Se leggeste come si descriveva: il “Grande Ricardo“! Ogni volta che parlava dei suoi crimini, perlomeno per iscritto, diceva “il Grande Ricardo” ha fatto questo, l’ha colpita lì, le ha fatto vedere che…
Teatro a parte, Ricardo Levya Munoz Ramirez è stato uno dei peggiori serial killer americani, che un librino di Stampa Alternativa riuscì anni fa a descrivere assurdamente come colui che “è riuscito nella difficile impresa di frantumare l’ipocrita barriera del puritanesimo americano degli anni Ottanta“. Bah. Era il 1984-85. E’ uno di quei casi in cui ti chiedi se le cose davvero avrebbero potuto andare diversamente. Forse Ricardo era già più aggressivo degli altri bambini di suo, ma se poi sopra ci metti le punizioni corporali che il padre usava con convinzione e un cugino che, davanti a lui tredicenne, ammazza la moglie e gli fa vedere le foto dei nemici torturati in Vietnam, beh, diciamo che dai una grossa mano al mostro, a uscire. Poi arrivano i primi furti nei supermercati, lo spaccio di droga, i primi stupri, i primi arresti. E lui, che pensa di essere un seguace di Satana solo perchè la religiosissima madre parlava solo di Dio e lui vuole stare all’opposto.
Gli omicidi di Ricardo Ramirez erano frutto di una furia improvvisa: trovava una finestra, una porta aperta, entrava, sparava a chi vedeva, violentava se aveva voglia e andava via. Magari regalando anche un’impronta alla polizia. Erano delitti così casuali che intere città, come Los Angeles e San Francisco, finirono nel panico più totale. Diventavano sempre più selvaggi. Poi Ramirez cominciò a lasciare confusi segni satanici sui luoghi dei delitti (ma era tutta scena). Lasciava però anche molti indizi, bossoli, un cappellino degli AC/DC e, inspiegabilmente, alcuni sopravvissuti, che descrissero un ispanico dai capelli ricci, i denti guasti e l’odore di sudato. Colpiva più volte nello stesso giorno, uccidendo con mezzi sempre diversi. Per la prima volta negli Usa fu usato un database di comparazione delle impronte digitali, per sapere di chi fossero quelle dell’assassino: e arrivarono a lui. La sua faccia finì nei notiziari e la gente lo riconobbe. Risultato, la polizia arrivò in tempo a salvarlo dal linciaggio. La lista delle accuse parlava da sola: 13 omicidi, 5 tentati omicidi, 11 violenze sessuali, 14 furti con scasso.
Puritanesimo? Violenza allo stato puro, semmai. Ramirez, giudicato capace di intendere e di volere, è morto nel carcere di San Quintino, nel 2013.