di Simone Rinaldi direzione@calasandra.it
30 luglio 2013
È la notte del 24 luglio 2010 quando Valentina Salamone, una ragazza 19enne di Biancavilla (CT), viene ritrovata cadavere in una villa ad Adrano, sempre nel catanese. La prima ipotesi fatta dagli inquirenti si concentra in una sola direzione: suicidio. Il caso viene archiviato, ma la famiglia non si rassegna: i genitori della ragazza vogliono che le indagini riprendano perché per loro Valentina non può essersi tolta la vita. Così, dopo nuovi e più approfonditi accertamenti, il 4 marzo 2013 per Nicola Mancuso, 30enne sposato e padre di tre figli, nonché amante della Salamone, scattano le manette: per la Procura Generale di Catania è lui l’assassino della 19enne che, dunque, non si è suicidata.
È del 29 luglio scorso l’udienza preliminare svoltasi presso il Tribunale di Catania davanti al Gip Francesca Cercone, la quale ha respinto la richiesta di scarcerazione di Mancuso avanzata dal suo legale, l’avvocato Rosario Pennisi. Tale richiesta – a cui si era precedentemente opposto il rappresentante delle parti civili, l’avvocato Dario Pastore – è arrivata quando si è appreso che ai tre periti Adriano Tagliabracci, Vittorio Fineschi e Cristoforo Pomara, incaricati dal giudice di consegnare entro il 15 luglio scorso la relazione tecnica su alcune tracce biologiche ritrovate sulle scarpe della ragazza, sono stati invece concessi 60 giorni di proroga.
Tutto rinviato al prossimo 24 settembre, quando si terrà la nuova udienza del processo che vede indagato Nicola Mancuso, in quanto apparterrebbe a lui il DNA repertato sulle scarpe di Valentina, secondo l’accusa sostenuta dai magistrati Sabrina Gambino e Salvatore Scalia. Non sono d’accordo invece la moglie dell’indagato, Piera Castelli e la sorella dell’uomo, Vanessa Mancuso. «Ѐ ingiusto che Nicola venga trattenuto in carcere perché non c’è una prova. Il nostro consulente ha confermato che quello sotto la scarpa della ragazza non fosse sangue. E poi Nicola fino all’ultimo momento è stato sempre disponibile con le forze dell’ordine», spiega Piera a cui fa eco Vanessa «Mio fratello è innocente».
Come ha avuto inizio l’incubo della famiglia Salamone? Quella notte di luglio di tre anni fa, una scena agghiacciante si presentava ai carabinieri della stazione di Adrano, i primi tra le forze dell’ordine a giungere nel casolare: un corpo esamine che poggiava i piedi per terra, i talloni appena sollevati, le mani avvinghiate attorno al collo ed un cappio molto ampio legato attorno a una trave. «Valentina si è suicidata», questa inizialmente la spiegazione riportata dalla Procura Generale di Catania, la quale archiviò così il caso.
Valentina negli ultimi tempi si era allontanata da casa, aveva una vita sentimentale tormentata e, a causa dei lavori saltuari da lei svolti, versava in difficoltà economiche al punto che al suo sostentamento provvedevano gli amici. Tutto ciò aveva fatto pensare agli inquirenti che Valentina avesse voglia di farla finita.
Eppure chi ha condotto in un primo momento le indagini non aveva preso in considerazione alcuni elementi rivelatisi poi fondamentali alla riapertura del caso. Tra il luglio e il settembre del 2012, infatti, la Procura Generale di Catania ha delegato ai RIS di Messina alcuni accertamenti sia sui vestiti della ragazza sia sul luogo in cui è stata ritrovata senza vita.
Tramite esperimento giudiziario, si è così evinto che la corda non poteva essere stata collocata alla trave da Valentina, vista l’altezza della ragazza e una sedia ritrovata lì accanto. Inoltre, macchie di sangue sono state ritrovate sulle scarpe della 19enne, la quale prima di morire aveva subito – probabilmente durante una colluttazione – una lesione all’alluce destro che le aveva causato una copiosa fuoriuscita di sangue, formando così una pozza sotto al corpo. Su questa macchia dev’essere passato qualcuno, a giudicare dagli schizzi di sangue ritrovati sulla scarpa sinistra. Infine, sul piede ferito di Valentina un’altra goccia di sangue si è rappresa in una direzione che va dall’alluce al tallone, elemento che lascia supporre che il corpo sia stato posto in posizione orizzontale dopo la morte e solo successivamente posizionato lì dove è stato ritrovato.
L’elemento che inchioderebbe il suo amante sarebbe appunto costituito da alcune tracce di sangue ritrovate sotto la suola della scarpa sinistra, sangue che presenta profili misti, ossia uno femminile – appartenente alla stessa vittima – ed uno maschile – appartenente proprio a Nicola Mancuso.
Come ci è finita Valentina in quella villa e come ha trascorso le sue ultime ore? Stando al racconto dei suoi amici, più volte interrogati dagli inquirenti, quella tragica notte in quella villetta di Adrano si teneva una festa alla quale Valentina si recò in macchina assieme ad altre due ragazze, una delle quali aveva manifestato l’intenzione di “farsi un pippotto di cocaina”. Quest’episodio avrebbe fatto arrabbiare Valentina, la quale, sempre secondo il racconto degli altri ragazzi, aveva fatto uso di sostanze stupefacenti solo una volta nella sua vita, ossia quattro anni prima. Effettivamente quella sera tutti avevano bevuto e sniffato, tranne la Salamone, come emerse anche dalla sentenza medico-legale dei professori Giuseppe Ragazzi e Guido Romano.
Una volta arrivati nella villetta, Valentina si sarebbe mostrata molto infastidita dal comportamento di Nicola Mancuso, anche lui invitato alla festa, il quale mostrava parecchie attenzioni per un’altra ragazza. Così, su tutte le furie, Valentina iniziò a discutere animatamente con Nicola al punto che arrivò a confessargli – mentendo – di essere incinta, rivelazione che scosse profondamente l’uomo, preoccupato ora che la ragazza avrebbe così potuto mettere in crisi il suo matrimonio con Piera Castelli. Da lì i due iniziarono a picchiarsi in un modo così violento che neanche l’intervento di altri tre ragazzi pareva bastare a dividerli.
Dopo il litigio, attorno all’1:30, tutti lasciarono la villa per andare a procurarsi e consumare droga altrove e Valentina – raccontano i presenti – rimase da sola nel casolare. Una ragazza ricorda di averle riferito che sarebbero andati a dormire subito, anche se alla fine il gruppo rientrò a casa solo a notte fonda. E continua dicendo di aver ricevuto una telefonata dalla stessa Valentina attorno all’1:40, telefonata che tuttora però non è emersa dai tabulati telefonici.
Un’altra ragazza che, dopo aver lasciato la villa, si trovava in compagnia di Nicola e di un altro ragazzo, racconta di come i due stessero discutendo di Valentina. In particolare Mancuso si mostrò assai infastidito dall’atteggiamento della Salamone: quest’ultima gli stava recando diversi problemi, forse troppi, al punto che, su proposta dell’amico, accettò di tornare nella villa per chiarire la faccenda con la 19enne. Attorno alle 4:00 i due uomini lasciarono a casa la ragazza della quale erano in compagnia. Dopodiché, il buio.
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