di Olga Merli
Quando la polizia gli ordinò di aprire il bagagliaio della sua auto, egli tentò in tutti i modi di spostare l’attenzione degli agenti, allontanandosi dalla macchina ferma al bordo dell’autostrada.
Era il 14 maggio 1983. I poliziotti si trovarono, senza saperlo, di fronte ad uno dei killer piu’ spietati di quegli anni. La lunga scia di sangue che Randolf (detto ‘Randy’) Kraft aveva tratteggiato con i suoi efferati omicidi partiva dalla California per arrivare fino a New York, si estendeva al Michigan, toccando gli stati dell’Ohio, di Washington e dell’Oregon, prima di arrestarsi, quell’assolato giorno di quasi primavera del 1983.
Quando la polizia riuscì ad aprire il bagagliaio, si trovò di fronte uno spettacolo raccapricciante; il corpo senza vita di Terry Gambrel, un giovane Marine. Qualche tempo dopo, la perizia autoptica eseguita sull’uomo, sottolineò che Gambrel era stato ucciso con una dose micidiale di una droga molto potente.
Particolare questo che avrebbe, in seguito, confermato il Modus Operandi di Kraft, che dopo aver abbordato nei pressi dell’autostrada le potenziali vittime, tutti giovani omosessuali, ed averle neutralizzate con un mixer letale di stupefacenti, procedeva ad un rituale di mutilazioni e sevizie sui poveri corpi, fino a giungere all’asportazione dell’organo genitale maschile.
Randolf Kraft si chiuse in un mutismo ostinato sin dal giorno del suo arresto agli inizi degli anni ottanta. Durante il processo, che si tenne nella Contea di Orange in California, sembrava alienato persino dal contesto che lo circondava, nonostante fosse tutto imperniato sulla sua persona e sul suo excursus criminale. Varie perizie di eminenti psichiatri si contendevano lo scettro dell’autenticità delle loro teorie che tentavano di dare una spiegazione a quella ferocia; ma il dibattimento riuscì solo a provare che Kraft era colpevole e la Giuria lo dichiarò responsabile di sedici omicidi.
Il 29 novembre 1989, l’uomo fu condannato alla camera a gas nel Carcere di San Quintino.