Tira una brutta aria a Firenze, nell’inchiesta sul Mostro. Paolo Canessa, procuratore capo a Pistoia e Luca Turco, Pm nel capoluogo toscano, come sapete, hanno puntato due personaggi. Di uno si sanno già tot cose: Giampiero Vigilanti, classe 1930, ex sergente dei paracadutisti della Legione Straniera. Dell’altro si sa ben poco: Francesco Caccamo, medico di base, che dovrebbe essere il mandante. Ma come sono usciti i loro nomi?
Che c’entra Vigilanti. Il 16 settembre 1985 -dopo il delitto di Scopeti- i carabinieri lo interrogano sulle pistole che possiede; il 29 settembre 1985 gli perquisiscono casa a Poggio a Caiano, dopo una telefonata anonima. Gli trovano 32 proiettili dello stesso tipo di quelli usati per i delitti (assai diffusi, anche se non più in produzione) e tanti ritagli di giornale su fatti di cronaca, tra cui i delitti del Mostro. Nel novembre del ’94 litiga col vicino, quello gli manda i carabinieri a casa e trovano altri 176 proiettili. Dopo di che, esce di scena.
Un falso serial killer. Fino a che un paio d’anni e mezzo fa, l’avvocato Vieri Adriani , che rappresenta le famiglie delle vittime francesi dell’ultimo delitto del Mostro, quello degli Scopeti, non ha cominciato a farsi l’idea che il Mostro fosse in realtà una creazione di apparati deviati dello Stato che, insieme a terroristi di destra, s’erano finti serial killer per distrarre l’opinione pubblica da altre emergenze. Le prove? Come, non vi eravate accorti che il delitto del 1974 ricordava una strage nazista del 1944 e che il ’74 è lo stesso anno dell’Italicus? Che il primo delitto del 1981 è dello stesso anno della P2? Che il secondo duplice omicidio dell’81 arriva poco dopo la morte di Roberto Calvi? Solo che quello del 1974 è un delitto che non venne minimamente ricollegato ai successivi fino al 1981: come poteva creare una psicosi che distraesse dalla strage dell’Italicus? Fatto sta che l’avvocato si convince che Vigilanti è coinvolto e fa il suo nome in Procura. Così, tutto si rimette in moto. Sono 2 anni che interrogano l’ex legionario.
Maliziosamente. Solo che quando è trapelato il suo nome i giornalisti hanno dato per scontato che la teoria dell’avvocato fosse stata ripresa al 100% dalla Procura. E infatti, con che sicurezza Repubblica titolava, il 25 luglio: “I delitti del mostro di Firenze e la strategia della tensione “erano collegati“. Ma collegati de che? Avete mai visto un serial killer creato a tavolino? E notate l’uso delle virgolette nel titolo, per dare più credibilità a una notizia non verificata. Una pura invenzione, come l’ha bollata il Procuratore della Repubblica di Firenze Giuseppe Creazzo: perché era un’ipotesi dell’avvocato, non della Procura! Ma, se si indaga su qualcuno, bisogna vestirgli i panni del Mostro…
Il vestito di fango. Così, hanno cominciato a cucirglielo. Per Repubblica, Vigilanti conosceva Pacciani (sai quanti lo conoscevano…) e ha abitato nella stessa strada di Salvatore Vinci, altro sospettato storico (se è per questo, chi vi scrive usa la stessa farmacia del condannato per un noto delitto. Se uccide ancora, posso essere coinvolto?). La Nazione va oltre: Vigilanti è “legato agli ambienti dei servizi segreti. Si racconta che organizzasse campi di addestramento sulla Calvana, negli anni della P2 e di Gladio”. Si racconta, si dice, sembrerebbe… Se fa troppe dichiarazioni è sospetto, se sta zitto sta lanciando messaggi. Ancora, stesso giornale: “Vigilanti si arruolò nella Legione subito dopo la condanna di Pacciani, nel 1952. Un’altra coincidenza?”. Certo, sai quante cose sono successe nel 1952? Ancora: “L’ex legionario è stato accompagnato nei luoghi dei delitti. Dice e non dice. Sembra però sapere”. Solo che non lo hanno mai accompagnato da nessuna parte. Il resto è un trionfo di condizionali da far girare la testa: “E anche secondo i racconti di Vigilanti – che in alcuni frangenti farebbe dichiarazioni contro se stesso, ma non è chiaro riguardo a cosa – i delitti delle coppiette sarebbero stati compiuti da più persone. E le vittime non sarebbero state del tutto casuali”.
Le parole che non ti ho detto. È quando si parla del dottor Caccamo, però, che si resta a bocca aperta: perché Vigilanti non lo accusa affatto, come invece riportano i giornali. Gli sono state messe in bocca cose che non ha detto. Al Gazzettino del Chianti chiarisce infatti: “E’ stato il mio medico condotto. Faceva anche il dentista, mi sono servito da lui fino a quando non tornò a Dicomano. Sono stato semplicemente un suo paziente, come tanti altri“. Invece, La Nazione scrive con sicurezza: “Un medico ordinava i delitti”. Si dà per scontato che abbia fatto delle dichiarazioni compromettenti, che lui smentisce. “Sui giornali ‘un c’è neanche la metà di quello che dico io”, si lamenta in un’intervista che ci fa ascoltare il regista Paolo Cochi.
Vigilanti è calmo. Lui, intanto, non nasconde affatto una foto in cucina della sua vecchia Lancia Flavia rossa (sui luoghi dei delitti di Vicchio e Scopeti fu vista una Fiat 128 coupè rossa, ma sono proprio due auto con la coda diversa) anzi aggiunge candido al Gazzettino : “Può essere anche la mia: lì a pochi passi dalla piazzola abitava mia madre, ci andavo in macchina“. Non nasconde di aver avuto in casa pistole (tra cui una calibro 22), regolarmente possedute ma rubate nel 2013 da un suo vicino di casa, che ha denunciato con nome e cognome.
Chiamate il medico. Comunque, questa cosa che dev’esserci per forza un mandante e che dev’essere un medico è ormai una fissazione che rasenta il ridicolo. Anzi. E’ ridicola. Prima doveva essere il professor Narducci, ma da morto non si è riuscito a costringerlo nel ruolo. Poi il farmacista Calamandrei, accusato dalla moglie che non gradiva il divorzio. Assolto. Invece di smetterla, ora vanno sul medico condotto, Caccamo appunto, definito dalla Nazione “non a caso medico di Vigilanti”, come se avere un ex legionario per paziente sia prova di colpevolezza. Se non è stato neanche Caccamo, tra qualche anno spunterà l’infermiere perverso. Solo che i serial killer non hanno mandanti. Ma forse i Compagni di Merende erano così improbabili come colpevoli che l’unico modo per dare loro un senso resta mettergli sopra, a tutti i costi, qualcuno che ha studiato.
di Fabio Sanvitale
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