Ancori pochi giorni e i giudici emetteranno la sentenza di primo grado nel processo contro Massimo Bossetti. Ieri, nel tribunale della Corte di Assise di Bergamo, si è svolto infatti il rush finale che ha visto la replica delle parti. Esattamente due anni fa il muratore di Mapello veniva arrestato con l’accusa di aver ucciso la tredicenne Yara Gamibirasio. Ad incastrarlo, come ha sempre sostenuto il pm Letizia Ruggeri, la presenza del suo Dna nucleare sul corpo della vittima. Un processo lungo, non privo di complicazioni, dubbi e incertezze evidenziate dai legali della difesa di Bossetti che, come più volte abbiamo riportato, hanno sempre messo l’accento sulle ombre di quella che è considerata la prova regina, cioè il Dna.
La Corte ieri ha accolto la richiesta, da parte dell’accusa, dell’assenza di telecamere per la sentenza che avrà luogo il 1° luglio, giorno in cui anche l’imputato avrà diritto di parola. Il motivo, secondo il pm, sarebbe infatti l’eccessivo “clima avvelenato” che si è venuto a creare in tutto questo periodo del processo, addirittura sfociato, qualche settimana fa, nel ritrovamento di due buste contenti proiettili con annesse minacce nei confronti del magistrato Letizia Ruggeri e della Corte d’Assise di Bergamo.
L’accusa ha ribadito la validità delle tracce di Dna nucleare che non sono né parziali e né contaminate come avevano sostenuto gli avvocati Salvagni e Camporini, bensì intere e perfette, sottolineando come il Dna nucleare sia l’unico ad identificare un soggetto specifico. Assurde, secondo il pm, le interpretazioni che la difesa avrebbe dato in relazione al ritrovamento del corpo della giovane nel campo di Chignolo d’Isola, ricordando come né il figlio né la moglie di Bossetti (presente in aula) non hanno mai confermato la presenza dell’imputato in casa la sera della scomparsa di Yara.
La replica della difesa, che si è nuovamente rivolta ai giudici, è stata quella di ricordare le anomalie venute a galla in questa inchiesta con indizi incerti affermando che “il lavoro svolto dalla procura non può essere ritenuto valido”. Tra meno di due settimane la sentenza di primo grado che stabilirà se Massimo Giuseppe Bossetti è colpevole dell’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio oppure no. In altre parole, se la prova del Dna nucleare, di cui si è tanto parlato e dibattuto, sarà considerata valida o meno per condannare all’ergastolo il muratore di Mapello.
di Livia Ciatti