Il 17 aprile 2011, dice la legge, Manuel Piredda tentava di uccidere la moglie, Valentina Pitzalis, da cui era separato di fatto dal marzo 2010, con l’unico risultato di ustionarla in modo gravissimo a viso e mani e morire bruciato lui stesso. Accadeva a Bacu Abis, dalle parti di Carbonia. Il 27 marzo 2018, dice la legge, è stata svolta una perizia sulle ustioni riportate dalla Pitzalis per capire se sono compatibili con la versione da lei raccontata. E Piredda sarà riesumato. Che succede? Succede che la famiglia Piredda ha chiesto la riapertura dell’inchiesta, accusando la Pitzalis di aver cercato lei di uccidere loro figlio; e l’ha fatto allegando delle consulenze tecniche (una fotografica, una medico legale, una criminologica). Quando si chiede una riapertura allegando cose, qualsiasi Procura è tenuta a riaprire le indagini come atto dovuto, e questo perché il giudice fa il giudice e non il medico legale: quindi ha bisogno di un perito suo per capire che sta succedendo. Questa riapertura non è quindi un’accusa alla Pitzalis (chiariamolo), ma un’indagine obbligata per capire se c’è qualcosa di nuovo rispetto all’inchiesta del 2011, tanto è vero che il Procuratore aggiunto Gilberto Ganassi sta lavorando a tutto campo: omicidio volontario? Istigazione al suicidio? Omicidio del consenziente? In attesa di sapere che succederà, vediamo in sintesi i principali punti fermi delle indagini del 2011 sulla notte di Bacu Abis. E cosa ne deduciamo noi a CN.
I fatti. Alle 23.26 di quella notte Valentina chiama la sorella per farsi accompagnare da Manuel, cui doveva consegnare un documento che lui le aveva chiesto con grande insistenza, via sms, da ore. Lei le presta l’auto. Alle 23.45 Valentina parte per Bacu Abis, dove arriva circa alle 24. Alle 00.10 parte la chiamata ai Carabinieri dalla vicina Luciana Ghiani, che sente dei colpi dal piano di sopra e poi urla. Nella casa popolare occupata di viale della Libertà 81, dietro la porta d’ingresso del primo piano, c’è il cadavere di Manuel Piredda, completamente bruciato. Dal verbale dei Carabinieri: “In prossimità dei piedi si poteva notare la presenza di un secchio di plastica di colore rosso, ormai appiattito e completamente bruciato, con vicino uno straccio, in parte bruciato, che emanava un forte odore di benzina. (…) Nelle mani, il Piredda indossava dei guanti di materiale gommoso che erano quasi del tutto sciolti”. Nella stanza subito a destra c’è Valentina Pitzalis, che ha bruciato viva per circa 20 minuti; sulla soglia della porta, un accendino giallo.
Vestiti. Valentina non è bruciata completamente perché è freddolosa. Essendo vestita con due maglie, un giaccone e una sciarpa, è bruciata “solo” nelle parti fuori dai vestiti. Cotone, felpe e maglie, poi, non bruciano facilmente come crediamo, se non sono molto molto impregnati di liquido infiammabile. Manuel invece era vestito ben più leggero.
Come è morto Manuel? Si è dato fuoco, oppure è morto prima per i fumi e poi sono arrivate le fiamme. Questa è la versione ufficiale.
Il cadavere di Manuel Piredda. Viene esaminato prima dal medico del 118, poi alle 6.45 in obitorio. E’ un’ispezione esterna: ustioni di primo, secondo e terzo grado su tutto il corpo, con segni di carbonizzazione del collo, testa, mano destra. Nessun medico nota i segni di quella frattura del cranio di cui parleranno i Piredda (lo affermeranno sulla base di quel che dirà loro l’amica di un amico di un dipendente delle pompe funebri). Nessun segno di aggressione.
Perché non ci fu autopsia. Perché i medici non videro su Manuel la presenza di segni di aggressione. Per cui, la sola affermazione che Valentina era riuscita a fare in quei momenti (“E’ stato Manuel”) aveva senso. Ora, l’autopsia non è mai obbligatoria ma sempre discrezionale: decide il Pm. Farla però sarebbe stato giusto: così, la versione ufficiale presta il fianco. E si poteva fare, l’autopsia: anche perché a vista, su un corpo carbonizzato, non si vede un granchè. Cosa si può dire di più, oggi? Si può riesumare e con una Tac vedere se c’è la supposta frattura. Dal midollo si può vedere il livello di carbossiemoglobina, visto che è piuttosto stabile nel tempo. Ma dopo 7 anni non aspettiamoci miracoli.
Gli interrogatori dei Pitzalis. Avvengono mentre Valentina è tra la vita e la morte e quindi –nell’ipotesi che sia stata Valentina a tentare di uccidere Manuel e non viceversa- non possono essere stati concordati in nessun modo tra lei e i famigliari. La sorella: ”Sono a conoscenza che il Piredda faceva un uso smodato di psicofarmaci. Inoltre verso mia sorella aveva una gelosia morbosa. Io ho potuto constatare che nel periodo in cui loro vivevano insieme Manuel seguiva mia sorella in ogni istante, persino in bagno. Difatti tra loro vi erano continue liti, anche perchè il Piredda gli impediva persino di venire a casa nostra o comunque parlare con noi. (…) Inoltre chiedeva in continuazione soldi a tutti i miei famigliari. Faceva debiti per conto nostro nei vari negozi, persino in farmacia si era presentato chiedendo tre scatole del famoso Xanax per conto di mia madre”. Il padre: “Faccio presente che il 1 luglio 2010, mia moglie procedeva ad effettuare una denuncia di tentato furto contro il Piredda, perchè visto alle ore 02.00 che stava per entrare dentro casa nostra dalla finestra del bagno. Faccio presente che il Piredda aveva una gelosia morbosa per mia figlia e cercava in ogni modo di contattatrla e di riallacciare il rapporto, ma mia figlia oramai non ne voleva più sapere. Sono a conoscenza che il Piredda faceva uso smodato di psicofarmaci.”
Cosa dichiara Valentina. Un mese dopo, non appena può parlare, dice: “Ero nell’andito tra praticamente la porta e quella stanza che c’è sulla destra. Lui ha preso l’annaffiatoio verde dalla cucina, chiamiamola cucina, e mi ha gettato questa cosa addosso che mi ha preso in faccia e addosso e io dall’odore ho riconosciuto che era benzina. GIi ho detto: “Manuel, cosa stai facendo? Ma sei matto?” e lui con la faccia cattiva mi ha detto: “Cosa sto facendo?” e mi ha messo fuoco”. Stava andandosene: aveva la faccia alla porta d’ingresso, si è girata ed è successo lì.
Quanto dura l’inchiesta. Si conclude il 22 giugno 2011 e non dieci giorni dopo, come sostenuto da chi ritiene che Piredda sia innocente.
L’inchiesta del 2011. Ecco le conclusioni del Pm De Angelis nel 2011: ”l’unica ricostruzione possibile era quella di un tentativo di omicidio commesso da Manuel ai danni di Valentina, eseguito il quale Manuel trovava la morte sulla via di uscita dall’abitazione, verosimilmente perchè soffocato dall’intenso fumo che aveva invaso la casa e, a quel punto persi i sensi, aggredito dal fuoco”. Dai Piredda non arriva nessuna opposizione all’archiviazione: inizieranno ad attaccare solo quando uscirà il libro della Pitzalis, “Nessuno può toglierti il sorriso”, scritto con Giusy Laganà: “il libro è scritto con bugie e mezze verità”, dice Roberta Mamusa, madre di Manuel.
Nella prossima puntata valuteremo le accuse contro la Pitzalis e trarremo le nostre conclusioni.
di Fabio Sanvitale