Se partiamo dalle definizioni il criminologo è uno studioso o se preferite un cultore di criminologia, ossia della disciplina che studia il delitto nella sua realtà oggettiva e nelle sue cause, divenuta poi una scienza interdisciplinare autonoma, riunendo in sé l’antropologia criminale, la psicologia criminale e la sociologia criminale. Così recita – più o meno – l’enciclopedia Treccani.
L’investigatore privato – invece – è colui che, fornito di specifica licenza, svolge indagini per conto di terzi e raccoglie informazioni e prove di varia natura e per diversi fini.
La figura del criminologo, grazie alla TV, negli ultimi anni ha riscosso una certa popolarità, ma si tratta davvero di uno studioso che si limita esclusivamente alla ricerca accademica? Davvero no. Sappiamo bene quanto i criminologi possano rientrare come consulenti nei processi penali.
Bisogna chiarire, innanzi tutto, che la figura del criminologo è atipica e sic et simpliciter non sussiste, esiste – invece – un giurista criminologo, uno psichiatra criminologo, uno psicologo criminologo, un sociologo criminologo. Non può esserci insomma un laureato qualsiasi che si metta a fare il criminologo…. Non esiste un Albo in quanto non si la considera una professione, bensì una specializzazione da conseguire tramite Master.
Dopo di che il criminologo può ottenere un mandato dalla magistratura, dalla difesa (avvocati),dalla parte civile (i familiari delle vittime) per singoli casi. Nel 2000 però la riforma del codice di procedura penale (Legge 7 dicembre 2000 n. 397) ha introdotto nuove figure come i consulenti tecnici (CTU/CTP) o gli investigatori privati autorizzati. Si tratta di consulenti con un alto grado di specializzazione in qualche materia e di una legge che ha innovato la figura dell’investigatore privato.
Adesso mi viene un dubbio. Come mai, per quanto riguarda specificatamente le indagini difensive, solo gli investigatori privati debbono essere provvisti di una specifica licenza? Mi spiego meglio. La norma cardine (art. 327 bis c.p.p.) al comma 1 stabilisce che il difensore si può avvalere tanto di un investigatore privato autorizzato quanto di un consulente tecnico, tra cui sono evidentemente compresi i criminologi, mettendoli – di fatto – in una condizione paritaria.
Vi ricordo che per diventare consulenti tecnici o periti in materia penale occorre possedere specifiche competenze professionali e/o tecniche in una determinata materia e richiedere l’iscrizione presso un registro istituito in ogni Tribunale. Occorre – inoltre – essere iscritti in un ordine professionale o – in alternativa – nell’albo dei periti e degli esperti presso una Camera di Commercio.
Tornando alla questione della licenza sembra anomalo che un investigatore privato, già munito di regolare licenza ai sensi dell’ex art. 134 del TULPS, valida per operare in ambito civile, per occuparsi anche di indagini penali debba richiedere una specifica autorizzazione: bastava – probabilmente – assimilarlo ai consulenti tecnici o periti.
Oppure si può fare il ragionamento contrario. Perché allora un criminologo, ossia un consulente tecnico o perito non ha necessità di possedere alcuna licenza specifica per poter compiere indagini di natura penale?
Se si prova a sostenere la tesi per cui anche un criminologo dovrebbe essere provvisto di licenza per svolgere indagini al pari di un investigatore privato in molti obietteranno che si tratta di “professioni” diverse, del resto abbiamo appurato che siamo di fronte, più che tutto, di una specializzazione. Però un dubbio legittimo viene, su come il giurista o il decisore politico abbia utilizzato due pesi e due misure.
Io sono, in definitiva, per una liberalizzazione dell’attività dell’investigatore privato, anche perché ritengo che la licenza non sia più idonea a salvaguardare il consumatore o la cittadinanza (specie dopo l’introduzione del D.M. 269/10 che mette sullo stesso piano i professionisti che hanno acquisito il titolo con le regole del vecchio ordinamento e quelli post-riforma). In più le associazioni professionali, ai sensi della Legge 4/2013, possono assolvere bene i compiti di “controllo” in oggi esercitati dalle prefetture, rendendo obsolete tali autorizzazioni che costituiscono un ostacolo all’accesso delle professioni contro gli orientamenti europeisti.
di Alessandro Cascio
Presidente Associazione Professionale Investigazioni e Sicurezza