“Noi non parliamo, non commentiamo e non cambiamo idea”, queste le uniche parole di Roberto Cavani e Saverio Sergiampietri, legali difensori di Antonio Logli, condannato a 20 anni per l’omicidio e occultamento di cadavere della moglie Roberta Ragusa, la donna scomparsa da Gello di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, la notte fra il 13 e il 14 gennaio del 2012 e mai più ritrovata. L’uomo, che non era presente in aula ma che ha atteso la sentenza a casa con i due figli, è stato interdetto dalla “responsabilità genitoriale” con l’obbligo di dimora nei comuni di Pisa e San Giuliano Terme dalle ore 21 alle 6 del mattino. Il giudice, Elsa Iadaresta, non ha accolto la richiesta del Pm di misura di custodia cautelare in carcere per l’uomo.
“Un provvedimento molto fastidioso ma molto intelligente”, ha dichiarato l’Avv. Antonio La Scala, Presidente dell’Associazione Penelope (associazione nazionale dei parenti e degli amici delle persone scomparse), “perché se avesse avuto una misura cautelare come i domiciliari, tutto il periodo scontato ai domiciliari, fino alla sentenza definitiva, lo avrebbe potuto decurtare dalla pena finale. In questa maniera, invece, se i vent’anni dovessero risultare definitivi, Logli li sconterà interamente in carcere”. L’Avvocato ha inoltre specificato che “l’interdizione dalla responsabilità genitoriale potrà essere rivista e annullata solamente nel caso in cui Logli, sempre a sentenza definitiva, dovesse essere assolto. Qualora, invece, dovesse essere confermata la condanna gli rimarrà l’interdizione perpetua dalla responsabilità genitoriale”. La Scala ha poi fatto presente l’intenzione di rinunciare alle pretese risarcitorie “perché chiedere un risarcimento a Logli significherebbe aggredire il patrimonio dei suoi eredi, cioè i suoi figli, e non sarebbe corretto. Nonostante la soddisfazione a livello professionale, a livello umano” continua “ne esce una famiglia distrutta, due figli che non hanno più un padre giuridico ma solo naturale e probabilmente fra qualche anno non lo vedranno più perché andrà in carcere, una madre che non si sa che fine abbia fatto, due figli che ovviamente non escono vittoriosi da questa storia”.
Ad intervenire anche le cugine di Roberta Ragusa, Marika Napolitano e Maria Ragusa, pronte a fare il possibile per avere un rapporto e per stare vicino ai due ragazzi: “Non si gioisce perché questo è un dramma. Se si è resa giustizia non lo so perché comunque è una mamma che manca, una cugina che manca, una nipote e un’amica che manca … certo sentirlo dire in quell’aula è stato un colpo emotivamente molto forte. Speriamo si possa ritrovare il corpo, ma non siamo ottimisti” ha dichiarato Maria; “la consapevolezza che ora non c’è più è triste” ha affermato Marika “si spera sempre, ma a questo punto, invece, capisci che Roberta non c’è più”. Alcune amiche parlano di “un po’ di giustizia, perché la vera giustizia sarebbe quella che lei fosse viva, a casa sua e con i suoi figli. Ma di certo questa non è una vittoria”.
Non sono mancate poi le parole del super testimone Loris Gozi, l’uomo che dichiarò di aver visto la coppia litigare per la strada la notte della scomparsa: “nessuno augura il carcere a nessuno, ma se il Sig. Logli è colpevole è giusto che sconti la sua pena. Questa è la dimostrazione che ciò che ho sempre detto era vero, non mi sono inventato nulla, e per me questo è un sollievo perché io avevo perso il mio lavoro, la mia famiglia, avevo perso tutto … ora mi rimetto in carreggiata, voglio pensare ai miei figli e a mia moglie. Mi dispiace molto per i due ragazzi e se un giorno volessero capire cosa è successo, possono venire da me e io gli dirò tutto. Io ho sempre chiesto giustizia e verità, e oggi sono arrivate”. Il giudice Iadaresta ha fissato a 90 giorni il termine entro il quale depositerà le motivazioni della sentenza di primo grado che, molto probabilmente, porteranno i legali della difesa a ricorrere in Appello.
di Livia Ciatti