di Daniele Spisso direzione@calasandra.it
L’altro elemento sollevato dal programma riguarda la vasca da bagno: l’assassino non si limita infatti ad adagiare i resti del cagnolino Dick e i cadaveri di Domenico Santangelo e Gemma Cenname nella vasca. Prima, la riempie con 20-30 centimetri d’acqua fredda nella quale poi li immerge.
Questo dato depone ancora una volta (come già abbiamo visto in precedenza) a favore di una ipotesi importante. E cioè che l’assassino poteva essere dotato di conoscenze in campo medico, generali o specifiche, o nel campo della medicina legale. Perché l’omicida dimostra di saper agire con lucidità e freddezza per far ritardare, e nella maniera migliore possibile, la scoperta del delitto: fa rallentare la putrefazione; impedisce il prodursi immediato di odori sgradevoli; forse fa in modo che i cadaveri arrivino ad uno stato tale che, in sede autoptica, alcuni accertamenti tecnici su di loro diventino impossibili o difficili da eseguire con successo.
Le stesse due coltellate inferte dall’assassino alla regione epigastrica del corpo (ormai privo di vita) di Angela Santangelo possono suffragare ulteriormente questa considerazione: che motivo aveva, infatti, l’assassino di colpire la ragazza in quel punto del corpo se lei era già morta? e che motivo aveva di farlo se a Domenico Santangelo e a Gemma Cenname furono risparmiate (sia da tramortiti che da deceduti) coltellate al basso ventre? Forse l’omicida aveva un motivo ben preciso che lo spinse a colpire, per due volte e con un coltello, quella parte del corpo, ormai privo di vita, di Angela.
Ci sono infine una serie di elementi che sono emersi nel corso della trasmissione tv e che riguardano la posizione di uno dei due potenziali sospettati di questo triplice delitto: cioè il dottor Giuseppe De Laurentis, un medico che lavorava presso l’Inam di Fuorigrotta (Napoli), che conosceva bene i Santangelo e Angela in particolare (la ragazza era infatti impiegata proprio all’Inam di Fuorigrotta), che aveva frequentato casa loro (questo, almeno per una occasione, è stato bene accertato) e che abitava, assieme alla moglie, in un palazzo di via Caravaggio poco distante da quello in cui si consumò la feroce strage.
C’erano degli indizi oggettivi rilevati sulla scena del crimine che fecero convergere i sospetti su di lui: nel sangue rinvenuto sui pavimenti dell’appartamento della strage furono rilevate impronte di scarpa da uomo numero 41-42, come ribadì e precisò a “Telefono Giallo” un funzionario della Squadra Mobile di Napoli che seguì le prime indagini sulla vicenda.
Furono escluse le scarpe di Domenico Santangelo, una delle vittime, perché questi calzava il numero 39. Il dottor De Laurentis, invece, calzava il numero 41.
Poi furono rilevati (e a quanto pare, purtroppo, non repertati) dei frammenti di vetro trovati vicino al tappeto del salotto di casa Santangelo che provenivano probabilmente da occhiali per la vista.
Domenico Santangelo portava occhiali per la vista ma questi non furono trovati danneggiati. Il dottor De Laurentis portava anche lui occhiali per la vista e risultò che, agli inzi di novembre del 1975, si era recato presso un’ottica per farli riparare.
In più, si venne a sapere che, nello stesso periodo della strage, il dottor De Laurentis si era presentato sul proprio posto di lavoro con un vistoso graffio all’altezza del mento: lui spiegò, ai colleghi che notarono il graffio, che si trattava un taglio che lui stesso, inavvertitamente, si era prodotto con il proprio rasoio mentre era intento a radersi in casa sua.
Oltre a questi indizi, c’erano poi degli elementi di sospetto che “Telefono Giallo” recuperò per farli conoscere ai suoi telespettatori: in primis, il dottor De Laurentis risultò essere stato protagonista di un litigio che si era verificato, tra lui ed un’altra persona, sul suo posto di lavoro. La reazione estrema a questo litigio fu un violento calcio che il medico sferrò all’altro. Una circostanza che chiaramente poteva essere indicativa per quanto riguardava una analisi dell’indole e del carattere del dottore.
In secondo luogo, c’era l’elemento del diario personale di Angela scomparso dall’appartamento di via Caravaggio e trafugato dall’assassino. Pare che gli stessi colleghi di Angela, all’Inam (tra i quali il dottor Sirignano e la signorina Imma Toscano), s’erano accorti che la ragazza aveva con se una agenda molto personale, nella quale segnava tante cose. Praticamente tutto ciò che riguardava la sua vita privata.
Come abbiamo in precedenza visto negli articoli già pubblicati (vedi i link a fondo pagina), il nome del dottor De Laurentis venne fuori non solo per i rapporti di conoscenza con i Santangelo, per gli indizi riscontrati sulla scena del delitto e per i suddetti elementi di sospetto ma anche per alcune voci che circolavano e per le dichiarazioni di Fausta Cenname, una nipote della signora Gemma (la matrigna di Angela), che lo indicavano come una persona che sarebbe stata coinvolta in una relazione con Angela Santangelo.
Fausta Cenname, forse la persona dalle cui dichiarazioni prese maggiormente spunto la pista-De Laurentis, non era una che manteneva rapporti discontinui con sua zia Gemma: spesso frequentava lo studio di ostetrica della zia e si manteneva abbastanza in contatto con la stessa. Questo farebbe ipotizzare che era da considerarsi una fonte attendibile.
Ancora: l’avvocato Domenico Zarrelli, l’ex imputato dei processi sulla strage di via Caravaggio, rilasciò nel 1999 una dichiarazione, al programma tv “Blu Notte”, che sembra essere compatibile con questo scenario: “Si disse che la ragazza era l’amante di un medico e che questo medico le aveva trovato il fidanzato per coprirsi”, disse l’avvocato.
Anche su questi punti della nostra discussione, “Telefono Giallo” fornisce nel 1988 uno spunto interessante: risulta infatti che Angela era fidanzata nel 1975 con un giovane, di nome Nicola Sceral. Nicola Sceral lavorava all’epoca come fattorino presso l’Inam di Napoli (l’ente per il quale erano impiegati sia Angela che il dottor De Laurentis). Risulta che fu il dottore a presentare ad Angela il suo futuro fidanzato.
“Telefono Giallo” invitò il dottor De Laurentis a partecipare alla trasmissione del 23 dicembre 1988 dedicata al caso. Ma il dottore rispose di no.
Il programma di Corrado Augias sollevò anche il problema legato all’ipotesi che suffragava un delitto privato, con un movente passionale: non furono eseguiti gli accertamenti atti a stabilire se Angela Santangelo era in gravidanza oppure se aveva abortito a seguito di una gravidanza pregressa. In altri termini, non furono svolti gli esami finalizzati ad analizzare scrupolosamente l’apparato genitale della ragazza.
Una gravidanza in corso o un aborto infatti potevano essere causa più che verosimile di un movente alla base di un delitto privato maturato per motivi passionali.
I medici legali, invece, si limitarono solo a constatare che sulla vagina della ragazza posava un tampone lievemente imbibito di sangue verosimilmente mestruale e che in un ovaio si riscontrava un corpo luteo emorragico.
Occorrevano quindi altri accertamenti che però non furono fatti.
Resta in conclusione un solo elemento sul quale è necessario riportare alla memoria il contributo prezioso che fornì il programma “Telefono Giallo”: le sigarette di marca Gitanes, senza filtro, rinvenute nell’appartamento di via Caravaggio.
Forse le lasciò l’assassino, ma nella trasmissione non fu possibile escludere che, invece, quelle sigarette appartenessero ad un addetto ai lavori della polizia che intervenne sul luogo del fatto durante i sopralluoghi e che avrebbe lasciato quei mozziconi in giro per la casa delle vittime.
Un più o meno inconsapevole inquinamento della scena del crimine che cambierebbe lo scenario dei fatti. Perché se ciò fosse vero significherebbe che l’assassino non fumava (oltre tutto le sigarette Gitanes senza filtro non conducono alle vittime perché Gemma Cenname ed Angela non erano fumatrici; Domenico Santangelo fumava invece ma utilizzava la pipa).
Anche su questo dettaglio, quindi, c’è da saperne di più e meglio.
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