Luigi Tenco: come smontare le prove del “complotto”.

Seconda e ultima parte della nostra inchiesta. Qui la prima.

La pistola non era nella 219, la trovano il giorno dopo nel cruscotto dell’auto del cantante. Certo, esiste una foto di quella perquisizione nella spider: una pistola è, tra le altre cose, in bella vista, sul cofano. Solo che i complottisti rigirano le cose come servono: Molinari è una mente scaltra quando depista e inquina la scena del crimine, Molinari è uno scemo quando trova l’arma di Tenco nel cruscotto e, invece di nasconderla, la fa mettere sul cofano dall’appuntato. Ricordiamoci anche che Tenco possedeva più pistole.

Foto inedite mostrano ferite lacero-contuse sul viso di Tenco, come se fosse prima stato picchiato. Ma se il medico legale non le notò vuol dire che non c’erano. E poi: come si fa a dire che c’è un ematoma guardando una vecchia foto a bassa definizione? Ah già è vero, scusate: dimenticavamo che è un complotto…il medico ne avrà certo fatto parte.

Il capo di Tenco era fasciato in modo anomalo, all’obitorio: nascondevano qualcosa!  Nascondevano due fori alla scatola cranica con perdita di sangue, ecco che nascondevano. E le fasciature a quell’epoca erano molto più ingombranti di oggi. C’è altro?

Dalle foto si vede che sul viso, sui pantaloni e sull’auto ci sono tracce di sabbia: forse l’hanno ucciso in spiaggia. Qui si raggiunge il top del ridicolo. A parte come si fa a vedere delle tracce di sabbia in delle vecchie foto in bianco e nero, vorremmo ricordare a tutti che Sanremo, per chi non lo sapesse, è sul mare…già, proprio strano che eventualmente ci sia della sabbia in auto!

Il biglietto d’addio non era in stanza, tanto che non è nemmeno citato nel rapporto della Scientifica. Stranissima “prova”, questa, visto che i complottisti sanno benissimo il percorso che quella notte fece il biglietto. E cioè che lo prese Dalida e lo dette alla Polizia più tardi.

La pulizia dell’arma . La pistola sarà restituita al fratello di Tenco, Valentino, il 24 giugno 1967. E Valentino, per vent’anni, non avrà il coraggio di aprire il pacchetto. Quando lo fa, trova la PPK pulitissima, come se non avesse mai sparato. Ma scusate, supponiamo che l’arma fosse tenuta pulitissima da Tenco già da prima, no? Ci sta. Quell’arma esplode un solo colpo: e certo che resta pulita. Che tracce dovrebbe mai recare?

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Tenco aveva scritto un altro foglio, un’accusa al festival, l’hanno fatto sparire. Un foglio in cui Tenco rivelava i giri si scommesse intorno alle canzoni: e per questo l’hanno ammazzato. Questa bella pensata nasce da due discorsi. Il primo è che quando Molinari lesse alla stampa il biglietto d’addio aveva due fogli in mano. Definire ridicola questa “prova” è però dire poco. Qualcuno ha mai letto questo secondo fantomatico foglio? No. E’ agli atti? No. Qualcuno ha mai pensato che poteva essere un qualsiasi foglio d’appunti, di lavoro, un verbale, una qualunque altra cosa? La seconda “prova”, invece,  è che vedendo in foto il biglietto si capisce che ci sono delle parole che affiorano da un foglio che stava sopra. Dicono i complottisti che, proprio con la fotocopia è venuto fuori quello che l’occhio umano non vede: nello spazio bianco sopra “SPERO CHE”, c’è della sporcizia che emerge dal foglio sovrastante. Vi si legge la parola “GIOCO”. A me i complottasti fanno impazzire, perché non si fermano di fronte a nulla: ora scopriamo che un raffinatissimo strumento di esame grafologico è …la fotocopiatrice! Incredibile! Ma parlare con un grafologo, no? Chiediamo allora a Sara Cordella, grafologa che tra l’altro da anni studia le lettere dei suicidi, cosa ne pensa. Fare questo tipo di affermazioni su una fotocopia è come fare un’autopsia su un manichino, tanto è vero che il codice deontologico dei grafologi e la Cassazione stessa (basti per tutte Cassazione Civile . n. 1831;Sez. II, 18/02/2000) vietano di far perizie su fotocopie. Da una fotocopia non si può capire nemmeno che tipo di penna è stata utilizzata, tanto più è impossibile dare interpretazioni su “macchie” presenti sul foglio. Vedere parole emerse dalla “sporcizia” è come guardare le nuvole e vedere cavalli, pesci, case….”. Ma se volessimo comunque controllare? E’ sufficiente avere a disposizione l’originale ed applicare la tecnica ESDA, un macchinario che riesce a riprodurre i cosiddetti “solchi ciechi” che l’impronta di una grafia su un foglio sovrastante lascia sul foglio sottostante”. Appunto: l’Esda. Una fotocopia non dice nulla.

Non è la grafia di un suicida, quella! Cordella: “L’ascendenza del rigo: si dice indichi ottimismo o comunque “aggressività” (?). Niente di più sbagliato. Il rigo ascendente, che Tenco presenta, è anche in altre “lettere d’addio”. Ad esempio, quella di Virginia Wolf e di Pavese. In realtà, la grafia ascendente rappresenta spesso una reazione eccessiva ad uno stato di depressione ed è, comunque, un volersi staccare dalla realtà, rappresentata dal rigo mantenuto dritto”. E ancora: “Scrivere la propria “ultima lettera” implica uno sforzo e un coinvolgimento emotivo unico e non paragonabile a nessun altro scritto. E’ naturale che anche la grafia ne risenta, modificando alcune sue caratteristiche usuali. Il grafologo, perciò, quando si approccia a questo tipo di documento, deve avere tutta una serie di accortezze che gli permettano di stabilire e contestualizzare la grafia che sta “leggendo”. La lettera di Tenco ha tutte le caratteristiche e le variazioni grafiche che la rendono perfettamente coerente in quanto “lettera d’addio”. Traspira sofferenza, emotività, sensibilità”.

La lettera contiene il tipico errore d’uno straniero, prova che il marito di Dalida, Lucien Morisse, (insieme nella foto in basso) è coinvolto. Si tratta di “selezione”, che per i complottisti diventa un sospettoso “sellezione”. Consigliamo, in questo caso, l’uso di un buon paio di occhiali. Non si tratta di “sellezione”, ma di “selelezione”. Cordella: “E’ un semplice e notissimo errore dovuto allo stato emotivo, presente già nei testi degli amanuensi, che non fa concentrare chi scrive sulle singole sillabe (dittografia), facendolo dimenticare cosa aveva scritto nella sillaba precedente”.

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Tenco voleva fare una conferenza stampa il giorno dopo per denunciare le combines sui vincitori di Sanremo, facendo nomi e cognomi.L’hanno eliminato per questo, con l’aiuto della P2. Bene. Ragionate: Tenco vuole denunciare tutti. Bene, in pochissime ore, l’industria discografica si organizza, chiama dei killer lo elimina grazie alla P2. Sul serio…non è uno scherzo…

La firma non è la sua! Troppo diversa! Cordella: “Poniamo l’ipotesi che una persona che abbia voluto riprodurre la firma di Tenco. Che avrebbe fatto? Avrebbe reso l’imitazione attendibile, verosimile. Avrebbe fatto la firma uguale, non dissimile. Esiste poi una legge grafologica, la “legge della direzione attentiva”, che spiega che la prima cosa che sarebbe stata “copiata” è proprio la “L” maiuscola. Proprio questa apparente difformità va a confermare la genuinità della firma, tanto più che il movimento grafico, compresi  gli stacchi di penna dopo la prima “i” e addirittura il puntino della seconda “i” tutto a destra, sono gli stessi di firme precedenti del cantante”. Aggiungiamo noi: la P2 quella firma lì l’avrebbe imitata meglio…

In questi lunghi anni non ci hanno fatto mancare nulla: voi non lo sapete, ma Tenco era in una lista nera dei Servizi, classificato come artista di sinistra. I complottisti dicono che chi ci finiva dentro non poteva che fare una sola fine. Visto che parlano delle schedature illegali del Sifar (il cui scandalo esplose proprio in quel 1967), sanno quante erano le schede? 157.000. E come mai sarebbe morto solo un cantante?

La verità è sempre la stessa: quando muore un mito, un simbolo, accettarne la fine è ancora più dura, perchè il mito è per sua stessa definizione immortale, è tutto ciò che noi non siamo. E’ perfetto: e non può permettersi l’umana debolezza di essere fragile, di voler morire. Il suicidio, che è già un tabù religioso e sociale, diventa un tabù doppio, triplo. Così avvenne con la Monroe. Se a questo poi si sommano indagini fatte male (in questo caso, malissimo, da dilettanti), frettolosamente (tanto s’è ammazzato, no?), allora, beh, si lascia tutto lo spazio del pianeta Terra ai complottisti, per inserirsi. E’ stato lo stesso con Raul Gardini, ad esempio.

Mettetevi il cuore in pace e lasciate che Luigi Tenco, uno dei più grandi cantanti del Novecento italiano, riposi senza questo chiasso. Non lo merita.

di Fabio Sanvitale