno all’altro.
6. Non è vero che agiscono solo su grandi distanze. Chi l’ha detto? Tanti si sono mossi solo nella loro città, come il Green River Killer o la coppia Homolka-Bernardo, o Christie…potremmo continuare.
7. Non è vero che lasciamo sempre la “firma”. Cioè un elemento non necessario all’omicidio, ma che rappresenta una loro necessità psicologica profonda. Magari lo facessero sempre! La polizia ci metterebbe molto meno a ricollegare i casi tra loro! Anzi, sono casi rari, quando succede (lo facevano Alberto De Salvo e Michele Profeta).
8. Non è vero che non possono smettere di uccidere. E’ uno degli equivoci più grandi e diffusi e non c’è bisogno di pensare che neòl frattempo siano finiti in carcere, in manicomio o chissà che. Il maggiore coinvolgimento in attività familiari, la scoperta di soddisfazioni sessuali diverse hanno fatto interrompere il BTK Killer (Dennis Rader) per 14 anni. Lo stesso Jeffrey Dahmer, Peter Kurten e il Mostro di Firenze hanno avuto latenze lunghissime tra un delitto e l’altro (dopo il delitto del 1974 il Mostro di Firenze ricompare nel 1981). Invece i Maniaci di Dnepropetrovsk avevano zero latenza: uccidevano tutti i giorni.
9. Non è vero che vogliono essere catturati: anche questo è un fatto raro. La famosa lettera “vi prego, fermatemi, ucciderò ancora” l’abbiamo vista poche volte. Sì, David Berkowitz scrisse qualcosa di vagamente simile; e anche Luigi Chiatti. Ma sono eccezioni. I serial killer vengono presi sempre per un eccesso di sicurezza che li fa sbagliare.
10. Non è vero che hanno avuto tutti un’ infanzia carica di abusi: è successo a molti, ma ad altri no. Ad Arthur Shawcross non era successo, a Ted Bundy e HH Holmes nemmeno.
11. Non è vero che iniziano ad uccidere solo da adulti: Peter Kurten iniziò da adolescente, Santo Godino da bambino, Dorothea Puente da anziana.
12. Non è vero che sapere il loro movente è decisivo per prenderli. Non serve un movente per prendere un serial killer o anche un assassino non seriale, ma tracce e prove. Una volta che sappiamo il movente non ci facciamo niente.
13. Non è vero che sono sempre portatori di disturbo psichiatrico: è solo un modello hollywoodiano. Sono rarissimi i serial killer giudicati incapaci (totalmente o parzialmente) di intendere e volere. In Italia Marco Furlan e Wolfgang Abel hanno avuto la seminfermità, ma sono un’eccezione.
14. Non è vero che prendono sempre un feticcio: è solo un modello hollywoodiano. Lo facevano Jack lo Squartatore e il Mostro di Firenze, ma gli altri?
15. Non è vero che sono tutti belli come Bundy: anche questo è solo un modello hollywoodiano.
di Fabio Sanvitale