Anders Behring Breivik, il mass murder norvegese, non è psicopatico

 

 

breivik

di Andrea Minotti

Finalmente la controperizia ha capovolto la precedente valutazione del  trentaduenne Anders Behring Breivik, che da psicotico, schizofrenico e  paranoie, è stato ritenuto ora “sano di mente“, quindi penalmente responsabile del massacro del 22 luglio scorso, quando ha ucciso 77 giovani laburisti sull’isola di Utoya e Oslo.

 

Questa ulteriore valutazione non è vincolante per il processo che si aprirà il prossimo 16 aprile, ma rappresenta un passaggio importante per la fine del dibattimento previsto per la metà di luglio. “Non sono matto, processatemi, merito una medaglia al valore militare“. Ecco le parole con le quali Anders Behring Breivik si dichiara assolutamente responsabile del crimine contro l’umanità.

Precisamente sono 69 i morti sull’isola (donata nel 1950 ai norvegesi): tutti giovani del Partito, riuniti per frequentare un campus estivo, lo stesso che per oltre 60 anni ha plasmato intere generazioni di politici, come la premier Gro Harlem Brundlandt e Jens Stoltenberg. Proprio l’ufficio di quest’ultimo è stato prima distrutto e poi fatto saltare in aria dalla bomba di Breivik, uccidendo così altre 8 persone. Il killer estremista, che aveva studiato molto bene i piani per i massacri, ha ucciso ad uno ad uno i giovani feriti, non lasciando vie di salvezza. Dai racconti dei superstiti, il cammino  dell’estremista sembrava il passaggio di Attila: “dove passa il re degli Unni, non cresce più l’erba”.
I giovani che sono riusciti a salvarsi dallo sterminatore hanno dovuto nascondersi tra i cadaveri dei loro coetanei. Molti di loro testimonieranno al processo.