Si torna a parlare della misteriosa morte di Madalina Pavlov, la ragazza di 21 anni che viveva a Reggio Calabria con la madre e la sorella e che il 21 settembre 2012 è precipitata dal sesto piano di una palazzina di Via Bruno Buozzi 5F. Per il momento il caso non verrà archiviato.
E’ questa la decisione presa dal giudice Raffa, che nel corso dell’udienza tenutasi al Cedir di Reggio Calabria, dove si sarebbe dovuto decidere sull’archiviazione delle indagini, ha riacceso una speranza. L’avvocato Domenico Bruno, legale di Gabriella Cutulencu, madre di Madalina, ha sostenuto fortemente l’opposizione all’archiviazione. Mary Petrillo, consulente dei Pavlov: “Si commetterebbe un grave errore ad archiviare, perché Madalina è stata uccisa e perché dalla nostra relazione di consulenti, dopo aver esaminato le carte, emergono degli spunti che meriterebbero un approfondimento investigativo”.
Madalina Pavlov era una ragazza molto attiva nel sociale, che lavorava in una pizzeria in Corso Vittorio Emanuele. Il 21 settembre del 2012 sembra un giorno come tanti altri: termina il suo turno alle 15.00 e incontra il suo ex fidanzato in un bar, parlandoci fino alle 17.45. Il ragazzo poi va a lavoro e ci rimane fino a tarda serata. Madalina invece chiama un’amica che vive a Napoli e le dice che sta per realizzare il suo più grande sogno: il trasferimento in Australia. Poi avrebbe dovuto recarsi al lavoro alle 19: ma stranamente non si presenta. La trovano alle 21, in via Buozzi. E’ caduta dal tetto e vicino al corpo ci sono i suoi effetti personali: la borsa con il telefonino, il portafoglio e oggetti di vario genere tra cui un foglietto con su scritto “Via Bruno Buozzi”, e la chiave della porta del terrazzo. Come mai Madalina si trovava in quel posto? Dagli accertamenti è stato appurato che non conosceva nessuno degli inquilini. Come è entrata in quel palazzo? Perché proprio in via Bruno Buozzi? Il caso è seguito dal Crime Analysts Team, un gruppo di esperti formato da Mary Petrilo, criminologa, da Rossana Putignano, psicologa, psicoterapeuta, e da Aida Francomacaro, psicologa giuridica e psicoterapeuta.
Nel dicembre del 2016, il precedente avvocato della famiglia Pavlov ricevette una lettera anonima presso il suo studio romano, in circostanze molto strane. Un foglio piegato in quattro conteneva informazioni precise: “Avvocato, le scrivo questa lettera per farle sapere alcune verità sul caso di Madalina. Non voglio apparire ma neanche portarmi sulla coscienza le cose che so. Madalina aveva iniziato una relazione con un uomo molto più grande di lei, con interessi nel palazzo. I due si vedevano in un appartamento del palazzo. Madalina voleva non nascondersi più e lasciarlo se lui voleva continuare a vederla di nascosto. Diceva che avrebbe parlato se lui non si fosse deciso”. La lettera apre certamente scenari fino a quel momento ignoti: “L’uomo è molto più grande di lei, uno che non vuole essere nominato, ha la sua famiglia e le sue cose, soprattutto cose. Attaccato al materiale. Uno in vista”. E conclude: “Lui è uno conosciuto come persona per bene, un insospettabile. E’ scuro di pelle, di mezza età con un viso particolare. Conosco questi particolari perché io e Madalina eravamo amiche. Speravo che arrivaste alla verità ma gli anni passano. Un’amica”. Chi è l’autrice della lettera?
Quella sera si stava svolgendo a Reggio la manifestazione annuale Happy Run: tante le associazioni che partecipavano alla manifestazione, compresa l’ Unitalsi, alla quale apparteneva la stessa Madalina. Ma la sera del 21 settembre 2012, non partecipò alla manifestazione che si tenne sul Lungomare Falcomatà. Come mai? Quella sera c’era movimento, il palco era a quasi 300 metri in iinea d’aria con Via Bruno Buozzi e le persone uscivano di casa alle 20.30, in direzione Lungomare, per il ritiro del kit per la corsa. Era già buio perché il sole tramontava alle 18. Nessuno ha visto Madalina?
di Angelo Barraco