“Avete visto papà in tv?”, chiede Massimo Bossetti ai figli e alla moglie Marita Comi, durante una visita nel carcere di Bergamo il 27 gennaio 2014. Bossetti viene registrato da delle cimici a sua insaputa, si rivolge ai figli cercando, probabilmente, di tranquillizzarli e d’alleggerire la situazione in cui si trova tutta la famiglia. L’unico accusato per l’omicidio di Yara Gambirasio parla di sé come di un vip, descrivendo il momento del suo arresto nel cantiere, “racconta quasi con fierezza quanto accaduto, soprattutto per l’attenzione mediatica attirata su di sé” (questo è quanto annotano i Ros). Sua moglie fatica a credergli ormai, coglie le contraddizioni dalle dichiarazioni del marito, come si evince dalle intercettazioni ambientali di luglio 2014: “Se ti ricordi c’erano i fiori…” sostiene Bossetti, facendo riferimento al campo di Chignolo d’Isola in cui fu trovato il corpo di Yara il 26 febbraio 2011 e dove, lui e sua moglie, si recarono successivamente. Prosegue infatti: “forse c’era anche un pupazzetto mi pare, non mi ricordo, un peluche…e c’erano i fiori…ma io personalmente…”. E Marita Comi lo incalza: “Ma dicono che la conoscevi”. “Non conoscevo niente, nessuno!”, risponde lui alzando la voce.
Questo quanto riportato agli atti delle intercettazioni della Procura di Bergamo, che ha deciso di chiudere le indagini in attesa del processo per il muratore di Mapello (Bergamo). Su Massimo Giuseppe Bossetti pesano le accuse di omicidio volontario della 13enne Yara, a cui si aggiungono le aggravanti di sevizie, crudeltà e la calunnia per aver incolpato dell’assassinio della ragazzina un collega, pur sapendolo innocente. Nonostante quest’ultima accusa, Massimo Bossetti prosegue coi dubbi indirizzando l’attenzione su altre persone: stavolta tocca al padre della 13enne, Fulvio Gambirasio. Bossetti sarebbe convinto che il padre di Yara stia nascondendo qualcosa di “grosso” collegato alla Lopav dei fratelli Locatelli in quanto, quando era andato nel cantiere di Palazzago per effettuare alcune riparazioni, aveva notato che Fulvio non si era scomposto minimamente davanti alle forze dell’ordine che in quei giorni stavano cercando la figlia. Bossetti avrebbe poi confidato alla moglie Marita il timore che sia il pubblico ministero sia gli inquirenti stessero inquinando le prove a suo carico, ricorrendo al prelievo di campioni da collegare a Yara, come fu per lo straccio sporco di sangue lasciato appositamente nel cantiere, ipotesi poi smentita.
“Se sono certi è un guaio. Il mio Dna è sul….è quella la mia fregata!”, sostiene Bossetti in un’intercettazione di luglio 2014, dopo aver appreso il ritrovamento di sue tracce organiche sui leggins della ragazzina. Nelle registrazioni emerge un uomo la cui sicurezza comincia a vacillare, molto distante da quel Bossetti che, durante le prime visite dei familiari in carcere, s’incoraggiava cantando “Guerriero” di Mengoni. Tant’è che in un’ulteriore intercettazione con sua madre al telefono, aggiunge “La scienza non si sbaglia”.
Nonostante la sua difesa abbia sempre contestato gli esiti dell’esame del Dna, Bossetti più volte durante i colloqui in carcere manifesta la preoccupazione per quell’esame che ha portato diritto a lui, al suo arresto. Secondo le intercettazioni rese note il primo marzo, Bossetti intimerebbe addirittura a sua moglie di confermare il suo alibi e nascondere i coltellini sfuggiti alle prime perquisizioni. Ma Marita Comi ha smesso da tempo di assecondare queste richieste, già dal 26 giugno 2014, in una chiamata delle 11.04, avverte il marito. “Non mi sento di dire bugie, Massi, devo dire solo la verità…basta! La dico io e la devi dire anche tu, hai capito? Basta… ”
Forse questa verità taciuta, omessa ed infangata, a poco a poco si sta svelando.
di Barbara Polidori