Prevedere crimini: a Trento, dove nasce il futuro.

Software predittivi: chiudiamo in nostro viaggio in un luogo forse insospettabile, Trento. Qui sta nascendo l’altro progetto italiano per prevedere crimini: si chiama eSecurity. Ci sono dentro Università, Questura, Fondazione Kessler, Comune e un finanziamento dell’UE. Qui trovo Andrea Di Nicola, coordinatore scientifico del progetto. Gli chiedo: come lavora il vostro software, sulla serialità dei singoli casi o contempla una previsione più generale? “Ci riferiamo a fenomeni macro, analizziamo il rischio di aree specifiche della città. Il nostro software non è stato disegnato per predire fenomeni singoli, ma per indicare dove si concentrerà l’insicurezza, il disordine tra un tot di tempo: in modo che le istituzioni possono attivarsi. Ecco perchè la chiamiamo “sicurezza urbana predittiva .  

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Veniamo a noi: di quali dati si nutre eSecurity? “Il primo flusso è quello dei reati avvenuti georiferiti (furti in auto, su auto, in appartamento…), il secondo arriva dalle nostre ricerche sulla vittimizzazione (rispetto sia ai reati denunciati che, importante, a quelli non denunciati) e sulla percezione del disordine da parte delle persone (“ho visto un cassonetto ribaltato” o “ho visto un barbone che infastidiva”; quali quartieri considero a rischio); il terzo flusso arriva dalle forze dell’ordine, che segnalano elementi di disordine (dal graffito sul muro in su), mentre il quarto flusso è quello del livello dell’illuminazione nei quartieri, dei dati climatici o dell’inquinamento, dei numeri relativi all’utilizzo dei trasporti pubblici, delle telecamere, dei flussi di traffico”. Illuminazione? Meteo? Traffico? Gli autobus? E che c’entrano?

In realtà c’entrano. Di Nicola sorride e risponde: “noi facciamo un paio di cose in più rispetto ad altri progetti: non facciamo solo repressione, non inseriamo solo dati di polizia; ma anche quelli della smart city (appunto, quante auto ci sono in un parcheggio, quante passano in una data area ad una data ora, il senso di sicurezza percepito delle persone)”. Così, se si scopre che in una zona c’è correlazione tra crimine e illuminazione, gli amministratori la cambiano e vedono subito che effetto fa. E lo stesso per gli altri valori…

Ma non sarà un limite, che il sistema funzioni meglio nelle smart city? In quelle città dove l’amministrazione comunale gestisce e controlla tante funzioni in remoto, come appunto traffico, illuminazione, ecc? “Beh, eSecurity funziona in ogni contesto urbano, certo nelle città molto tecnologizzate il sistema funziona al massimo della sua potenzialità”.

E’ così che eSecurity fornisce anche interpretazioni, mappe di rischio e spiegazioni sul perché i fenomeni criminali accadono proprio in certe aree più che in altre. Trento è oggi ancora un esperimento, un progetto che sta scoprendo le sue potenzialità e i suoi risultati, giorno dopo giorno. “Dopo tre anni di lavoro siamo a due terzi, stiamo migliorando gli algoritmi predittivi” dice Di Nicola “il progetto europeo finisce a settembre e dopo, per andare avanti, occorreranno risorse politiche. L’obiettivo è quello di esportarlo dovunque sarà possibile farlo”.

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Dietro il progetto ci sono molte teorie di “criminologia ambientale”, ma la domanda ovvia è: Trento e Milano (vedi puntata 2) possono coesistere? Di Nicola dice di sì.  “Abbiamo angoli e prospettive diverse, noi preventivi e loro repressivi, ma possiamo coesistere, assolutamente”, dice Di Nicola. Strano paese, il nostro: in fondo alla classifica europea per disponibilità di banda larga, in cima per i software predittivi. I criminali, comunque, sono avvisati: il tempo in cui la polizia li precederà non è il futuro, è il presente.

(fine puntata 3 di 3)

 

di Fabio Sanvitale

(ha collaborato Chiara Lombardo)