Firenze –La Corte di Cassazione ha confermato, in via definitiva, la condanna a venti anni di reclusione per Riccardo Viti, l’idraulico fiorentino di 55 anni che il 5 maggio 2014 ha brutalmente ucciso la 26enne Andreaa Cristina Zamfir a Firenze, in località Ugnano e Calenzano, in una strada secondaria sotto un cavalcavia. Andreaa non era una prostituta che frequentava assiduamente i marciapiedi, lo faceva esclusivamente quando aveva bisogno di soldi. Ma in quella maledetta sera di maggio del 2014, ha incontrato Riccardo Viti, che non ha avuto pietà di lei, del suo fragile corpo e della sua vita già segnata da una scelta di rinunce e compromessi. La sua morte è stata violenta e dolorosa, il fitto buio delle campagne toscane non ha saputo raccogliere il suo grido di aiuto. Un bastone nel retto le ha lacerato lentamente l’intestino cagionandole un’emorragia e l’impossibilità di liberarsi dovuta alla crocefissione al palo, che ha inficiato irrimediabilmente sulla dolorosa fine. Era scappata dall’Albania per cercare fortuna in Italia, ma probabilmente non era riuscita a concretizzare le aspettative e i tanti progetti che l’avevano costretta a lasciare la sua famiglia e i suoi affetti, quindi era stata costretta a mercificare il suo corpo al Parco delle Cascine per poter vivere. La sua famiglia era all’oscuro di quanto lei facesse, non sapeva dove risiedesse la giovane, inoltre avevano perso i contatti negli ultimi dieci giorni.
Riccardo Viti è stato condannato a venti anni grazie al rito abbreviato che gli ha garantito lo sconto di un terzo della pena; sia in primo grado che in appello era stato condannato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale. Viti è stato accusato inoltre di violenza sessuale aggravata, lesioni, rapina e sequestro di persona ai danni di altre cinque prostitute che portava nello stesso posto. Una prostituta ha raccontato di essere riuscita a salvarsi grazie all’abbaiare di un cane che ha messo in fuga Viti. “Sono addolorato, non avrei mai pensato a una cosa così terribile, non ho mai avuto il pensiero né la volontà né l’idea di uscire di casa per uccidere una persona, chiedo umilmente perdono alla famiglia di questa persona, non mi sono mai sognato che potesse morire o che fosse in pericolo di vita” sono queste le agghiaccianti parole pronunciate in aula da Riccardo Viti durante le precedenti udienze. Venerdì 15 maggio 2014 alle ore 9,04, il sostituto procuratore Paolo Canessa apre ufficialmente il fascicolo d’indagine e inizia l’interrogatorio fiume. Riportiamo stralci dell’interrogatorio pubblicati precedentemente dal quotidiano La Nazione: “Dopo che la ragazza ha cominciato a urlare mi sono fatto prendere dal panico e non ho pensato ad estrarre il legno che le avevo spinto dentro con veemenza. Ho avvertito subito che avevo commesso qualcosa di grave. La cosa è andata oltre ciò che io volevo fare. Non era mia intenzione di uccidere la ragazza, ma in quel momento ero nel panico. Ho pensato alla mia famiglia e ho preferito scegliere di tenermi dentro il rimorso ma di tornare a casa. Mi dispiace. Non sono partito da casa con l’intenzione di uccidere”. Viti agiva sempre negli stessi luoghi perché “mi consentivano di agire con tranquillità senza essere visto da nessuno mentre legavo le donne e facevo quello che volevo fare”. Nel corso dell’interrogatorio fiume parla poi di Andreaa “Quando siamo arrivati a Ugnano, dopo averla legata, ho cominciato a sculacciare la ragazza e quindi sono passato a infilarle dentro il bastone. Quando ho sentito la ragazza urlare, dopo che ho spinto con veemenza il bastone e lei ha cominciato a strillare, sono scappato per la paura e le ho lasciato il bastone dentro. L’operazione è durata una decina di minuti”. Nei bar, nelle piazze e nei centri di aggregazione qualcuno tornava a parlare di Mostro e altri invece di “Cicci, il mostro di Scandissi”.
l’avvocato Nicodemo Gentile, legale rappresentante di una prostituta vittima di Viti, ci racconta “Io difendevo una ragazza serba che aveva accettato di avere contatti sessuali con lui, ma poi era stata immobilizzata ed era stata costretta a dei rapporti con l’utilizzo di una bottiglia di Bacardi. Probabilmente poteva succederle quello che è successo alla Zamfir, ma l’abbaiare di un cane aveva fortunatamente messo in difficoltà Viti, che aveva lasciato la ragazza legata ed era scappato. La ragazza che è stata uccisa poteva essere salvata se lui le avesse prestato soccorso. Invece l’ha lasciata immobile con quelle lesioni, con quelle emorragie che poi inevitabilmente l’hanno portata alla morte. La difesa dice che lui ha sempre e comunque cercato in modo aperto questi rapporti, rendendo consapevoli di quello che voleva fare anche le donne. Cosa che invece le donne hanno sempre negato perché lui in nessun caso aveva avvertito che avrebbe voluto utilizzare manufatti o addirittura una bottiglia.”. Abbiamo chiesto all’Avvocato Gentile come ha reagito la comunità a seguito di questa vicenda: “ io ho visto parecchia attenzione su questo caso, anche perché la cosa che ha maggiormente colpito in questa vicenda è che questo soggetto –come spesso accade- era conosciuto, nell’ambito delle sue relazioni, come una persona mite, come una persona molto riservata e chiusa. Bisogna fare i complimenti alle autorità che sono riuscite subito a ricostruire la vicenda attraverso un mondo torbido in cui erano state segnalate persone per reati legati alla sessualità, il rapporto con le donne, la prostituzione”.
Abbiamo parlato anche con la Dott.ssa Rossana Putignano, Psicologa Clinica, Psicoterapeuta Psicoanalitica Responsabile della Divisione Sud e della Divisione di Psicodiagnosi Neuropsicologica e Forense del CRIME ANALYSTS TEAM.
“L’introduzione di falli metallici e bollenti nel corpo di una donna possono condurre a emorragie fino a provocarne il decesso. Mi pare ovvio, non occorre essere un medico per immaginare una simile crudeltà e le conseguenze che la vittima può riportare fino al suo decesso. Coloro che fanno uso di tali pratiche, generalmente, sono individui sadici e iposessuali, incapaci di avere relazioni mature che possano integrare sessualità e tenerezza e si rivolgono alle prostitute viste come oggetto da sodomizzare. Il fine è sempre quello di godere di un senso di onnipotenza e di sperimentare un potere sulla vittima, un potere che nella loro vita, probabilmente, non hanno mai avuto. Purtroppo, queste deviazioni sessuali e psicopatologiche hanno la loro origine nell’infanzia. Noi psicologhe del CRIME ANAYSTS TEAM possiamo ben immaginare l’infanzia di Viti e di tutti coloro che arrivano ad uccidere negando a se stessi in primis, la loro pericolosità sociale. Questi individui sono altamente pericolosi e ad alto rischio di recidiva perché si tratta di stupratori seriali. Purtroppo, non esiste alcuna forma di riabilitazione di questi individui; modesti successi li ha ottenuti la psicoterapia cognitiva ma comunque essa risulta sempre infruttuosa e poco risolutiva. Non esiste vero pentimento in questi individui perché mancano di empatia, di pietas verso la vittima e, la convinzione con cui essi sostengono il gioco erotico finito male, riuscirebbe a convincere chiunque sul fatto che non avrebbero potuto mai desiderare la morte del loro partner sessuale occasionale.
di Angelo Baracco