Dissertazioni Criminologiche nell’Italia Pre e Post Unitaria di Vincenzo Lusa, docente di Diritto Penale ed Antropologia della Devianza presso vari atenei italiani, e Beatrice Pecora, giurista e criminologa, è un volume che chi scrive non esita a definire come un’opera meritoria.
Edito per Key Editore, giovane casa romana che racconta del diritto, il saggio stacca il biglietto di un «viaggio criminologico» che, dalla Sicilia alle Alpi, percorre il cammino della scienza forense in Italia, alla ricerca di una griglia concettuale entro cui risolverne l’eredità culturale.
Un’opera meritoria, appunto, che conduce nelle aule tribunalizie lo svolgersi della Criminologia non nei panni di un’anticaglia, bensì nelle vesti di “Principessa del Foro”, la cui disamina, dagli Autori propriamente intrapresa seguendo il carattere dell’interdisciplinarietà (felice criterio che ben si accorda alla definizione della materia trattata), illumina i chiaroscuri del pensiero scientifico passato e la valenza che questi riveste nell’attualità del processo penale.
Otto capitoli che si sgranano sotto gli occhi e le dita di un lettore certamente punto dal fuso della curiosità, in virtù di una trama che poco spazio lascia ai luoghi abusati e stereotipati del sapere criminologico per concentrasi, di converso, sull’ascolto di quelle voci che spesso ed a torto sono silenti alle orecchie della letteratura contemporanea come Napoleone Colajanni e Benigno di Tullio, la cui nomenclatura dei Tipi Criminali ancor problematicamente si riflette negli istituti del vigente codice penale. A tal riguardo, è d’uopo chiosare come il saggio sia, attualmente, l’unico testo a spolverare sugli scaffali del dimenticatoio, l’opera del Di Tullio nel 120° anniversario della sua nascita (1896-2016).
Il libro affronta dunque a viso aperto il sempiterno dibattito che vede contrapposto al determinismo biologico la sua illusorietà, qui rappresentata dalla rilettura del pensiero criminologico di Padre Agostino Gemelli.
Tuttavia, tali tematiche non sono rilegate agli angusti confini del certamen accademico, bensì vagliate alla luce delle Neuroscienze e della Genetica Comportamentale. La parte finale dell’elaborato, infatti, è volta all’analisi di recenti casi giudiziari che sembrano rivelare l’influenza del retaggio antro-criminologico sulla odierna valutazione della pericolosità sociale e sull’imputabilità individuale.
All’interno della monografia vi è poi posto per alcune note circa il brigantaggio ed il crimine d’indole; due fenomeni che ben esemplificano il portato sociale dei comportamenti devianti.
Concludendo è una spedizione, quella di Dissertazioni Criminologiche, che attraversa le espressioni del volto notturo dell’essere umano, seguendo la Nottola di Minerva di un solo precetto: «io so di non sapere».
di Annarita Franza – Docente di Antropologia e Sociologia Università di Firenze