Inchiesta – Deep Web, l’internet invisibile. #4 Le inchieste dell’FBI

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di Fabio Sanvitale (per contatti clicca QUI)

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31 gennaio 2014

Quanto è grande il Deep Web? Alcuni parlano di 100.000 terabytes, altri dicono che è 500 volte il mondo web conosciuto. Sinceramente, mi sembrano cifre sparate a caso. Stime. Fatto sta che uno spazio esiste. Ed ha avuto vari attacchi, finora.

8 settembre 2006: la polizia tedesca compie una serie di sequestri di server Tor. L’operazione nasce contro il traffico di pedopornografia on line ed è la prima in Europa, anche se c’è chi sospetta trattarsi di una intimidazione delle autorità verso la darknet. Tutta la darknet, come se fosse solo cattiva.

Ottobre 2011: Anonymous (l’identità collettiva dietro la quale si nascondono singoli hacker) lancia l’”Operazione Darknet”, attaccando l’ Hidden Wiki perché ospitava sezioni che contenevano 40 siti dichiaratamente pedofili, oscurando tutto per qualche giorno. Fu un’operazione dimostrativa: gli hackers non avevano certo risolto il problema, ma lanciarono il segnale di un’insofferenza sempre più forte da parte della rete. Ad ogni buon conto, la maggior parte di quei siti oggi sono attivi, ma l’operazione dimostrò che il deep web era attaccabilissimo.

22 aprile 2013: Anonymous torna all’attacco con l’Operazione “Alice Day”. Stavolta puntano Lolita City, il principale sito pedofilo del deep web. Gli hackers divulgano i nickname e gli indirizzi IP di 1.589 utilizzatori di Lolita City.

3 agosto 2013. L’Fbi lancia un attacco contro un grosso fornitore di servizi web, Freedom Hosting, chiudendolo e mettendo fuori uso molti siti pedofili sotto Tor. Ancora qualche ora ed il gestore, Eric Eoin Marques, 28enne di Dublino, viene arrestato: è accusato di essere “il più grande favoreggiatore della pornografia infantile sul pianeta“. I gestori del Tor Project hanno preso subito le distanze da Freedom Hosting, ma dov’erano dal 2008 ad oggi, quando ospitava – usando Tor alla luce del sole – quasi tutti i siti pedofili del deep web? Se giudicato colpevole – scrive il “Guardian” – Marques rischia una condanna fino a 30 anni di galera. “The Daily Dot” sostiene che i siti tornati online sarebbero stati infettati con un codice che, oggi, invia i dati di chi vi si collega alle autorità Usa.

1 ottobre 2013. L’Fbi arresta il titolare di Silk Road, principale sito del deep web per la vendita di droga, che si nascondeva sotto lo pseudonimo di “Dread Pirate Roberts”: è Ross William Ulbricht. E’ accusato di trafficare in cocaina, eroina ed Lsd da gennaio 2011; di essere il mandante del tentato omicidio, avvenuto il 29 marzo 2013, di un altro utilizzatore di Silk Road (noto come “FriendlyChemist”) che lo ricattava di rivelare l’identità di migliaia di utenti del sito e chiedeva 500.000 dollari; di essere un hacker e di riciclare denaro sporco… Nell’atto d’accusa, depositato dall’Fbi al giudice Maas, Silk Road è descritta come “il più sofisticato ed esteso mercato criminale su internet di oggi”. I federali avevano sotto controllo i server di Silk Road dal 23 luglio precedente. Li hanno seguiti passo dopo passo, giorno dopo giorno, bit dopo bit. Hanno contato quanti erano gli utenti registrati: oltre 957.000. E da quali nazioni si collegassero: 30% USA, 27% sconosciuta (sono quelli che avevano evidentemente criptato questo dato…) e poi a scendere Gran Bretagna 10%, quindi Australia, Germania, Canada, Svezia, Francia, Russia, Italia, Olanda. Fino ad arrestare Ulbricht. Lui, grida non c’entra niente. La battaglia legale è già iniziata: la sua difesa costerà oltre un milione di dollari e sta già facendo appello alla libertà di espressione, al fatto che i singoli si condannano e Google, con le sue violazioni fisse della privacy, invece mai;  ed alla mancanza di vere prove nei suoi confronti.

Già, ma chi è Ross William Ulbricht? Ha 29 anni ed è di Austin, Texas. I genitori ci dicono che è uno scout, uno studente universitario laureatosi alla University of Texas, a Dallas, in Fisica, nel 2006, dove ha scritto diverse pubblicazioni scientifiche sulle nanotecnologie ed il fotovoltaico. Ha posseduto una piccola società di vendita di libri usati (la “Good Wagon Books”, operativa fino al 2012), di cui donava  parte dei ricavati in progetti di beneficienza. Un imprenditore, insomma, che ama la famiglia, i boschi e le magliette monocolore; e che detesta la violenza. Ma che in questo momento deve rispondere di accuse pesantissime. L’ Fbi lo trova a San Francisco, nella 15^ strada, dove si fa chiamare Josh e sta tutto il giorno in camera, al computer. Di sé stesso scrive: “Il più diffuso e sistematico uso della forza e della violenza è fatto dai governi. Il modo migliore di cambiare un governo è cambiare la mente dei governati, comunque. In questo momento sto creando una simulazione economica per dare alla gente un’esperienza di prima mano di come sarebbe vivere in un mondo senza l’uso sistematico della forza”. Secondo l’Fbi, quella “simulazione economica” è proprio Silk Road. Queste parole sono state scritte dunque da “Dread Pirate Roberts”? Se questo ragazzo del Texas è Mr. Silk Road, allora, ha messo nel sacco tutti, negli ultimi anni. Contro di lui molti indizi – ma proprio molti- visto che, come sappiamo, non è tanto facile dimostrare che qualcuno è stato nel deep web ed ha fatto questo o quello…

Insomma, tra hacker e federali americani, i venditori di morte e i pedofili non se la stanno passando troppo bene, giù nel deep web. E questo è un bene. Anche perché quelle attuate dall’Fbi sembrano essere le strategie migliori per attaccare i criminali che vi si nascondono. Intercettare la merce all’arrivo – lo vedremo nel proseguo di questa inchiesta – è infatti abbastanza improbabile: agire alla fonte è la strategia migliore. Perché sarà pure corazzato, questo web invisibile, ma non è inattaccabile. Niente è inattaccabile. (CONTINUA)

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