Sono stato per vent’anni nell’ambiente delle arti marziali cinesi (Shaolin-Wushu) e lo conosco molto bene. E ho conosciuto Juan Carlos Aguilar, oggi etichettato da tutti i giornali spagnoli come “il falso monaco shaolin”, arrestato dalla Polizia basca a Bilbao nel giugno 2013, colpevole di avere brutalmente ucciso due donne a distanza di una settimana: Maureen Adisca Otuya (nigeriana, 29 anni, prostituta ) e Jenny Sofía Rebollo Tuirán (colombiana, 40 anni, nella foto in basso). Aguilar confessò che il 25 maggio 2013 aveva ucciso la Rebollo (nella foto qui in basso), e il 2 giugno la Otuya; omicidi rituali con funzione espiatoria, dicono gli esperti.
All’epoca lo stimavo e vi confesso di aver acquistato tanto materiale didattico messo in commercio da Aguilar, perché riconoscevo in lui un “maestro” di alto livello per quanto attiene lo Shaolin-Gongfu. La sua fama in Europa – del resto – confermava questo mio convincimento; e infatti è stato otto volte campione nazionale e tre volte campione mondiale… Un mito. Ma come ha potuto un uomo dedito alle discipline orientali come sistema di vita diventare un duplice assassino?
Seguire in modo totalizzante una disciplina orientale o dedicarsi in maniera quasi maniacale alla pratica di un’arte marziale o di un sistema di combattimento (MMA, KRAV, ecc.), con allenamenti estenuanti, può portare alla perfezione tecnica ma anche trasformarsi in una patologia pericolosa; ed è un approccio sbagliato. Non escludo che certuni praticanti – per fortuna una stretta minoranza – cerchino più o meno coscienziosamente delle “vittime sacrificali” su cui sperimentare l’efficacia delle tecniche studiate in palestra. E’ un aspetto aberrante . Certo, qui si apre la questione se le arti marziali e lo sport da combattimento possano essere diseducative o peggio propedeutiche all’ aggressività, anziché il contrario. Tutto dipende. Un bulletto violento o l’adepto di una gang potrebbero trarne beneficio e un impiegato della FIAT trasformarsi improvvisamente in un brutale prepotente.
Gli esperti (psicologi e pedagogisti) ritengono che i praticanti di arti marziali siano meno violenti dei non praticanti. In altre parole, la ritualizzazione del combattimento e l’autodisciplina implicita nella pratica di questi sport, col tempo, permettono una canalizzazione dell’aggressività ottenendo una riduzione della propensione alla violenza. Molti studi empirici dimostrano che questa pratica sportiva favorisce un incremento dell’autocontrollo, dell’autostima e della sicurezza delle proprie capacità. Ma evidentemente queste teorie con Aguilar non hanno funzionato…
I massimi cultori del Kung-Fu sono i famosi “Monaci di Shaolin”, ovvero religiosi buddisti che certamente associano alla pratica dell’arte marziale una profonda preparazione spirituale e sono – ovviamente – pacifici seppure addestrati al pari delle migliori forze speciali. Le versioni moderne e “occidentalizzate” delle discipline marziali – a mio avviso – possono comportare alcuni rischi perché, se vengono defraudate o troppo immerse nel loro humus spirituale originario, possono istigare comportamenti violenti.
Nel caso del maestro Aguilar tutto lascia pensare al Dr. Jekyll e Mister Hyde, in quanto nessuno poteva mai immaginare ritrovamenti di ossa umane nella sua palestra e nella sua abitazione… quelli della vittima colombiana, squartata e smembrata, dopo essere stata ammazzata di botte con accanimento e perfidia. La donna – una parrucchiera in stato di ebrezza – era stata importunata per strada da uno sconosciuto e Aguilar la protesse, offrendole un passaggio e conducendola nella sua palestra dove – dopo averla ammanettata – la colpì a morte. Poi si fotografò in atteggiamenti osceni vicino al corpo nudo della donna. Il 2 giugno – invece – adescò in un bar la seconda vittima – una prostituta – e dopo aver consumato un rapporto sessuale la percosse ripetutamente, tenendola prigioniera per circa 8 ore, tentando anche di strangolarla con una fune. Le sue grida strazianti furono l’inizio della fine: provocarono l’arrivo della Polizia che trovò la donna agonizzante. Dopo due giorni la Otuya (nella foto qui sotto) morì in ospedale.
Aguilar veniva quasi venerato nell’ambiente, per la sua tecnica eccelsa e per essere diventato il primo ipotetico “Monaco Shaolin” occidentale, rivestendo il grado più alto in Europa a metà degli anni ’90. Un uomo completamento dedito alla spiritualità e alla meditazione, ciò nonostante segretamente e lucidamente crudele. Descritto dalla ex moglie e da chiunque altro lo conoscesse come una “brava persona”. Eppure, oggi si mormora di una colossale truffa, ovvero della possibilità che Aguilar abbia messo in piedi una fine operazione commerciale spacciando titoli inesistenti e trasformando la sua palestra in una setta mascherata da tempio. Tutto è possibile. Adesso si scopre che diverse sue “allieve” avevano una venerazione per il sedicente monaco shaolin e si sono adoperate a pratiche perverse di natura sessuale, in cui Aguilar assumeva il ruolo di dominatore con “giochi” anche molto pericolosi.
Aguilar (compie 50 anni quest’anno) era in cura per un tumore al cervello. Che sia stato quello? I medici diagnosticarono una “ciste aracnoidea nel temporale sinistro, di natura congenita”. Gli prescrissero un farmaco per trattare le alterazioni della memoria e del comportamento. Nient’altro. Forse il monaco fasullo, uomo intelligente e calcolatore, cerca solo di strumentalizzare la sua malattia per giustificare i gesti di cui è stato capace… Ed infatti è stato giudicato mentalmente sano.
Oggi è iniziato il processo e rischia 40 anni di carcere, forse più.
Fatto sta che non esiste alcun controllo e nessuna norma giuridica che faccia riferimento diretto ai cultori di arti marziali. Come non pensare che alla fine alcuni di loro non siano anche o solo picchiatori talentuosi/professionisti? Andrebbero parificati ad un soggetto armato? Si dovrebbe certificare l’idoneità psicofisica di ogni esperto o praticante di arti marziali, verificare che non sia affetto da malattie mentali oppure patologie che ne diminuiscano, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere, e che non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti e psicotrope oppure abusare di alcol.
E – forse – Aguilar lo avremmo fermato in tempo.
di Alessandro Cascio
Segretario Nazionale APIS
Associazione Professionale Investigazioni e Sicurezza
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