19 ottobre 1945. Un giorno come tanti. Per fortuna, pensano in molti. Perché la guerra è finita da poco, ed è troppo presto perché tutto torni alla normalità. Per il momento, però, la ritrovata tranquillità basta e avanza. Forse, la vedeva così anche Angela Barrucca, 34 anni, sposata con un commerciante romano, Pietro Belli; grazie a quel matrimonio, aveva potuto lasciare la provincia, e adesso viveva a Roma, in piazza Vittorio, al 70, con il marito e tre figli. Quella mattina, Angela esce di casa per accompagnare i due figli più grandi a scuola; Gianni, invece, ha solo due anni, è troppo piccolo; così, le farà compagnia al mercato, mentre fa la spesa, e poi a casa, tra una faccenda e l’altra.
Mancano pochi minuti alle nove, Angela è tornata da poco a casa con Gianni; all’improvviso, il campanello. La Barrucca va a rispondere. Un secondo dopo, vorrebbe non averlo fatto. Di nuovo loro. Franca e Lidia, le due sorelle Cataldi. Di Colleferro, lo stesso paese da cui viene Angela, e molto giovani: Franca ha 17 anni, Lidia 22; ma loro, purtroppo, sono state sfortunate. Prima il declino inesorabile dell’attività del padre, un macellaio, che le aveva ridotte in povertà; poi i bombardamenti, che avevano distrutto loro la casa, costringendole a trasferirsi a Cesano; adesso, campavano con la borsa nera, vendendo a qualche conoscente prodotti che in campagna si reperivano più facilmente che nelle città. E grazie alla solidarietà di qualche amica. Come Angela. Lei le aiutava, le sorelle Cataldi. Dava loro abiti, cibo, anche denaro. Però, ultimamente, le sembrava che Franca e Lidia, in realtà, si approfittassero del suo buon cuore. E poi, sospettava che le due le rubassero sempre qualcosa, quando venivano a trovarla. Il rancore verso le compaesane era cresciuto, tanto che Angela si era lamentata della situazione anche con il marito; infine, aveva deciso che non avrebbe dato loro più nulla. Quando è troppo è troppo.
Angela fa salire le due sorelle, magari proprio perché immagina che vorranno spillarle altri soldi: potrà così dir loro, finalmente, che non le aiuterà più, d’ora in avanti. Non sa, però, che Franca e Lidia, quella mattina, non hanno intenzione di chiederle nulla. Nelle ultime visite ad Angela, le sorelle Cataldi avevano adocchiato, nell’appartamento di piazza Vittorio, qualcosa che gli interessava molto: due pellicce di volpe argentata. Erano di Angela, e valevano molto. Moltissimo. Ci si poteva fare i soldi veri, con quei colli di volpe. E c’era anche chi era disposto a comprarli: Adele Marini, una facoltosa signora di Cesano. Un’occasione da non perdere.
Una volta nel salotto, Franca e Lidia aggrediscono Angela e la pestano finché non rovina a terra; poi Lidia, con un coltello da cucina che ha portato con sé, le taglia la gola. Tutto davanti agli occhi di Gianni. Che adesso piange, grida, terrorizzato. Le due lo portano in bagno; poi, Lidia sgozza il bambino nella vasca. Dopo aver messo le pellicce – e altri oggetti – in un paio di valigie, escono dall’appartamento, fanno in fretta le scale e lasciano il palazzo. Abbandonano il coltello su un muretto, vicino ad un parco.
Manca poco alle 10.30. Enrico Ponzi, cugino di Angela, bussa alla porta di casa Belli. E si accorge che è aperta. Pochi secondi dopo si fionda giù per le scale, sconvolto, e urla. Il portiere, Cesare Betti, lo sente; e chiama la polizia. Sono le 10.45. Poco dopo, arrivano sul posto il commissario Luigi Marrocco e il capo della Scientifica Sorrentino. Il portiere dice subito che, secondo lui, ha visto l’assassino. Ovvero, le assassine. Due ragazze, che già altre volte erano andate a trovare la signora Barrucca, e che quella mattina Betti ha visto scendere frettolosamente per le scale del palazzo. Quando gli chiedono chi siano queste due ragazze, il portiere non ha dubbi: Franca e Lidia Cataldi.
Le assassine vengono fermate a piazza Risorgimento, al capolinea della corriera per Cesano; sulle mani, i tagli che si sono procurate durante il massacro. Confessano tutto: dicono di aver chiesto dei soldi alla signora Barrucca, che glieli negò; di averla, perciò, aggredita e picchiata, finché Angela non si era accasciata. Temendo una denuncia, Lidia, l’esecutrice materiale, l’aveva infine sgozzata. Lo stesso valeva per il piccolo Gianni, che poteva riconoscerle. Le due sorelle vengono tradotte alle Mantellate, il settore femminile di Regina Coeli: le aspetta una folla di più di mille persone, per la maggior parte donne, pronte a linciarle; ma si trova una maniera per farle entrare – attraverso i locali della scuola di polizia – e il peggio viene così evitato. Il delitto fa scalpore, a Roma. Il 23 ottobre, al funerale di Angela Barrucca e Gianni Belli partecipa una folla immensa; la stampa stessa ne è impressionata.
In aprile comincia il processo alle sorelle Cataldi. In esso vengono fuori alcuni nuovi elementi: per esempio, durante il delitto, Franca avrebbe cercato di togliere il coltello di mano alla sorella, per impedirle di uccidere il bambino, ma invano; un baluginio di pietà nel buio dell’orrore. E, agli occhi di chi le ha viste, questa dovette essere un’opinione condivisa: in aula Lidia è fredda, distaccata, guarda nel vuoto; Franca, invece, si lamenta, piange. L’11 aprile lo Stato condanna Lidia Cataldi all’ergastolo; Franca Cataldi a trent’anni di reclusione. Il ricorso in appello verrà respinto.
di Salvatore Napoli