“Laggiù tra il ferro – Storie di vita, storie di reclusi” è il nuovo libro di Nicodemo Gentile: Avvocato cassazionista che tratta prevalentemente diritto penale, originario di Cirò in provincia di Crotone, Calabria, da anni si occupa di vicende di rilevanza nazionale come l’omicidio di Sarah Scazzi, Roberta Ragusa, Teresa e Trifone, Melania Rea, Guerrina Piscaglia, il delitto dell’Olgiata, dove è stato il legale degli imputati. Il libro è stato pubblicato dalla casa editrice “Imprimatur” il 23 novembre scorso, distribuzione Rizzoli Libri. È costituito da 175 pagine.
Grazie al suo impegno con le associazioni e le comunità, è diventato un importante punto di riferimento legale e umano. Il suo libro raccoglie le storie di tutti coloro che vivono la loro quotidianità dietro le grate di una prigione. Con competenza e professionalità, ha raccontato minuziosamente le condizioni in cui versano la maggior parte dei detenuti nel nostro paese, che hanno perso le prospettive di una vita proiettata al di fuori dalle grate, che non riescono ad accettare la privazione della libertà. Storie che vengono raccontate direttamente dalla voce dei protagonisti: Carmelo Musimeci, Salvatore Parolisi, Manuel Winston Reyes, Angelo Biurikova, che hanno deciso di descrivere la loro vita in carcere. Massimo Picozzi, psichiatra e criminologo, ha curato la prefazione “ogni istituto penitenziario è un microcosmo con i suoi riti, le sue gerarchie. Non puoi conoscerlo, e non puoi conoscere chi lo abita, se non entrandoci , passandoci del tempo. Con l’umiltà di ascoltare e l’intelligenza di sospendere i giudizi. Questo è riuscito a fare Nicodemo Gentile, e questo racconta nelle pagine del suo libro.
Un libro speciale, perché è un libro vero”. Il carcere è un argomento di cui si parla tanto, spesso anche controverso a seguito delle innumerevoli riflessioni che inducono la coscienza a porre molteplici e scottanti interrogativi sotto prospettive variabili. Molti ritengono che la riabilitazione carceraria vada premiata, altri invece che sia fondamentale denunciare le condizioni di reclusione che violano i diritti. Ci sono anche quelli che propongono soluzioni per il sovraffollamento carcerario e altri che hanno vissuto un certo tipo di esperienza, invece, ritengono che non sia poi così male. L’odore del ferro suona come una sveglia mattutina, anestetizzando le pareti di una stanza impregnata di una vernice ormai troppo satura di dolore e ricordi. Dalle grate, i detenuti hanno un ricordo indelebile del momento dell’arresto. “Le manette stringono più il cuore perché mi allontanano dalla mia famiglia e affetti personali” ricorda Manuel Winston Reyes. “Le manette ti stringono i polsi, ma ti lasciano una ferita mortale nel cuore” ricorda Salvatore Parolisi. Poi c’è la scoperta della fede “sicuramente è più adatto come luogo per avvicinarsi a Dio. Per molti è l’ancora di salvezza per continuare ad avere la fede, per credere in qualcosa, per appartenere, per sperare, per sentirsi ancora vivo” ricorda Angela Biriukova. Si parla di 41bis, di rinascita e di storie che si sono cicatrizzate nella memoria di coloro che hanno vissuto il carcere sognando una rivalsa, una libertà oltre la ruggine delle grate fredde e corrose dal tempo.
di Angelo Barraco