Sono davvero due delitti che si guardano allo specchio, quello di Garlasco e quello di Perugia? Le vittime sono due ragazze, uccise in casa loro, i luoghi sono quelli della provincia italiana, entrambi racchiudono il loro mistero in errori investigativi. Cinque processi per ognuno. Valentina Magrin e Roberta Bruzzone hanno scelto di confrontarli in questo libro, di esaminarli ai raggi X e di spiegare perchè si è arrivati a due sentenze di cui solo una soddisfa la nostra voglia di giustizia. Per farlo, i capitoli scorrono confrontando in parallelo le due storie alla luce dell’ultima telefonata che le attesta in vita, delle cause di morte, dell’ora del delitto, dei testimoni, del racconto degli imputati, dei rispettivi processi, della ricerca dell’arma, delle indagini sul traffico telefonico, sui pc, sui dati genetici e le impronte. Non manca niente.
Ne esce un quadro preciso ed esaustivo, che aiuta il lettore a capire come sono andate le cose al di là dei facili isterismi modello Facebook, degli schieramenti da stadio, delle polemiche fatte per vendere i giornali. La giustizia che si applica nei tribunali (e non solo in quelli italiani) non serve a capire come sono andate le cose, come molti credono, ma solo a stabilire se l’ipotesi accusatoria proposta è giusta o no. Quell’ipotesi: e non altro, e non un’altra. E allora, se le indagini e le deduzioni che portano a quell’ipotesi sono corrette, si avrà una sentenza, ma se sono sbagliate le premesse, se le prove non sono sufficienti, anche la sentenza sarà viziata. Così è stato. Se non ci fosse stato quell’errore nella repertazione del gancetto (il famoso gancetto del reggiseno di Meredith), sarebbe stato un altro processo. Se le prime perizie sulle suole delle scarpe di Stasi fossero state fatte come le seconde, sarebbe stato un altro processo. A Garlasco si è fatto in tempo a rimediare e inchiodare Stasi alle sue responsabilità assassine, a Perugia è andata così solo in parte. Errori investigativi: perché le indagini le fanno gli uomini e gli uomini sbagliano, si sa. Non ci sono complotti: ci sono esseri umani. Ed è umano (nel senso colpevole del termine, non è una giustificazione) il maresciallo Francesco Marchetto che alla fine verrà condannato per falsa testimonianza: non aveva sequestrato quella bici nera della famiglia Stasi che, se l’avesse fatto, avrebbe consentito di risolvere il caso con due processi in meno. La legge non è amministrata da un Dio infallibile e giusto, almeno su questa terra.
“Delitti allo specchio” è un libro molto utile: utile a capire, a districarsi tra i meccanismi delle indagini che un atteggiamento di pancia non consente mai di comprendere fino in fondo. Utile ad avere sottomano tutti gli elementi per farsi un’idea. Chiara Poggi e Meredith Kercher: due processi con molte prove che potevano esser lette in un modo o nell’altro. Ora che la polvere si è posata e che la verità e figlia del tempo, ecco che Valentina Magrin e Roberta Bruzzone ci possono spiegare come andarono le cose, partendo ordinatamente dall’inizio. E si spiegano le scelte dei giudici, anche quelle che hanno creato feroci polemiche a Perugia e che oggi fanno dire alla famiglia Kercher di sentirsi delusi dalla giustizia italiana.
Se nel caso di Garlasco il libro spiega molto chiaramente perchè Alberto Stasi s’è meritato i suoi 16 anni in cella, se Rudy Guede ha lasciato un milione e mezzo di tracce nella villetta di via della Pergola, chi sono gli ignoti con cui avrebbe ucciso, se non sono Raffaele e Amanda? Le stranezze di certi loro atteggiamenti sono delle prove? Quel vetro rotto a Perugia cosa significa? Un tentativo di far credere a un furto andato male? Si fa fatica a rassegnarsi alla fallibilità umana, stavolta.
di Fabio Sanvitale
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