di Valentina Magrin direzione@calasandra.it
10 dicembre 2013
Del caso di Chico Forti ve ne abbiamo ampiamente parlato QUI su cronaca-nera.it. Fortunatamente, grazie all’impegno di molti, negli ultimi anni è salito alla ribalta e il coro di persone che urlano la sua innocenza è sempre più gremito.
In sintesi, Chico Forti viene condannato all’ergastolo il 15 giugno del 2000 per essere il mandante dell’omicidio di Dale Pike, il figlio di un suo socio in affari. Residente da diversi anni a Miami (Stati Uniti), infatti, nel 1998 Chico era in procinto di acquistare da Antony Pike il famoso Pikes Hotel di Ibiza. In realtà dietro la vendita si celava una vera e propria truffa architettata da Pike stesso e da un certo Thomas Knott (un tedesco che si era finto “amico” di Chico), proprio ai danni dell’ignaro Forti. Ma quando “qualcuno” uccide Dale Pike le indagini si concentrano univocamente sull’italiano, che tra l’altro non gode certo di simpatia tra la polizia locale, dal momento che con il documentario “Il sorriso della medusa” aveva messo in luce molte carenze dell’inchiesta per la morte di Gianni Versace, il famoso stilista ucciso nel 1997 proprio nella celebre città della Florida.
Ma questo è solo il preambolo di un processo, a quanto pare, pieno di incongruenze e di palesi omissioni. Incongruenze e omissioni che ora la criminologa Roberta Bruzzone ha messo in fila in un libro, “State Of Florida vs Enrico Forti: il grande abbaglio”, edito da Curcu&Genovese. Un libro prezioso per chiunque voglia approcciarsi a questa vicenda, ma anche per chi voglia approfondirla dettagliatamente, dal momento che l’autrice nel suo sito internet (www.robertabruzzone.com), mette a disposizione proprio gli atti del processo.
Dottoressa Bruzzone, come e quando è entrata in contatto col caso Forti?
Nell’estate del 2009 ho ricevuto un messaggio Facebook da un sostenitore della causa di Chico Forti. Attraverso lui sono entrata poi in contatto con la famiglia, che mi ha dato il mandato per occuparmi del caso. Nel dicembre del 2009 ho incontrato per la prima volta Chico Forti in carcere.
In cosa consiste il “grande abbaglio” nella vicenda di Chico Forti?
Il grande abbaglio è la condanna di Forti. La condanna di Forti è l’esito di un percorso investigativo e giudiziario completamente viziato. L’indagine parte da presupposti completamente errati: i poliziotti che si sono occupati del caso sono stati spinti a fare una serie di forzature che noi del collegio difensivo abbiamo fatto emergere chiaramente, dati alla mano. Il processo, inoltre, è stato celebrato in palese violazione del diritto di difesa, perché Forti non è mai stato informato che il suo difensore, l’avvocato Ira Lowey, nello stesso periodo svolgeva mansione di Pubblico Accusatore (ossia Prosecutor) presso la stessa contea che lo stava processando. Il giudice che ha tenuto l’udienza per informare Forti di questo fatto – udienza alla quale però l’italiano non ha partecipato in quanto si trovava in quarantena in carcere – ha poi fatto celebrare il processo per omicidio senza sanare questo “conflitto di interessi” e senza renderlo noto all’imputato. Questo quindi è un processo completamente nullo, perché in esso cade un fondamento del giusto processo americano. Da qui la scelta di intitolare il libro “Il grande abbaglio”: di solito se una persona prende un abbaglio può anche correggersi…a buon intenditor…
Lei è sicuramente uno dei massimi esperti di questa vicenda… ha letto tutte le carte, ha incontrato Chico… mai un dubbio sulla sua innocenza?
Sotto il profilo investigativo mi sono formata in America e quindi, da “esperta” ed estimatrice del loro sistema giuridico, quando mi sono affacciata a questa storia i dubbi li ho avuti. Ho fatto fatica ad ammettere che oltreoceano avessero combinato un guaio simile. In realtà, purtroppo, ho dovuto ricredermi: l’analisi degli atti e la ricostruzione di quanto è avvenuto dimostrano chiaramente che Chico Forti è innocente.
Concretamente, esiste la possibilità che venga riaperto il processo e venga fatta giustizia?
Certamente sì, perché abbiamo nuove prove e abbiamo dimostrato l’illegittimità del procedimento giudiziario. Avvieremo quindi la richiesta di revisione con il supporto, auspicabilmente, del nostro Governo (così quantomeno ci è stato garantito, anche dal ministro Bonino).
Da parte del governo italiano cosa è stato fatto?
Il Governo italiano al momento ci ha assicurato il suo sostegno. Il passo di tipo formale, con la richiesta di revisione, tocca a noi del collegio difensivo e alla nuova difesa di Forti, che stiamo definendo in questi giorni (purtroppo anche recentemente non siamo stati molto fortunati con gli avvocati americani). Una volta presentata questa richiesta, ci è stato assicurato il massimo sostegno affinché venga affrontata in tempi ragionevoli, perché la Corte Suprema non ha un tempo limite entro cui pronunciarsi, e questo potrebbe essere pericoloso.
Negli Stati Uniti il caso di Chico Forti è conosciuto? O è, tra virgolette, un “problema tutto italiano”?
È abbastanza sconosciuto. Se lo ricorda chi era lì e chi ne ha sentito parlare in relazione all’omicidio Versace, ma in generale gli americani conoscono molto poco questo caso. Non a caso sono alla ricerca di un editore per pubblicare il mio libro anche negli Stati Uniti e far diventare il “caso Forti” anche un “caso americano”.
Al termine di questo lavoro, un Suo giudizio sul sistema giuridico americano?
Il sistema giuridico americano nella gran parte dei casi funziona in maniera encomiabile e per certi versi può considerarsi un esempio per il nostro Paese. Nella premessa del libro lo dico chiaramente: questo non è un “J’accuse” nei confronti del sistema giuridico americano, che anzi è un esempio di celerità, equità e certezza della pena. Il mio è un attacco a un’inchiesta specifica, con delle persone che hanno dei nomi e dei cognomi.
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