di Simone Rinaldi
30 maggio 2014
Frammenti di ossa e di tessuto. Questo ciò che carabinieri e vigili del fuoco hanno trovato mercoledì sera nel corso delle ricerche delle tracce lasciate dal piccolo Pasqualino Porfidia. Siamo a Marcianise, in provincia di Caserta, nel borgo di san Giuliano. Più precisamente, in un terreno dove il ragazzino spesso giocava con gli amici, a pochi metri dalla sua abitazione. Sono proprio i luoghi in cui quel bambino di 8 anni ha vissuto fino a quel drammatico 7 maggio 1990, giorno in cui di lui si perse ogni traccia.
Le ricerche, coordinate dal capitano dei carabinieri, Nunzio Carbone, si sono concentrate in tutta la zona. Dopo l’iniziale – ed ennesimo – buco nell’acqua dei giorni scorsi, ora il caso potrebbe essere vicino ad una svolta. I reperti ritrovati saranno ora analizzati, poiché bisognerà stabilire se quei pezzetti di ossa appartengano a una persona oppure ad un animale. La presenza di brandelli di vestiti lascerebbe però propendere maggiormente per la prima ipotesi. Tuttavia la cautela è d’obbligo, anche perché quella zona era già stata ispezionata all’epoca dei fatti.
Pasqualino, forse vittima di un pedofilo, venne cercato con ritardo e le indagini sulla sua scomparsa vennero archiviate due volte. Dopo un’istanza presentata lo scorso 7 marzo dalla famiglia Porfidia, assistita dall’avvocato Salvatore Gionti, ed in seguito alla lettera di un 30enne morto suicida che raccontava di aver subito violenza proprio a Marcianise nel 1990, il gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha deciso di riaprire il caso. Pasqualino, al momento della scomparsa, indossava un maglione viola con una pezza gialla sulla spalla sinistra, pantaloni di stoffa verdi ed un paio di mocassini. Anche questo, assieme all’analisi del DNA, aiuterà gli inquirenti a stabilire se quei resti siano umani, e soprattutto se appartengano proprio a quel ragazzino.
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