di Fabio Sanvitale direzione@calasandra.it
14 maggio 2013
Se qualcuno di voi pensa che i servizi segreti in Italia siano ancora una roba di spie, smetta subito di leggere questo articolo. Ormai sono profondamente cambiati: e qui vi spieghiamo come.
Lo facciamo con Antonella Colonna Vilasi, docente universitaria di “Relazioni Internazionali e Storia dell’Intelligence” negli Stati Uniti e di cui stanno per uscire due libri, sulla storia del Mossad (il misterioso Servizio segreto israeliano: è la prima volta che ne scrive una donna e comunque un non ebreo) e sui servizi britannici. Ma a noi interessa il suo “Storia dei servizi segreti italiani” (Città del Sole, 2013), un libro utilissimo a chi vuole scoprire, in un modo agile e documentato, tutta l’evoluzione che hanno avuto dall’Unità d’Italia ad oggi. E che contiene le interviste a numerosi ex capi dei Servizi.
E’ la prima volta che una donna, nel nostro paese, pubblica un testo su questo argomento. Partiamo da un dato. In Italia di Servizi ne abbiamo due, Aise e Aisi. Non è un inutile dualismo?
“No, anche Israele, Francia e Gran Bretagna hanno due strutture, come noi. In Italia l’Aisi –ex Sisde- si occupa della sicurezza interna, l’Aise –ex Sismi- della sicurezza esterna. Poi c’è il Dis –l’ex Cesis- che non è un Servizio ma si occupa di coordinarli, svolgere un’attività di controllo e collegamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
E’ il risultato della riforma svolta dalla legge 124 del 2007, che ha portato delle novità sostanziali. Ad esempio, la maggiore trasparenza dei Servizi, vero?
“Sì, la legge contiene un fatto rivoluzionario –risponde Colonna Vilasi – afferma che è necessario diffondere la comunicazione e la cultura dell’intelligence. E infatti oggi c’è un sito, www.sicurezzanazionale.gov.it , dove molti materiali, link, glossari e informazioni sono accessibili a tutti. E’ uno dei segni di quanto sia cambiato questo mondo”.
Oggi come oggi, innanzitutto, i Servizi non servono più solo a difendere le strutture dello Stato, ma l’intera collettività. Poi, sono nati dei Master per formare e selezionare il personale: non sono ancora dei corsi universitari, ma intanto ci sono. Ma è cambiata anche la storia delle schedature illegali? E’ una faccenda che parte purtroppo da lontano, in Italia.
“Comincia con quelle di massa fatte dall’allora Sifar tra il 1959 ed il 1967, quando il Servizio era guidato dal generale De Lorenzo –spiega Colonna Vilasi – ed era stato messo in piedi un sistema scientifico: ogni volta che in un fascicolo si citava qualcuno, se ne apriva un altro su questa persona. E così via, raccogliendo anche informazioni sulla vita privata. Alla fine al Sifar c’erano 157.000 fascicoli, di cui ne vennero dichiarati illegali ben 34.000. Il problema era che mancava una legge che dicesse cosa si poteva schedare e cosa no”.
Gli episodi si sono ripetuti e il libro li racconta nel dettaglio.
“C’è stata la schedatura operata da Pio Pompa e scoperta nel 2007: magistrati, scrittori, uomini politici, giornalisti erano finiti nel mirino di un’attività nella quale era andato oltre il suo mandato. O l’archivio scoperto nel 1996 a Circonvallazione Appia. Erano fascicoli dell’Ufficio Affari Riservati, struttura “storica” di intelligence del Ministero degli Interni: solo che erano pieni di informazioni manipolate, filtrate. In pratica l’Uar fino al 1984 aveva trasmesso alle forze dell’ordine solo quello che voleva, quello che era utile per i suoi scopi”.
Come si può evitare di ricaderci di nuovo?
“Il Servizio dovrebbe stabilire cosa schedare e cosa no, perché il solo concetto di “sicurezza nazionale” è assai vago. Se poi l’intelligence italiana non è al servizio della nazione, ma del politico di turno, possono accadere queste cose”.
Ma uno degli aspetti più sorprendenti dell’evoluzione del ruolo dei Servizi viene proprio dalle finalità del loro lavoro. Una volta sentivate parlare di spie: ma era l’epoca della contrapposizione tra Russi e Americani e l’intera Europa era un gigantesco terreno di scontro tra agenti che si rubavano segreti l’un altro, che si infiltravano, che venivano scambiati. Da molti anni la vera attività dei Servizi è l’intelligence: la prevenzione del fenomeno terroristico, ad esempio. E non ci sono segreti da violare, piuttosto bisogna fare un’ enorme attività di analisi di dati. Dati che sono qui, su internet, disponibili a tutti. Ma che vanno trovati e interpretati, per capire da dove arriverà la minaccia.
“Sì, l’analisi da fonte aperta è diventata importantissima –conferma Colonna Vilasi – ed è cambiata anche l’intelligence a livello internazionale. C’è in atto una privatizzazione”. Possibile? “Esistono strutture di ricerca ed analisi dati private, che ne forniscono a pagamento a enti governativi e non, ad istituti di ricerca, certo non a privati cittadini. Non sono più i Servizi ad avere il monopolio dei dati. Ad esempio, c’è Oxford Analytica, una banca dati che raccoglie e ordina informazioni sulla situazione geo-politica dei paesi, sulle religioni. Oppure quella dell’Università di Monterey, specializzata nel traffico di droghe. E’ un mondo nuovo”.
Ne è passato di tempo da quando, nell’Ottocento, i Servizi del Ducato di Modena e del Regno Lombardo-Veneto andavano a cavallo…