Era novembre come oggi, era l’11 novembre del 1981. Erano le 16.25. Tonio Martinelli rientrò a casa, a Fasano, in Puglia, e sentì odore di bruciato. Poi sentì dei lamenti, li seguì e trovò la sorella in fiamme, nel bagno, in piedi sul piatto doccia. Stava cercando di aprire l’acqua, ma da tempo immemorabile di pomeriggio, a Fasano, l’acqua mancava. La spense e corse in ospedale. Trovò anche una lettera sul tavolo; la consegnò ai carabinieri. La sorella aveva ustioni al 70%.
Con la lettera in mano e la grafia di Palmina, per i militari la faccenda fu semplice: suicidio. Palmina era depressa per come veniva trattata in famiglia: doveva badare a tutti, il padre disoccupato, e poi le voci su sua madre, la sorella Franca che si vendeva. Solo che ai sanitari, ai familiari, a tutti Palmina in agonia raccontò un’altra storia: erano stati Giovanni Costantini, 19 anni (suo fidanzato) e il suo fratellastro, Enrico Bernardi. Le avevano messo fuoco perché volevano farla prostituire, così come Bernardi già vendeva Franca, 20 anni, nel bordello di sua madre, vicino Martinafranca. Ma Palmina non voleva. Passano 3 settimane e muore. Passano 8 anni e la Cassazione scrive definitivamente che non sono stati loro, perché è stato suicidio. Resta la voce di Palmina, la sua accusa (la sentite qui). Passano 32 anni e finalmente, nel 2012, altri giudici dicono che “ragionevolmente” fu omicidio: sono quelli di Brindisi, che però non riescono a dare un nome ai colpevoli e archiviano, nel 2015. Passano 36 anni ed è oggi. Quell’archiviazione è stata annullata dalla Cassazione e ora indaga Bari.
Costantini & Bernardi sono stati assolti, all’epoca, con formula piena, perché il fatto non sussiste: l’unica condanna fu a 5 anni, per sfruttamento della prostituzione. Oggi, Bari indaga sì a carico di ignoti, ma per omicidio volontario aggravato. Ci sono due Pm donna, Simona Filoni e Bruna Manganelli. Se si è uccisa, come ha fatto a coprirsi il volto con le mani? Tornano domande che risuonarono già in Assise. Se si è uccisa, perché quella lettera inizia con la grafia di Palmina ma finisce con quella di un altro? Se si è uccisa, perché ha ripetuto e ripetuto ancora, prima di morire, “entrano Giovanni ed Enrico e mi fanno scrivere che mi ero litigata con mia cognata. Poi mi chiudono nel bagno, mi tappano gli occhi, mi mettono lo spirito e mi infiammano”? Se è accertato che Costantini non era quel giorno a fare il militare a Mestre, se Franca ha mostrato come le avevano marchiato il nome “Enrico” sulla pelle e ha raccontato che volevano vendere pure Palmina, cosa ha impedito a ben tre Corti di aprire gli occhi e capire? Perché non è bastato?
Non è bastato perché quella lettera fu vista come quella di una suicida (in realtà Palmina voleva ingenuamente fuggire con Costantini, prima di capire, quel pomeriggio, che le sue intenzioni erano ben altre: la lettera è un addio alla famiglia, non alla vita, completata dagli assassini per dare l’idea del suicidio), perché si pensò che il contesto di degrado familiare fosse la causa, perché Tonio trovò la porta chiusa dall’interno a doppia mandata, perché quel pomeriggio stesso Palmina aveva affrontato in piazza Bruno, un ragazzo che sparlava di lei. Ma poi arrivarono suo padre e suo cognato che la rimproverarono, schiaffeggiandola, come se l’avesse provocato lei. Già, perché stava in piazza invece di starsene a casa? Succedeva a Fasano, nel 1981. Alle 16 la riportarono a casa. Poco dopo il suo destino si compiva. Sembrava logico.
Se per la legge italiana non si può processare due volte chi è stato già assolto, che senso ha questa nuova indagine, che non può essere rivolta a Costantini & Bernardi? Lo abbiamo chiesto a Mina Martinelli, sorella di Palmina, che porta avanti questa battaglia di giustizia. Oggi ha 51 anni. Ne aveva 15 allora, uno più della sorella. “Se dicono che loro non sono stati, allora andiamo in cerca di questi ignoti. Loro dicono che sono perseguitati da me. Dicono che non sanno perché Palmina ha fatto i loro nomi, ma che motivo avrebbe avuto di farli? Se ha dato quei nomi vuol dire che sono quelli”.
Come furono le indagini all’epoca? “Non vennero a fare una fotografia, non c’è un reperto, niente! Già dall’inizio sono partiti con l’idea del suicidio. Sono partiti male. Tutto quello che ha fatto Brindisi all’inizio sono stati errori. Ci hanno lasciato pulire il bagno, dopo 3 giorni, perché i carabinieri ci dissero che potevamo farlo”. E infatti sul pavimento del bagno c’erano un ciuffo di capelli macchiati di sangue, ma vai a sapere di chi erano: al sopralluogo il medico legale non c’era, perché se era suicidio a che serviva?
Mina, come si spiega l’omicidio, se la porta era chiusa dall’interno? “Mia madre notò che c’era una finestra aperta in corridoio ed è da lì che sono usciti, dove rimase anche un’impronta; e noi vivevamo a piano terra”.
Eravate 11 figli più i vostri genitori, Mario e Madia. Palmina doveva badare alla casa e ai fratelli, a 14 anni. Doveva già essere grande, donna di casa e bambinaia, a un’età in cui grandi non si è mai. Come facevate? “Mio padre era disoccupato nel senso che non aveva un lavoro stabile, faceva sempre lavoretti, comunque. Mia madre era a servizio a Brindisi. L’unica soluzione per sfamare 11 figli era che lavorassimo tutti: il mio salario –avevo 15 anni- se lo prendeva lei, mica lo tenevo io”.
L’anno prima, il 1980, il Tribunale dei Minorenni era intervenuto per togliere Palmina ad una famiglia così disgregata e incasinata e l’aveva affidata ai servizi sociali di Fasano: unico problema, il Tribunale non sapeva che quei servizi non esistevano. Palmina era restata a casa e chissà, se le cose fossero andate diversamente, oggi sarebbe ancora viva. Lo stesso anno, invece, conosce Costantini, 18 anni, appena uscito di galera. “Penso che Palmina se non fosse successo quello che è successo se ne sarebbe andata da Fasano, come ce ne siamo andati tutti. Chissà che vita avrebbe avuto…”.
Come ti spieghi che Costantini & Bernardi (nella foto in alto) siano sempre stati assolti? “L’ambiente familiare può aver influenzato la valutazione dei giudici, certo…All’epoca si diceva che forse anche mia madre si vendesse, a Brindisi, non lo so: io ci ho vissuto pochissimo a casa, dai 15 ai 17 anni, altrimenti ero a collegio e poi sono andata via”.
Secondo te, cosa è successo quel giorno? “I soldi fanno gola. Erano intenzionati a questo, non a ucciderla, volevano portarsela via. L’alcool era a casa, i Minerva li avevano loro perché Franca lo dichiarò”.
E ora, che ti aspetti? “Che mi aspetto? Che qualcuno esce e dice che ha visto qualcuno, chiunque esso sia. Io comunque andrò fino alla Corte Europea, non mi fermerò fino all’ultimo, fino a che non darò realmente giustizia a mia sorella. Palmina è passata per suicida, per bugiarda, per falsa. Meno male che ci sta la sua voce, sennò sarebbe andata al dimenticatoio. E io non avrei potuto fare niente”.
di Fabio Sanvitale